Intervista al Tone di ieri sul cartaceo di Repubblica
(grazie a Mario che ce l'ha segnalata)
Antonio Percassi ha dormito poco nella notte di Lisbona. E non perché gli fosse insopportabile la sconfitta al 93’ con il Psg. Bruciava, certo, ma a mitigare il dispiacere c’era la consapevolezza di una stagione eccezionale pur se si chiudeva così, con l’Atalanta-Dorando Pietri che si era accasciata a un metro dal traguardo. Sul telefonino si accumulavano i complimenti di amici, tifosi, avversari, imprenditori ad accrescere un orgoglio dilatato dalla partita quasi perfetta. Il giorno dopo è tempo di bilanci e di rilancio per la prossima stagione che già bussa. E il presidente promette: «Cercheremo di migliorarci ancora».
Antonio Percassi, proprio nessun rammarico dopo essere stati in vantaggio fino all’ultimo respiro?
«Siamo stati all’università del calcio per un quarto di finale che era inimmaginabile. Poteva finire molto male, è stato invece emozionante, e essere davanti al 90’ un traguardo notevole».
L’allenatore Gasperini ha ripetuto la frase di Mandela: “non perdo mai o vinco o imparo”. Cosa avete imparato?
«Che per una società di provincia quale siamo è difficilissimo competere con squadre che possono investire centinaia di milioni, zeppe di campioni che con un’invenzione possono determinare il risultato. Però essercela giocata fino in fondo ci ha rafforzato nell’idea che il nostro metodo di lavoro, il modo di gestire la società, sono quelli giusti. Sono contento per come si sono comportati il mister, i giocatori. Abbiamo fatto felice una tifoseria che lo stramerita. Dopo l’enorme disgrazia della pandemia, con il nostro finale di campionato abbiamo contribuito a far tornare il sorriso ai bergamaschi, a ridurre il loro dolore».
Lei dice: difficilissimo competere contro club con questi budget. Non è il caso di copiare il modello sportivo americano con salary cap e risorse identiche per tutti?
«Speriamo di poterci arrivare anche noi in Europa. Sarebbe una vera grande rivoluzione, una interessante e giusta innovazione».
Tornando al match e rivedendo mentalmente il film, c’è stato un momento in cui ha capito che il destino era contro di voi. La mancanza di Ilicic, gli infortuni di Gomez e Freuler...
«Noi arrivavamo da un periodo in cui abbiamo giocato ogni tre giorni. Eravamo stanchi e questo ha pesato. Fossimo andati ai supplementari, il Psg era più fresco e più abituato a incontri di questo livello. Però il nostro tour de force eccezionale ci ha portato al terzo posto e a qualificarci di nuovo per la Champions».
Neymar ha speso belle parole per l’Atalanta.
«Non solo, tutto il Psg con cui abbiamo tra l’altro ottimi rapporti. E credo che in Italia la nostra avventura sia stata vista con simpatia da chiunque, come quando gioca la nazionale».
L’ex ct della Francia Domenech ha “ringraziato” Gasperini per i cambi a suo dire sbagliati.
«Non commento nemmeno, sono cose antipatiche».
Riavvolga il nastro partendo dal settembre scorso. Quali i momenti di svolta, nel bene e nel male?
«Ricordo la sconfitta in casa con la Spal, quella a Bologna. Incontri affrontati senza la massima concentrazione perché c’era l’Europa. Ma anche le partite con diversi gol, le 98 reti totali in campionato. Numeri sbalorditivi. Dobbiamo ora tornare con i piedi per terra e puntare al mantenimento della categoria».
Presidente e chi le crede? Lei ha appena citato due rovesci senza i quali avreste vinto lo scudetto. Molti ritengono che avreste i mezzi per puntare al massimo traguardo.
«Sì, lo dicono anche grandi professionisti. E io tocco ferro».
Inoltre ha un allenatore molto ambizioso.
«È la nostra forza. Lui vuole progredire ogni anno e noi cerchiamo di assecondarlo. Vorremmo tenerlo fino a quando deciderà di smettere di lavorare».
Progredire significa non vendere i pezzi pregiati, tenere Gomez, Zapata, Ilicic.
«Non vogliamo sacrificare nessuno. Se poi dal mercato ci arrivano proposte irrinunciabili... l’importante sarà avere sostituti all’altezza o addirittura superiori. Ma i più forti ce li teniamo, promesso, e li integriamo con altri giocatori di qualità».
Come sta Ilicic con i suoi problemi personali?
«Meglio. Sta seguendo un programma che sta dando buoni risultati. Siamo fiduciosi, lo stiamo aspettando a braccia aperte».
Nell’ottica di guardare sempre più in alto, si è pentito di aver venduto Kulusevski alla Juventus?
«È esploso a Parma. Da noi con il Papu, Duvan, Ilicic e Muriel davanti, per lui sarebbe stato difficile trovare spazio. Dunque lo abbiamo mandato perché giocasse. Poi è subentrata la Juve con cui abbiamo trovato un accordo importante per entrambi. È una logica che vale anche per altri ragazzi. Come ad esempio Pessina che si è distinto nel Verona».
L’Atalanta è sempre stata ammirata per il suo vivaio. Però in prima squadra arrivano in pochi ed è infarcita di stranieri.
«Oltre al Gasp, il vivaio è l’altra vera forza della società. In Primavera abbiamo 5-6 ragazzi molto interessanti, non solo Da Riva che ha esordito l’altra sera in Champions. In generale il calcio è cambiato, è diventato internazionale. Se vuoi competere devi guardare al mercato non solo italiano alla ricerca di talenti. Anche nelle giovanili abbiamo un mix di italiani e stranieri forti. E abbiamo appena rivinto il campionato Primavera».
Non c’è dubbio che la Dea abbia mutato status. Ora è una piazza ambita da calciatori di livello.
«È vero, tutto è cambiato. E noi ci stiamo attrezzando. Abbiamo appena avuto un finanziamento di 40 milioni per completare l’operazione stadio e contiamo di ultimare i lavori per essere in regola con le norme Uefa e poter giocare a Bergamo in Champions. Da bergamaschi siamo però consapevoli che la prima cosa importante è avere i conti a posto. E non si può fare il passo più lungo della gamba».
È la gamba che si è allungata, presidente. Antonio Percassi sorride.
Antonio Percassi ha dormito poco nella notte di Lisbona. E non perché gli fosse insopportabile la sconfitta al 93’ con il Psg. Bruciava, certo, ma a mitigare il dispiacere c’era la consapevolezza di una stagione eccezionale pur se si chiudeva così, con l’Atalanta-Dorando Pietri che si era accasciata a un metro dal traguardo. Sul telefonino si accumulavano i complimenti di amici, tifosi, avversari, imprenditori ad accrescere un orgoglio dilatato dalla partita quasi perfetta. Il giorno dopo è tempo di bilanci e di rilancio per la prossima stagione che già bussa. E il presidente promette: «Cercheremo di migliorarci ancora».
Antonio Percassi, proprio nessun rammarico dopo essere stati in vantaggio fino all’ultimo respiro?
«Siamo stati all’università del calcio per un quarto di finale che era inimmaginabile. Poteva finire molto male, è stato invece emozionante, e essere davanti al 90’ un traguardo notevole».
L’allenatore Gasperini ha ripetuto la frase di Mandela: “non perdo mai o vinco o imparo”. Cosa avete imparato?
«Che per una società di provincia quale siamo è difficilissimo competere con squadre che possono investire centinaia di milioni, zeppe di campioni che con un’invenzione possono determinare il risultato. Però essercela giocata fino in fondo ci ha rafforzato nell’idea che il nostro metodo di lavoro, il modo di gestire la società, sono quelli giusti. Sono contento per come si sono comportati il mister, i giocatori. Abbiamo fatto felice una tifoseria che lo stramerita. Dopo l’enorme disgrazia della pandemia, con il nostro finale di campionato abbiamo contribuito a far tornare il sorriso ai bergamaschi, a ridurre il loro dolore».
Lei dice: difficilissimo competere contro club con questi budget. Non è il caso di copiare il modello sportivo americano con salary cap e risorse identiche per tutti?
«Speriamo di poterci arrivare anche noi in Europa. Sarebbe una vera grande rivoluzione, una interessante e giusta innovazione».
Tornando al match e rivedendo mentalmente il film, c’è stato un momento in cui ha capito che il destino era contro di voi. La mancanza di Ilicic, gli infortuni di Gomez e Freuler...
«Noi arrivavamo da un periodo in cui abbiamo giocato ogni tre giorni. Eravamo stanchi e questo ha pesato. Fossimo andati ai supplementari, il Psg era più fresco e più abituato a incontri di questo livello. Però il nostro tour de force eccezionale ci ha portato al terzo posto e a qualificarci di nuovo per la Champions».
Neymar ha speso belle parole per l’Atalanta.
«Non solo, tutto il Psg con cui abbiamo tra l’altro ottimi rapporti. E credo che in Italia la nostra avventura sia stata vista con simpatia da chiunque, come quando gioca la nazionale».
L’ex ct della Francia Domenech ha “ringraziato” Gasperini per i cambi a suo dire sbagliati.
«Non commento nemmeno, sono cose antipatiche».
Riavvolga il nastro partendo dal settembre scorso. Quali i momenti di svolta, nel bene e nel male?
«Ricordo la sconfitta in casa con la Spal, quella a Bologna. Incontri affrontati senza la massima concentrazione perché c’era l’Europa. Ma anche le partite con diversi gol, le 98 reti totali in campionato. Numeri sbalorditivi. Dobbiamo ora tornare con i piedi per terra e puntare al mantenimento della categoria».
Presidente e chi le crede? Lei ha appena citato due rovesci senza i quali avreste vinto lo scudetto. Molti ritengono che avreste i mezzi per puntare al massimo traguardo.
«Sì, lo dicono anche grandi professionisti. E io tocco ferro».
Inoltre ha un allenatore molto ambizioso.
«È la nostra forza. Lui vuole progredire ogni anno e noi cerchiamo di assecondarlo. Vorremmo tenerlo fino a quando deciderà di smettere di lavorare».
Progredire significa non vendere i pezzi pregiati, tenere Gomez, Zapata, Ilicic.
«Non vogliamo sacrificare nessuno. Se poi dal mercato ci arrivano proposte irrinunciabili... l’importante sarà avere sostituti all’altezza o addirittura superiori. Ma i più forti ce li teniamo, promesso, e li integriamo con altri giocatori di qualità».
Come sta Ilicic con i suoi problemi personali?
«Meglio. Sta seguendo un programma che sta dando buoni risultati. Siamo fiduciosi, lo stiamo aspettando a braccia aperte».
Nell’ottica di guardare sempre più in alto, si è pentito di aver venduto Kulusevski alla Juventus?
«È esploso a Parma. Da noi con il Papu, Duvan, Ilicic e Muriel davanti, per lui sarebbe stato difficile trovare spazio. Dunque lo abbiamo mandato perché giocasse. Poi è subentrata la Juve con cui abbiamo trovato un accordo importante per entrambi. È una logica che vale anche per altri ragazzi. Come ad esempio Pessina che si è distinto nel Verona».
L’Atalanta è sempre stata ammirata per il suo vivaio. Però in prima squadra arrivano in pochi ed è infarcita di stranieri.
«Oltre al Gasp, il vivaio è l’altra vera forza della società. In Primavera abbiamo 5-6 ragazzi molto interessanti, non solo Da Riva che ha esordito l’altra sera in Champions. In generale il calcio è cambiato, è diventato internazionale. Se vuoi competere devi guardare al mercato non solo italiano alla ricerca di talenti. Anche nelle giovanili abbiamo un mix di italiani e stranieri forti. E abbiamo appena rivinto il campionato Primavera».
Non c’è dubbio che la Dea abbia mutato status. Ora è una piazza ambita da calciatori di livello.
«È vero, tutto è cambiato. E noi ci stiamo attrezzando. Abbiamo appena avuto un finanziamento di 40 milioni per completare l’operazione stadio e contiamo di ultimare i lavori per essere in regola con le norme Uefa e poter giocare a Bergamo in Champions. Da bergamaschi siamo però consapevoli che la prima cosa importante è avere i conti a posto. E non si può fare il passo più lungo della gamba».
È la gamba che si è allungata, presidente. Antonio Percassi sorride.
By staff