La grande notte dell’Atalanta ad Anfield
Lo 0-3 in casa del Liverpool è l’ennesima grande serata di una squadra che non smette mai di stupire.
Sembra esserci un legame profondo tra la storia dell’Atalanta e la città di Liverpool. Sette anni fa, nell’autunno del 2017, il ciclo di Gasperini iniziava a farsi conoscere nel continente trovando come primo avversario nel proprio girone di Europa League l’altra squadra della città, l’Everton.
Era un tempo così lontano, calcisticamente parlando, che il numero dieci dei “toffees” era Wayne Rooney, tornato a casa dopo aver chiuso la sua epopea al Manchester United. Quella partita finì 3-0 per l’Atalanta, con reti di Andrea Masiello, del Papu Gómez e di Cristante. Fu uno splendido modo di presentarsi al torneo, anche se il capolavoro di quella prima campagna europea con Gasperini resta la partita di ritorno, giocata a Goodison Park. I nerazzurri furono capaci di imporsi per 1-5, in un confronto in cui l’Everton era sembrato semplicemente troppo indietro per affrontare le marcature a uomo della Scuola di Grugliasco, in quel momento ancora una novità.
Ad aprile 2024, la città inglese, stavolta sull’altra sponda del Mersey, ha riservato una nuova notte di gloria all’Atalanta: il 3-0 al Liverpool di Klopp sarebbe sfuggito alle previsioni anche del tifoso bergamasco più ottimista, un successo ancora più epico dello 0-2 della Champions League 2020/21, visto che in quel caso si trattava di fase a gironi, il Liverpool era praticamente già qualificato come primo e, soprattutto, a causa del Covid i sostenitori dell’Atalanta non avevano potuto gremire il settore ospiti di Anfield.
Il discorso qualificazione non è affatto chiuso, chiaramente, perché la sproporzione di livello tra le due contendenti è sempre la stessa. Ai “reds” possono bastare pochi minuti di fuoco per ribaltarla.
Tanto più se il Liverpool dovesse schierare dall’inizio l’undici migliore. Klopp infatti, in piena volata per il primo posto in Premier League, ha deciso di lasciare qualche titolare in panchina privilegiando l’impegno di domenica contro il Crystal Palace. In difesa Tsimikas ha preso il posto di Robertson sulla sinistra. Insieme a lui, davanti a Kelleher – sostituto dell’infortunato Alisson – la difesa era composta da Gomez a destra – Alexander Arnold rientrerà solo nelle prossime settimane – e Konaté e van Dijk al centro. In mezzo Endo faceva da vertice basso, con MacAllister mezzala destra e Jones mezzala sinistra al posto di Szoboszlai. In avanti l’unico titolare era Darwin Núñez, con Harvey Elliott ala destra e Gakpo ala sinistra.
Anche Gasperini ha cambiato qualcosa rispetto alla formazione tipo. In porta, come sempre in Europa League finora, ha preferito Musso a Carnesecchi, mentre in difesa a condizionarlo sono stati gli acciacchi di Scalvini e Kolašinac, infortunatosi all’ultimo minuto. Così il terzetto arretrato era composto da Djimsiti a destra, Hien al centro e de Roon sulla sinistra. Vista la necessità di adattare l’olandese a difensore, accanto a Ederson in mediana si è sistemato Pašalić, con Zappacosta e Ruggeri sugli esterni. In attacco Koopmeiners si è posizionato alle spalle di Scamacca e De Ketelaere.
Col passare degli anni, le squadre italiane hanno imparato a conoscere sempre meglio l’Atalanta e a trovare contromisure adeguate. Per tutta risposta, Gasperini ha dovuto modificare l’atteggiamento dei suoi. I nerazzurri, oggi, sono una squadra meno aggressiva e più accorta, non solo nell’altezza a cui decidono di pressare gli avversari, ma anche nella maggior flessibilità con cui seguono i riferimenti a uomo.
In uno scenario come Anfield, al cospetto di un avversario più forte, era lecito quindi aspettarsi un’Atalanta guardinga, che cercasse di limitare i danni per poi provare a giocarsela al ritorno. Sin da subito, invece, è sembrato di rivedere l’Atalanta delle origini, quella che riusciva a imporre il contesto contro chiunque con le sue marcature a tutto campo. Forse per il fatto di incontrare una squadra che, seppur migliore, non era abituata ad affrontare i suoi principi, forse per il fatto di avere poco da perdere dato il dislivello di partenza, ma Gasperini ha adottato l’atteggiamento più aggressivo possibile.
Così, le due punte si orientavano sui due centrali e gli esterni sui due terzini. In mezzo, il trequartista Koopmeiners si occupava del metodista Endo, mentre i mediani Pašalić e Ederson si accoppiavano rispettivamente a MacAllister e a Jones. Dietro, Hien prendeva Darwin, mentre Djimsiti seguiva Gakpo e de Roon andava su Elliott. I duelli a tutto campo hanno stritolato l’avversario come non accadeva da tempo.
Lo ha dichiarato lo stesso Klopp nel post-partita, prodigo di elogi nei confronti di Gasperini. Alla domanda sul perché il Liverpool avesse giocato tanto male, il tecnico tedesco ha rimesso tutte le responsabilità alla prestazione dei nerazzurri: «L’Atalanta crea problemi a tante squadre col suo modo di difendere. Magari mi sbaglio, ma non ricordo situazioni in cui ci hanno superato con il palleggio. È solo che recuperavano palloni e da lì costruivano. Serve tanta disciplina tattica per giocare come hanno fatto loro. Hanno marcato a uomo lungo tutto il campo. Ederson pressava in ogni situazione, ha seguito Curtis Jones dentro la nostra stessa area. È stata la ragione per cui hanno vinto».
C’è un’immagine, in particolare, che rimarrà nella storia e che è un manifesto del calcio di Gasperini in purezza, lontano dai compromessi che ha dovuto trovare nelle ultime due stagioni. Siamo nel recupero del primo tempo, l’Atalanta ha già segnato lo 0-1. Il Liverpool inizia un’azione da dietro. Il flusso della partita ha scompigliato le posizioni in campo, ma l’Atalanta, con sapienza, ha saputo aggiustare le marcature. Così, ad un certo punto, il centrale di sinistra de Roon e il centrale di destra Djimsiti si sono ritrovati contemporaneamente sulla trequarti del Liverpool, il primo in marcatura su Joe Gomez che aveva stretto da mediano, il secondo addirittura su Endo in salida lavolpiana tra i difensori: un frame che, per le zone di campo calpestate dai protagonisti, dimostra quanto la conoscenza del sistema di Gasperini, da parte dei suoi interpreti, sia capillare.
In quella situazione, Gomez riceve dal portiere, si appoggia al centrale di sinistra Konaté e poi si smarca in avanti per ricevere alle spalle di de Roon. L’olandese però non demorde, lo segue e intercetta il passaggio di ritorno, tenendo brutalmente lontano Konaté col braccio.
Mentre la palla finisce tra i piedi di Pašalić, tutto il Liverpool collassa verso la sfera, con van Dijk attratto da De Ketelaere. Koopmeiners allora attacca il lato cieco, riceve il filtrante di Pašalić e si ritrova davanti al portiere. L’olandese, stranamente poco freddo, gli calcia addosso.
È stato solo uno dei tanti recuperi palla aggressivi dell’Atalanta ieri sera. Il Liverpool non è sembrato pronto per affrontare un sistema del genere. Ha avuto difficoltà a livello individuale, perché nel primo tempo non aveva giocatori in grado di ricevere di spalle e volgere a proprio favore l’aggressività dei bergamaschi. Soprattutto, però, è parso sofferente a livello tattico, troppo rigido per non finire stritolato dalle marcature a uomo. Ad esempio, per gran parte dei primi quarantacinque minuti è parsa deleteria la scelta di abbassare MacAllister alla stessa altezza di Endo. I “reds” impostavano con un doble pivote piattissimo, con due mediani in linea, qualcosa di improduttivo per vari motivi. Con palla al terzino, ad esempio, uno dei due centrocampisti rimaneva oscurato, proprio perché aveva il compagno davanti.
In questa situazione Elliott decide di indietreggiare e perde palla, dando avvio alla transizione dell’Atalanta. Posizionati in quel modo, comunque, i due mediani non gli erano d’aiuto.
Il fatto che Endo e MacAllister rimanessero ancorati alla stessa linea sulla mediana, senza cercare scambi di posizione con i compagni, poi, avvantaggiava l’Atalanta nel pressing, perché il Liverpool era statico e quindi aggredire i riferimenti comportava meno rischi: abbiamo visto quanto per le squadre italiane sia fondamentale la fluidità per affrontare allenatori come Gasperini e Jurić. Nel primo tempo il Liverpool non ha mostrato niente di tutto ciò e l’Atalanta ha avuto gioco facile nel dettare le proprie regole.
L’unica fase di sofferenza del primo tempo è arrivata intorno alla mezz’ora, quando la squadra di Klopp ha saputo trovare Konaté alle spalle di Scamacca, costringendo i nerazzurri ad abbassarsi. Alzandosi, i difensori inglesi avevano più spazio per giocare e il Liverpool in alcune occasioni è riuscito a portare fuori posizione i terzi centrali de Roon e Djimsiti per lasciare Darwin isolato con Hien: i tagli in profondità dell’uruguagio, innescati dalle verticalizzazioni dei difensori, sono stati la sola fonte di minaccia del primo tempo. La punizione che ha portato alla traversa di Elliott è nata proprio in questo modo.
Nel momento di maggiore pericolo, però, è arrivato il gol dell’1-0 a ridare il controllo all’Atalanta. A fare la differenza è stata la capacità dei bergamaschi di conquistare le seconde palle. Tutto è partito da una punizione nella propria trequarti, battuta verso destra e respinta di testa da Tsimikas in direzione di Darwin, contrastato immediatamente da Djimsiti. Il rimbalzo è finito sul petto di Ederson, che ha resistito alla pressione di Jones, ha messo a terra il pallone e ha servito Djimsiti in fascia. Jones ha lasciato Ederson per scivolare immediatamente su Djimsiti, il quale ha giocato subito lungolinea per Koopmeiners. Sull’olandese stava rientrando Gakpo, ma il terzino di quel lato, Tsimikas, ha stranamente deciso di uscire su Koopmeiners, dimenticando di avere Zappacosta alle spalle. Koopmeiners è riuscito a prolungare per Zappacosta che si è ritrovato completamente solo in fascia, libero fino a raggiungere il lato corto dell’area di rigore. Da lì ha crossato rasoterra a rimorchio per Scamacca, che ha segnato con la complicità di Kelleher.
Il dominio sulle seconde palle è stato la vera costante della partita dell’Atalanta e il modo di impostare del Liverpool ne ha generate tante. Gli inglesi, infatti, hanno evitato di costruire sul corto e hanno cercato il lancio su Darwin per tentare di raccogliere il rimbalzo alle spalle dei giocatori atalantini in pressione alta. Il risultato è stato dare la copertina della partita a Hien, che ha sovrastato Darwin su qualsiasi duello aereo. Rispedito il pallone in avanti, i centimetri e l’intensità degli uomini di Gasperini hanno fatto la differenza nel calamitare le palle contese.
E se per caso un rimbalzo premiava il Liverpool o se il primo pressing non andava a buon fine, i giocatori di Gasperini riuscivano a recuperare all’indietro con una costanza e una ferocia impressionanti. Così, tutte le fasi più dinamiche della partita, quelle fatte di microtransizioni in cui la palla non è stabilmente di nessuno e in cui di norma il Liverpool è molto forte, sono state appannaggio dell’Atalanta.
È stato esemplare per intensità e applicazione persino Gianluca Scamacca, il cui talento è messo in discussione dall’incapacità di calarsi in partite in cui gli viene chiesto di fare a sportellate. Nelle sue peggiori versioni, Scamacca è un centravanti irritante, di un’indolenza direttamente proporzionale alla sua stazza. Era desolante, in certe gare, vederlo entrare in campo come un corpo estraneo, disinteressato a ciò che gli succedeva intorno. Dopo l’ingresso a gara in corso contro l’Ucraina, dove non sembrava aver capito l’importanza della posta in palio, e dopo aver rivisto lo stesso atteggiamento in campionato, Spalletti aveva deciso giustamente di non convocarlo per l’ultimo ciclo di partite della Nazionale.
Da qualche settimana il centravanti di Fidene è in netta ripresa. Se ai suoi colpi nel quotidiano della Serie A ci siamo pian piano abituati, però, quella di ieri sera è stata la prima vera grande prestazione della sua carriera, per continuità e valore dell’avversario. Adesso sta a lui dimostrare di poter mantenere quel livello anche sul lungo periodo: come diceva Robert De Niro al figlio in A Bronx Tale, forse il suo capolavoro più sottovalutato, la cosa più triste nella vita è il talento sprecato.
Così, il gol del 2-0 è giunto come ricompensa per una partita di costante intensità fisica e mentale, dove delle volte a Scamacca è bastato piantare le gambe per condizionare Konaté nei duelli aerei. Se la rete dell’1-0 era macchiata dall’erroraccio di Kelleher, il 2-0 è un piccolo gioiello di balistica, con il cross teso colpito col piattone di controbalzo, usando il piede debole.
Un’altra azione nata da un’uscita avventata di un terzino del Liverpool, stavolta Robertson, che all’intervallo ha sostituito Tsimikas. Durante quella che forse è stata l’unica manovra ragionata dell’Atalanta nella partita, il Liverpool ha eseguito male lo scivolamento verso la fascia. Zappacosta ha ricevuto a centrocampo, in una posizione innocua. Il Liverpool era alto e compatto e Robertson, nonostante non avesse copertura alle spalle, ha deciso di uscire comunque su Zappacosta. La distanza, però, era tale che l’italiano è riuscito lo stesso a calibrare il passaggio per De Ketelaere alle spalle di Robertson. Il belga si sarebbe trovato in fuorigioco, se solo Konaté, al centro, non fosse rimasto più indietro rispetto ai compagni di reparto. van Dijk, che credeva di aver messo in fuorigioco De Ketelaere, è stato costretto allora a scivolare sulla fascia. Intanto, però, l’ex milanista aveva già crossato per Scamacca, libero alle spalle di Konaté.
Anche in quel caso, come nel primo gol, l’Atalanta stava attraversando un momento di sofferenza. Klopp aveva provato a ribaltarla inserendo tutti i titolari: oltre a Robertson, erano entrati Szoboszlai al posto di Jones e, soprattutto, Salah al posto di Elliott. Giocando in modo più diretto e cercando i tagli profondi sia di Gakpo che di Robertson alle spalle di Ederson e Zappacosta, gli inglesi erano riusciti a raggiungere il fondo e a confezionare occasioni pericolose con Salah e Darwin.
Il brivido vero per Gasperini e i duemila tifosi al seguito è arrivato all’80’, sul gol annullato per un fuorigioco di pochi centimetri a Salah. È stata l’unica azione in cui il Liverpool abbia dimostrato una fluidità simile a quella con la quale le migliori squadre di Serie A riescono a colpire l’Atalanta. Partendo dalla difesa, Robertson si è sganciato in avanti, correndo alle spalle del proprio marcatore Zappacosta che non ce l’ha fatta a seguirlo. Utilizzando il principio del terzo uomo, con una combinazione tra Diogo Jota e Luis Díaz il Liverpool è riuscito a liberare Robertson in corsa e lo scozzese ha crossato rasoterra sul secondo palo per Salah.
Subito dopo lo spavento per il possibile 1-2, come un segno del destino è arrivato il gol dello 0-3. Ancora una volta il protagonista è stato Scamacca, che ha fiutato il sangue quando Szoboszlai gli si è avvicinato palla al piede con noncuranza. Scamacca lo ha aggredito e lo ha costretto ad un retropassaggio in emergenza per Konaté; a quel punto, però, l’ungherese non aveva spazio e la palla è uscita lenta dal suo piede, così Scamacca l’ha recuperata. La sapienza con cui, invece di puntare Konaté a campo aperto, ha deciso di condurre verso destra, rallentando per dare la pausa, attirare la difesa e creare tempo e spazio per l’inserimento di Ederson, sono il dettaglio tecnico più bello della sua partita, anche più del filtrante con cui ha servito il brasiliano. Il tiro di Ederson è stato inizialmente ribattuto da Kelleher, poi, però, è arrivato Pašalić a ribadire in rete.
Per capire quanto sia stata eccezionale la partita dell’Atalanta basta fare riferimento a due dati. Il primo, più immediato, è che il Liverpool non perdeva ad Anfield da un anno e due mesi. Il secondo, è che i nerazzurri hanno retto così bene lungo tutti i novanta minuti che Gasperini ha effettuato la prima ed unica sostituzione all’89’, quando Miranchuk ha preso il posto di De Ketelaere. Reggere l’intensità richiesta da un contesto del genere senza dover ricorrere alla panchina è straordinario.
Arrivati a metà aprile, l’Atalanta è ancora in corsa in tutte le competizioni. È una seria candidata a raggiungere la Champions League, deve giocare in casa la semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Fiorentina e si appresta a ospitare il Liverpool nei quarti di finale di Europa League con tre gol di vantaggio: nessuna squadra italiana ha saputo fare altrettanto quest’anno. Un rendimento del genere, rapportato a una realtà piccola come Bergamo, va fuori da ogni logica, così come è fuori da ogni logica considerare incompiuto il lavoro di Gasperini all’Atalanta se non dovesse riuscire a portare in bacheca nessun trofeo.
Ci ha tenuto a ribadirlo Gasperini stesso, al termine di quella che forse è stata la conferenza stampa più dolce della sua carriera. «A volte si parla di coppe, di trofei. Quando però ognuno di noi riesce a fare qualcosa che non ha mai fatto nella sua storia, magari non è una coppa, magari non è un trofeo, ma rimane comunque un risultato straordinario, perché è qualcosa che non si era mai riusciti a raggiungere, e questo penso valga per chiunque nella vita. Ognuno ha i suoi traguardi e quando li supera può giustamente essere molto felice. Noi questa sera lo siamo».
fonte ultimouomo.com
By marcodalmen