25/02/2022 | 15.20
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La rabbia e l’orgoglio di Ruslan - by Albo

Parlare di calcio in un contesto storico spaventoso come quello attuale è veramente irrisorio, perché come diceva Arrigo Sacchi “Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti”, e spesso lo sport viene influenzato da ciò che capita attorno, ma purtroppo il contrario accade raramente.

Questo è il pensiero che ho avuto ieri sera, vedendo tra i titolari Ruslan Malinovsky: l’ucraino avrebbe potuto dare forfait senza problemi, senza critiche e con il pieno appoggio di compagni e tifosi, perché vedere le immagini strazianti del proprio Paese distrutto dalla guerra è l’incubo peggiore che un essere umano possa fare a occhi aperti, e per molti c’è il rischio di non riprendersi più, perché lo shock è eterno e tornare alla vita dopo aver toccato con mano il concetto di morte è impossibile.

Il nostro Ruslan però ha deciso di convertire la sua rabbia in orgoglio e metterla al servizio della Dea, per un passaggio agli ottavi probabile e che a maggior ragione nell’ultimo periodo non pareva così scontato.

Una doppietta d’autore, una doppietta alla Malinovsky insomma, ma speciale, perché in quei due tiri ha concentrato tutte le sue paure, angosce, emozioni e le lacrime versate negli ultimi giorni.

L’affetto e la vicinanza dei compagni non si sono fatti attendere, e quanto è stato bello vedere la squadra abbracciare il compagno, ancor più della maglia mostrata dallo stesso Malinovsky dopo il primo gol “No war in Ukraine”.

Le uniche “bombe” (permettetemi l’uso di questo termine forte) che siamo stati felici di vedere sono quelle tirare nella porta avversaria dal nostro numero 18, perché sono le uniche che non distruggono, ma suscitano gioia e felicità per un popolo come quello bergamasco che tanto ha sofferto durante gli anni della pandemia, che ha chiesto spesso ai suoi giocatori di “fare la guerra in campo”, ma che ora si limiterà solamente ad appoggiare e sostenere il suo leader che preferisce sfogarsi su un rettangolo da gioco che a parole. Per il bene della Dea, del calcio, ma soprattutto per il suo e del popolo ucraino.

 

Albo

 
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