La calma è la virtù dei forti - by Ombra
Muriel che sbuffa e ansima dopo lo scatto e l’ennesimo dribbling o passaggio sbagliato. Malinovskyi che si contorce a terra al minimo contatto, anche quando chiaramente l’arbitro non si impietosirà, come se fosse stato appena centrato da un meteorite. Hateboer che alla distribuzione della tecnica calcistica di base era impegnato a rincorrere un altro cavallo pazzo come lui. No. L’impeto di rabbia e il fremere delle mani derivati dagli errori di Caleb Okoli sono differenti.
Non è un fastidio o la semplice irritazione. Non riesci ad avercela personalmente con lui. Quella che Caleb genera è una miscela di incazzatura e compassione, sempre più merce rara al mondo d’oggi. Così come la pazienza e la calma.
Okoli è calcisticamente giovane. È un nostro giovane. Eppure, nonostante la tradizione del vivaio atalantino, in questi giorni l’isteria e la frenesia di diversi di noi hanno cancellato qualsiasi alibi al quale potrebbe appellarsi il difensore di Vicenza. Ha entusiasmato in questo inizio di stagione? Personalmente no. Anzi, ha confermato i dubbi che nutrivo sin dalle apparizioni con la Spal e la Cremonese. È pronto per essere un titolare in Serie A? Personalmente no, ma le contingenti assenze nel reparto costringono Gasp a schierarlo in tutte le posizioni del terzetto arretrato. Ha giocato male domenica? Ovviamente sì, commettendo errori sia in possesso che in letture e movimenti. Nonostante tutto, a tre giorni di distanza mi trovo a dovergli chiedere scusa io, e non viceversa.
2022-2023, annata di transizione, ricambio ed evoluzione. Per progredire, in qualsiasi ambito, le cadute e gli inciampi fanno parte necessariamente del percorso. E non bisogna, conservativamente e in maniera reazionaria, rifugiarsi ai concetti precedenti, figli di un ciclo passato e ormai conclusosi. Occorre concedere possibilità, tempo, occasioni. Perché è facile riempirsi la bocca coi vari “spazio ai giovani”, “se si chiamasse Okolinho…”, “Zingonia è ancora florida”, ma alla prima opportunità siamo i primi a reclamare l’arretramento di De Roon o il passaggio a 4 con l’eliminazione di un centrale.
Caleb non è un campione. E non è detto che lo sarà mai. Ha dei limiti tecnici evidenti. Il tocco di mano sulla punizione di Koopmeiners è sinceramente inspiegabile, più a livello concettuale che fisico o tecnico. Non mi fa impazzire come tipologia di giocatore, ma probabilmente non cambierò idea nel corso delle partite e degli anni. Ma Caleb Okoli è un giocatore dell’Atalanta. Devo dargli il tempo, lo spazio e i minuti per crescere e maturare. Io tifoso, io allenatore, io dirigenza.
Ombra
Non è un fastidio o la semplice irritazione. Non riesci ad avercela personalmente con lui. Quella che Caleb genera è una miscela di incazzatura e compassione, sempre più merce rara al mondo d’oggi. Così come la pazienza e la calma.
Okoli è calcisticamente giovane. È un nostro giovane. Eppure, nonostante la tradizione del vivaio atalantino, in questi giorni l’isteria e la frenesia di diversi di noi hanno cancellato qualsiasi alibi al quale potrebbe appellarsi il difensore di Vicenza. Ha entusiasmato in questo inizio di stagione? Personalmente no. Anzi, ha confermato i dubbi che nutrivo sin dalle apparizioni con la Spal e la Cremonese. È pronto per essere un titolare in Serie A? Personalmente no, ma le contingenti assenze nel reparto costringono Gasp a schierarlo in tutte le posizioni del terzetto arretrato. Ha giocato male domenica? Ovviamente sì, commettendo errori sia in possesso che in letture e movimenti. Nonostante tutto, a tre giorni di distanza mi trovo a dovergli chiedere scusa io, e non viceversa.
2022-2023, annata di transizione, ricambio ed evoluzione. Per progredire, in qualsiasi ambito, le cadute e gli inciampi fanno parte necessariamente del percorso. E non bisogna, conservativamente e in maniera reazionaria, rifugiarsi ai concetti precedenti, figli di un ciclo passato e ormai conclusosi. Occorre concedere possibilità, tempo, occasioni. Perché è facile riempirsi la bocca coi vari “spazio ai giovani”, “se si chiamasse Okolinho…”, “Zingonia è ancora florida”, ma alla prima opportunità siamo i primi a reclamare l’arretramento di De Roon o il passaggio a 4 con l’eliminazione di un centrale.
Caleb non è un campione. E non è detto che lo sarà mai. Ha dei limiti tecnici evidenti. Il tocco di mano sulla punizione di Koopmeiners è sinceramente inspiegabile, più a livello concettuale che fisico o tecnico. Non mi fa impazzire come tipologia di giocatore, ma probabilmente non cambierò idea nel corso delle partite e degli anni. Ma Caleb Okoli è un giocatore dell’Atalanta. Devo dargli il tempo, lo spazio e i minuti per crescere e maturare. Io tifoso, io allenatore, io dirigenza.
Ombra
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