21/02/2022 | 18.50
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La Dea corre a pugni chiusi, ma dopo la rabbia ritroviamo l’orgoglio - by Albo



L’Atalanta esce malconcia dal Franchi di Firenze, non solo nel fisico, ma anche nello spirito. Oltre agli infortuni e all’improvvisa avversione della dea bendata, anche le scelte arbitrali ora hanno raggiunto l’apice del surreale, e sicuramente a posteriori le esternazioni di Marino e il silenzio assordante del Gasp giustificano in toto la rabbia e l’incredulità di un ambiente che si sente soggiogato da un potere più forte di tutto e di tutti, compresa la meritocrazia.
Il fuorigioco fantascientifico di Hateboer con conseguente annullamento del gol di Malinovsky sono la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, ma addossare la colpa al “Palazzo” è come lottare contro i mulini a vento, credetemi, e forse anche non interamente corretto.
Da settimane quindi stringiamo i pugni, e un po’ come la canzone dei Ribelli, sembra non esserci più speranza, perché il nero della notte ha preso il sopravvento sulla spensieratezza blu dei tempi migliori.
Tuttavia, mia nonna mi ha sempre insegnato che in queste situazioni bisogna prima accorgersi della trave nei propri occhi, anziché porre l’accento sulla pagliuzza negli occhi degli altri (penso che fu un certo Gesù di Nazareth ad affermare per primo questo concetto).
Non sono qui a fare catechesi, ovviamente, ma la metafora mi sembra abbastanza semplice da capire anche per gli atei: prima di addossare le colpe, guardiamo in casa nostra, ai nostri problemi, a ciò che possiamo migliorare.
Senza Zapata, senza le punte, con mille infortuni e una condizione psicofisica altalenante, neanche per l’alchimista Gasperini è stato possibile trovare in tempo la formula giusta per mascherare i problemi.
Urge ovviamente trovare una quadra, e sicuramente a livello tattico anche le avversarie sembrano aver trovato delle contromisure, oltre a un improvviso coraggio nell’affrontarci vis-a-vis.
Urge però soprattutto ritrovare se stessi, ritrovare quell’orgoglio tipicamente bergamasco che ci contraddistingueva prima dell’arrivo del Vate di Grugliasco, e che dobbiamo mostrare al fondo americano, perché l’identità non si compra coi soldi, ma si acquista con il duro lavoro, giorno dopo giorno, o nel nostro caso, è già insito nel nostro dna.
Il “Gasp furioso” non ha nulla di invidiare all’Orlando dell’Ariosto, ma in questo caso nessuno deve esser mandato sulla Luna per ritrovare il senno, perché quello ancora non è stato perduto, ma solo accantonato.
Questa rabbia però non è da reprimere, ma da usare come molla per rilanciarci e combattere, perché non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta, e allora sì che torneremo a riscrivere il nostro destino per conto nostro e in maniera splendida. E Allora forse avremo la meglio anche contro quei famosi mulini a vento.

 

Albo
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