13/12/2019 | 07.37
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La bellissima improbabile qualificazione dell’Atalanta

Fin qui la Champions League di Gasperini sembra uscita da una serie TV.

Con la netta vittoria per 0-3 sullo Shakhtar Donetsk, a Kharkiv, l’Atalanta è diventata la prima squadra a passare alla fase a eliminazione diretta dopo aver perso le prime tre partite del girone (il Newcastle ci era riuscito nella stagione 2002/03, quando però c’era un secondo girone prima del passaggio agli ottavi). E ci è riuscita alla sua prima partecipazione della storia in Champions League. 

La miracolosa qualificazione della squadra di Gasperini agli ottavi di finale di Champions League è uno di quei due o tre momenti di una stagione che seguono un arco narrativo talmente perfetto che sembrano non poter appartenere alla realtà ma al mondo dei film. Se avete visto la faccia sognante del tecnico piemontese a pochi secondi dal fischio finale, che invitava i suoi giocatori a gestire in maniera saggia il tempo rimasto con il sorriso di chi era perfettamente cosciente di esser già riuscito nell’impresa, saprete che non esiste e forse non esisterà mai un film sul calcio che possa restituire le stesse emozioni. 

La storia della qualificazione dell’Atalanta sembra seguire il più classico dei modelli di sceneggiatura, e cioè la struttura a tre atti: un modello archetipico e antichissimo che affonda le sue radici nella nozione aristotelica secondo cui ogni dramma ha un inizio, un mezzo e una fine, e che ho utilizzato per ricostruire l’incredibile impresa della squadra di Gasperini.

 

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Atto primo: dai sogni alla realtà

Il primo atto di questa struttura è definito setup e, secondo la stringata ma efficace pagina Wikipedia in inglese della struttura in tre atti, serve “a stabilire i protagonisti principali, le loro relazioni e il mondo in cui vivono”. 

Per l’Atalanta il setup è il sorteggio dei gironi di Champions del 29 agosto a Montecarlo. Un sorteggio che era sembrato benevolo, come se la storia volesse ricompensare l’assurdo campionato 2018-19 della squadra di Gasperini – arrivata terza in Serie A con merito, davanti a squadre dal monte ingaggi molto più alto come Inter, Milan e Roma. SportMediaset, ad esempio, alla luce dell’estrazione delle squadre, scriveva: “L’Atalanta può essere parecchio contenta visto che partiva dalla quarta fascia e i pericoli erano diversi. Gasperini affronterà il proibitivo City di Guardiola, ma anche Shakhtar Donetsk e Dinamo Zagabria: il sogno degli ottavi finale può già trasformarsi in obiettivo”. 

Alla vigilia della prima partita del girone, contro la Dinamo Zagabria in Croazia, anche lo stesso Gasperini sembrava particolarmente positivo sulla prima esperienza della “Dea” in Champions: «Sappiamo che il livello della Champions è superiore a quello di qualsiasi altra competizione. Abbiamo curiosità e fiducia, vogliamo vedere quello che siamo capaci di fare».

Come prevede la struttura in tre atti, però, il setup è interrotto da un evento catalizzatore che fa partire il meccanismo dell’azione. I tentativi di affrontare questo evento cambiano per sempre la vita del protagonista e sollevano la domanda drammatica che sarà risolta nell’ultimo atto: per l’Atalanta l’evento catalizzatore è la catastrofica sconfitta al Maksimir di Zagabria. 

L’Atalanta perde 4-0 contro la squadra teoricamente meno attrezzata del girone, che riesce a ribaltare i punti di forza della squadra di Gasperini – l’intensità e le marcature a uomo a tutto campo – con una facilità disarmante. Per quanto possa sembrare paradossale, gli uomini di Nenad Bjelica sembrano fisicamente e tecnicamente troppo superiori per quella che pensavamo essere il fiore all’occhiello del nostro calcio. Dani Olmo, trequartista 21enne con un passato nelle giovanili nel Barcellona, completa 10 dribbling su 14 tentati mandando in tilt da solo l’intero sistema difensivo dell’Atalanta, basato sulle marcature a uomo; Mislav Orsic, che in Serie B, allo Spezia, non aveva mai segnato, mette a referto una tripletta e sembra animato dal fuoco sacro che porta Lewandowski a segnare manciate di gol nelle notti migliori di Champions.

L’Atalanta subisce tre gol nei primi 42 minuti e costringe Gasperini a cambiare modulo nel secondo tempo, abbandonando la difesa a tre e passando al 4-3-3. Anche nei suoi momenti migliori, però, la “Dea” sembra incontrare negli avversari un ostacolo insuperabile. Al 73esimo del secondo tempo Zapata ha l’occasione per segnare almeno il 4-1 dal limite dell’area piccola tirando a botta sicura sotto la traversa, ma il portiere della Dinamo con un riflesso irreale alza la palla sopra la traversa con la mano di richiamo. 

 

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La faccia di chi è entrato in incubo.

Dopo la partita, de Roon dichiara sconsolato: «Ci hanno preso a schiaffi, è stata una lezione incredibile. È difficile analizzare cosa è mancato stasera, fa tanto male».

 

  • Il Signore degli Anelli: Gandalf che viene sconfitto e imprigionato nella torre di Orthanc da Saruman dopo aver scoperto che sta creando un esercito di orchi da mettere al servizio di Sauron;
  • Il Re Leone: Scar che prende il potere dopo aver ucciso Mufasa mandando Simba in esilio;
  • Matrix: Morpheus che decide di farsi catturare dagli agenti Smith dopo essere stato tradito da Cypher, che si vende per un ritorno permanente nel Matrix.

 

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Atto II: non c’è più nulla da fare, forse…

Nel secondo atto il personaggio principale prova ad affrontare gli effetti dell’evento catalizzatore solo per ritrovarsi in una situazione ancora peggiore, in cui sembra non avere le capacità per uscirne. Così, l’Atalanta affronta lo Shakhtar Donetsk, teoricamente la squadra con cui dovrebbe competere per il secondo posto, a San Siro, sul grande palcoscenico scelto per affrontare la prima, storica, esperienza in Champions League. «Comincia la corsa dell’Atalanta verso i primi punti, verso il primo gol», dice Riccardo Trevisani in telecronaca prima del fischio di inizio. 

Le cose, però, non vanno come previsto. 

Dopo un inizio promettente in cui l’Atalanta crea azioni a profusione, segnando l’1-0 dopo un rigore sbagliato da Ilicic, la squadra ucraina inizia a prendere in mano il gioco, con i suoi grandi dribblatori che fanno carne da macello tra le linee. Alla fine del primo tempo, Taison prende palla a centrocampo vicino alla linea del fallo laterale, seguito ovviamente a uomo da Toloi. Il trequartista brasiliano trova il passaggio diagonale verso Alan Patrick, che con una semplice finta di corpo manda a vuoto l’anticipo di de Roon. Il centrocampista dello Shakhtar manda in porta Junior Moraes, scappato alle spalle di Palomino, che supera facilmente Gollini e mette in porta. 

Nel secondo tempo la storia si ripete: l’Atalanta prova a fare il suo gioco, va diverse volte vicina al vantaggio, ma lo Shakhtar sembra giocare al gatto col topo. 

Esattamente all’ultima azione della partita, al quarto minuto di recupero e sugli sviluppi di una concitata azione d’attacco degli uomini di Gasperini, la squadra ucraina fa partire un contropiede micidiale che mostra tutta l’inadeguatezza del sistema di marcature a uomo dell’Atalanta in Champions League: Taison, liberato da Malinovskyi a terra dopo aver subito un colpo, lancia sulla fascia Dodo, che supera come un birillo de Roon, forse timoroso di prendere il secondo giallo. Il terzino brasiliano serve in area Solomon, su cui sta recuperando Castagne, che però va incredibilmente a vuoto prima di toccare il pallone e cade a terra in maniera quasi comica ingannando Gollini. A porta vuota, l’attaccante dello Shakhtar segna l’1-2 e sembra condannare definitivamente l’Atalanta all’eliminazione.

Dopo quella partita la squadra di Gasperini è costretta al doppio confronto con il Manchester City di Guardiola, contro cui non sembra avere alcuna chance: persino il tecnico sembra ormai rassegnato all’eliminazione e preferisce ad andare a giocare all’Etihad Stadium senza rinunciare a nulla del suo stile di gioco, pur affrontando dei giocatori che sembrano essere fatti di una consistenza e con una qualità diversa rispetto a tutti quelli affrontati fino a quel momento. 

Nonostante l’illusorio 0-1 iniziale, dopo un’ottima prima mezz’ora, la partita finisce come tutti si aspettavano: e cioè, con De Bruyne, Mahrez e Sterling che utilizzano Masiello, Toloi e Djimsiti come i cinesini da allenamento. Finisce 5-1, con la squadra di Guardiola che ha occasioni per segnarne almeno altri due. 

Nella conferenza post-partita, Gasperini ammette implicitamente di non pensare più realmente a qualificarsi per gli ottavi: «In queste partite si può anche provare a limitare i danni senza vedere palla, io preferisco invece giocare con un altro spirito da portare anche in campionato nelle prossime giornate».

L’attaccamento così testardo di Gasperini alla sua identità di gioco, la sua incapacità ad adattarsi a un contesto tecnico e fisico che sembra troppo competitivo per l’Atalanta, inizia ad assomigliare a una follia simile a quella di Denethor che, rassegnato ormai alla caduta di Minas Tirith, nel Ritorno del Re, decide di darsi fuoco nella cittadella insieme al figlio Faramir, ancora vivo. 

La struttura in tre atti prevede, però, che il personaggio riesca a superare il secondo atto non solo acquisendo nuove capacità ma soprattutto attraverso una nuova consapevolezza della propria forza. E che non possa acquisirla da solo, ma solo con l’aiuto di guide spirituali o personaggi secondari. 

Per l’Atalanta questo ruolo è svolto da Gabriel Jesus.

Al ritorno, a San Siro, il City sembra nuovamente non avere pietà per gli avversari, e va in vantaggio fin troppo facilmente con Sterling, che segna dopo un’azione talmente veloce e fluida che sembra uscita da FIFA 20. 

Al 41esimo del primo tempo l’ala inglese tira una punizione dal limite dell’area che viene respinta con la mano dentro l’area da Ilicic, che aveva saltato goffamente, girandosi istintivamente per proteggere il volto. Il rigore assegnato dall’arbitro sembra la fine definitiva anche delle ultime, residue speranze dell’Atalanta di approdare agli ottavi. 

Sul dischetto va Gabriel Jesus, che come un boia è pronto ad azionare la ghigliottina sulla testa di Gasperini, ma a quel punto succede l’inspiegabile: invece di tirare una bomba sotto la traversa, il centravanti brasiliano smangiucchia il pallone con il destro, come se ai piedi avesse delle Dr Martens. È la svolta che inclina il piano della storia. 

L’Atalanta rientra dagli spogliatoi con un altro piglio. Al 49esimo Palomino lancia Gomez sull’esterno sinistro: il “Papu” tocca il pallone un paio di volte, sembra ormai controllato da Otamendi, ma quando ormai l’inerzia sembra essersi spenta tira fuori un cross geniale di sinistro per Pasalic, che si era intrufolato nell’area avversaria senza che i difensori di Guardiola se ne accorgessero. 

Il colpo di testa del trequartista croato porta l’Atalanta sull’1-1, che sembra bastare alla squadra di Gasperini per riaccendere la speranza almeno fino all’80esimo, quando avviene un secondo incredibile colpo di scena. 

Mentre Claudio Bravo si fa espellere per un’uscita avventata su Ilicic lanciato a rete, costringendo Guardiola a mettere Kyle Walker in porta dopo aver terminato i cambi, in Croazia la Dinamo Zagabria si porta in vantaggio sullo Shakhtar, andando a 7 punti nel girone e annullando quasi a zero le possibilità di passaggio del turno dell’Atalanta (che a quel punto avrebbe dovuto non solo vincere le due partite successive, e sperare che la Dinamo le perdesse entrambe, ma anche battere la squadra croata in casa con più di 4 gol di scarto). 

Gli ultimi dieci minuti delle due partite sono un estratto di surrealismo puro. 

L’Atalanta sembra aver finito le risorse fisiche per mettere in difficoltà il City e riesce a tirare una sola volta verso la porta difesa da Kyle Walker, che è entrato con la maglietta di Claudio Bravo ed è talmente inadeguato nel ruolo che Mendy gli deve ricordare di buttarsi a terra dopo aver agguantato un pallone per guadagnare secondi preziosi. 

Nel frattempo, a Zagabria, la Dinamo riesce nell’impresa di pareggiare una partita che fino all’89esimo stava vincendo per 3-1. 

Al 93esimo, a due minuti dalla fine del recupero, Junior Moraes impatta di testa un cross disperato dalla trequarti di Kovalenko trovando il 3-2. Un minuto dopo lo Shakhtar guadagna un fallo a centrocampo e Pyatov decide di buttarsi in area per l’ultima mischia. Ne nasce un calcio d’angolo concitato in cui il terzino francese della Dinamo, Kevin Teophile, decide senza alcuna ragione logica di rifilare una gomitata violentissima al portiere ucraino (forse il primo caso di rigore guadagnato da un portiere nella storia del calcio). 

Dopo una lunga consultazione con il VAR, l’arbitro decide giustamente di assegnare il rigore: al 98esimo Tete segna l’imponderabile 3-3 e rimette miracolosamente in gioco la squadra di Gasperini.

 

  • Il Signore degli Anelli: Aragorn che porta tutto il suo esercito davanti al Nero Cancello per distrarre l’occhio di Sauron e permettere a Frodo di buttare l’anello del potere tra le fiamme del Monte Fato;
  • Il Re Leone: Rafiki che convince Simba a tornare nelle Terre del Branco provocandogli in qualche modo una visione di Mufasa nel cielo stellato;
  • Matrix: Trinity che bacia la salma di Neo, che torna dal regno dei morti e inizia a schivare le pallottole degli agenti Smith.

 

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Atto III: la catarsi

Il terzo atto è detto climax, la scena o la sequenza di scene in cui la tensione viene portata al suo massimo grado per poi sciogliersi positivamente, e in cui la domanda drammatica sollevata nel primo atto si risolve con l’happy ending. In questo caso sarebbe ovviamente: “Riuscirà l’Atalanta a qualificarsi agli ottavi, nonostante tutto?”.

La risposta a questa domanda sembra complicarsi quando l’Atalanta inizia a perdere, settimana dopo settimana, i suoi giocatori più importanti per infortunio: prima Zapata, poi Toloi, infine addirittura Ilicic. 

Nonostante ciò, la storia è ormai inequivocabilmente dalla sua parte: sembra essere chiaro al 35esimo del primo tempo della partita contro la Dinamo Zagabria, quando Orsic, che aveva segnato una tripletta all’andata, si porta la palla sul destro ai limiti dell’area di rigore nerazzurra e si inventa un tiro alla Del Piero che sembra destinato all’incrocio del secondo palo alla sinistra di Gollini. 

L’Atalanta, avanti per 1-0, che fino a quel momento aveva dominato la partita, viene però graziata: la palla impatta sulla parte bassa della traversa e sbatte violentemente sul terreno prima di uscire dall’area. 

È il via libera al 2-0 finale: a quel punto, incredibilmente, alla squadra di Gasperini basterà vincere l’ultima partita a Kharkiv contro lo Shakhtar Donetsk, e sperare che il City vinca contro la Dinamo, per assicurarsi il passaggio del turno.

È il momento in cui lo spettatore si rilassa perché vede l’happy ending all’orizzonte. Ed è quindi anche il momento in cui gli sceneggiatori piazzano un cliffhanger finale per tenere la tensione alta fino alla fine. 

Per l’Atalanta il cliffhanger è rappresentato dall’ultima giornata dal girone, e più nello specifico dal gol dell’1-0 di Dani Olmo contro un Manchester City già qualificato, che la condanna temporaneamente all’eliminazione qualunque sia il suo risultato, e dall’inquietante primo tempo di Muriel, che sembra far presagire il peggio. 

Al quinto minuto del primo tempo Ismaily sbaglia un semplice retropassaggio verso Pyatov che lancia inavvertitamente Gomez in porta. Il “Papu” supera il portiere avversario ma è troppo defilato e non ha più lo specchio di porta libero per tirare: torna allora indietro proprio da Muriel, che potrebbe tirare a porta praticamente vuota e invece decide di servire un improbabile assist a Pasalic, che però esce troppo lungo costringendo il croato a un tiro impossibile. 

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Difficile capacitarsi del fatto che l’Atalanta abbia sbagliato questo gol.

Un paio di minuti dopo è sempre Gomez a servire il taglio in area da destra di Castagne, che appoggia dolcemente di testa sempre per Muriel. Per la seconda volta, però, l’attaccante colombiano manca l’occasione e tira debolmente a lato. 

L’Atalanta sembra non voler segnare: al 14esimo Krivstov sbaglia un passaggio pericolosissimo innescando il contropiede di Muriel, che però non riesce a superare il diretto avversario ed è costretto a defilarsi. L’attaccante colombiano riesce comunque a servire il “Papu” in mezzo all’area ma il suo tiro all’angolino in basso a destra viene intercettato ai limiti dell’area piccola proprio da Krivstov. 

Intanto il City è andato in svantaggio con la Dinamo, rendendo vano qualsiasi sforzo bergamasco.

È il momento in cui il sogno, ad un passo dall’essere realizzato, sta per sbriciolarsi, in cui il climax arriva al suo massimo grado.

 

  • Il Signore degli Anelli: Frodo che decide di tirarsi indietro un attimo prima di gettare l’anello tra le fiamme del Monte Fato, convinto dal suo oscuro potere, mentre l’esercito di Aragorn sta per soccombere;
  • Il Re Leone: Scar che rivela di aver ucciso Mufasa a Simba, in bilico su un precipizio e sull’orlo di cadere nel vuoto;
  • Matrix: Neo che sta soccombere nello scontro finale con l’agente Smith mentre l’Oracolo gli sussurra: “Tutto ciò che ha un inizio ha una fine, Neo”.

 

La tensione rimane altissima fino alla metà del secondo tempo, quando il City riesce a ribaltare il risultato a Zagabria e l’Atalanta a passare in vantaggio a Kharkiv. Tutti i pezzi vanno magicamente a loro posto in maniera perfetta, proprio come la sceneggiatura di un film: la squadra di Guardiola va sul 3-1 con una tripletta di Gabriel Jesus – l’uomo che aveva sbagliato il rigore a San Siro permettendo l’incredibile ritorno dell’Atalanta – proprio dieci minuti prima in cui Castagne – che sempre a San Siro aveva ciccato clamorosamente il recupero su Salomon spianando la strada allo Shakhtar – segnasse lo 0-1 che avvia il trionfo della squadra di Gasperini. 

C’è addirittura tempo per un ultimo colpo di scena, perché l’arbitro inizialmente annulla per un fuorigioco poi corretto dal VAR. Il vero finale, quindi, scatta dopo alcuni interminabili secondi, quando l’arbitro indica finalmente il dischetto al centro del campo, convalidando lo 0-1. 

È il via libera per il trionfo del protagonista, mentre il climax si scioglie e le forze antagoniste soccombono in maniera inequivocabile. Arriva l’espulsione di Dodo, che prepara il campo al colpo da maestro finale del “Papu”, uno degli artefici principali di questa incredibile qualificazione: una pisadita vicino alla bandierina del calcio d’angolo con cui si procura la punizione che verrà poi trasformata da Pasalic. Poi l’immancabile 0-3 all’ultimo secondo, con Stepanenko che incomprensibilmente serve Gosens da solo davanti a Pyatov. 

È l’happy ending meritato per una squadra che ha saputo colmare un gap tecnico evidente con un’organizzazione collettiva maniacale, e che ha saputo anche adattare alcuni dei suoi principi cardine contro squadre che avevano capito come metterla in difficoltà, come si è visto proprio nell’ultima partita contro lo Shakhtar – ad esempio accettando anche fasi di difesa posizionale a zona, e con marcature a uomo meno esasperate per contenere le squadre più abili nel dribbling. 

Da questo girone che sembra pronto per una serie tv, Gasperini, proprio come prevede la struttura a tre atti, esce ancora più consapevole della sua forza, arricchito di nuovi strumenti per affrontare un livello competitivo che secondo una buona fetta dell’opinione pubblica, dopo la fallimentare esperienza all’Inter, non faceva per lui. 

Adesso da lui tutti si aspettano il sequel che, notoriamente, è ancora più difficile da realizzare dell’opera prima, in primo luogo per le aspettative generate. 

Fino a che non scorrano i titoli di coda, però, va bene peccare di ingenuità e sperare che il prossimo capitolo della saga sarà ancora migliore.

fonte ultimouomo.com

By marcodalmen
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