La Savoldata post Udinese
Da ex giocatore, come da allenatore, non digerisco facilmente le sconfitte, ma allo stesso tempo sono portato all’auto critica.
Da tifoso sono sempre vicino alla mia squadra, al di là del risultato, ma le balle mi girano lo stesso quando perdo.
La scorsa settimana è stata l’occasione per fare autocritica ma con la consapevolezza di quanto bello e allo stesso tempo difficile sia giocarsela nell’Olimpo del calcio.
Dire che abbiamo mandato giù dei bocconi molto amari è usare un eufemismo.
Sono questi i momenti in cui gli invidiosi escono dalle loro tane e sanno bene dove colpire.
Sono questi i momenti in cui mi sale il tifoso e prende il sopravvento.
Allora devo essere razionale, mando giù, provo a capire dove si può migliorare e aspetto con pazienza il momento giusto per levarmi qualche sassolino dalla scarpa.
Parola d’ordine: equilibrio.
Non mi sono esaltato nemmeno ieri, troppo presto per la stoccata mi son detto.
Mi ricordo bene l’ultima volta che ci toccarono nell’orgoglio come indegna (a detta loro) rappresentante italiana nelle Coppe.
Ero ancora piccolo per entrare in curva, ma come lo urlavo -solo noi, solo noi, in Europa soltanto noi!-.
Come lo urlavo quella notte, a petto in fuori, contro il Malines di Preud’Homme ed Erwin Koeman.
Pensavo che certi animali da tana fossero tornati in letargo per l’occasione e stavo guidando verso casa con il sorriso stampato, pacifico come non mai.
Avevamo vinto 7-1 contro la migliore difesa del campionato ed assistito all'esordio (con gol) di un giovane 2002, cosa che dovrebbe riempire il cuore di gioia anche al più freddo osservatore.
Arrivato in barriera est trovo tutto bloccato. Mio figlio dorme come un angioletto nel suo apposito sedile.
Fermo in coda, prendo il telefono in mano alla ricerca di qualche immagine della coreografia.
Proprio in quel momento che mi rendo conto che qualcuno aveva trovato da ridire, anche ieri.
Lo so che è incredibile ma è così.
Cosa ha combinato ancora questa Atalanta così fastidiosa?
L'accusa di anti-sportività da parte di personaggi celebri e non e, come se non bastasse, quale migliore occasione per rimarcare la scarsa presenza di giocatori italiani nella Dea attuale?
La più bella (si fa per dire) era: “Traorè l’ha messo sul 6-1, in una partita in bilico non sarebbe mai entrato, bla bla bla”.
Non saprei scegliere tra i precedenti se raccontare di Roberto Piccoli, italiano e bergamasco, che ha esordito in A a 18 anni durante un Atalanta-Empoli (0-0) per poi giocare titolare in un Atalanta-Udinese (2-0); oppure di Dejan Kulusevskyi che al secondo “assaggio” di serie A è entrato in Atalanta-Milan (1-3); oppure ancora di Musa Barrow che, prima di esordire in A in un Crotone-Atalanta (1-1), si era presentato in semifinale di Coppa Italia con la Juve (0-1). Oppure devo tirar fuori Bastoni e Melegoni diciottenni debuttanti subito dal 1’ minuto con la Sampdoria? (1-0).
L’allenatore era sempre quello eh!
I casi sono due: o questa gente ha iniziato ieri a seguire il calcio, altrimenti ha qualche prurito in qualche parte nascosta del corpo.
È ora di finirla di far la morale all’Atalanta perchè ha troppi stranieri: come se fosse una colpa cedere i giocatori del proprio vivaio. Tra i figli di Zingonia negli ultimi anni 5 anni hanno esordito ben 10 giocatori italiani: Bastoni, Conti, Caldara, Melegoni, Gagliardini, Sportiello, Zappacosta, Baselli, Grassi, Piccoli.
Se aggiungiamo i giovani italiani di altri club che la Dea ha ceduto e valorizzato come Petagna, Cristante, Mancini, Spinazzola che squadra verrebbe fuori di soli connazionali?
Passi il fatto che Kulusesvkyi, Barrow e Kessie non siano arrivati in tenera età ma si potrebbero inserire tranquillamente in lista Champions (per dire) compreso il piccolo Traorè che è in Italia da una vita e son 5 anni che arriva con la “sacca” a Zingonia!
Per "giocatori cresciuti nel vivaio del club” che la lista UCL richiede si intendono “quei calciatori che hanno giocato nella squadra per tre anni dai 15 ai 21”!
Il fatto che sia difficile rimpiazzare i NOSTRI giocatori con gli italiani degli ALTRI è un problema del club bergamasco? Non credo!
È una colpa l’aver migliorato i risultati di anno in anno pur vendendo i migliori pezzi? Non credo!
Diventa difficile alzare ogni anno l’asticella senza impedire ai giovani di firmare contratti da capogiro con club blasonati ed avere anche l’opportuno ricambio sul territorio!
Il settore giovanile non è un allevamento intensivo di polli! Non a caso lo chiamano VIVAIO!
Dopo il raccolto ci vuole il tempo che ci vuole per il nuovo raccolto!
Chiudo dicendovi che personalmente, mi sentivo più umiliato dagli olè del pubblico durante il torello avversario che faceva passare il tempo. Se c’è una mancanza di rispetto è proprio quella. Provate a chiedere ai giocatori dell’Inter se lo scorso anno è stata piacevole la “melina" finale. Io preferirei perdere 7-1 come è successo a noi un paio di anni prima. A volte certe scoppole fanno bene, alla fine ride bene chi ride ultimo!
Di Gianluca Savoldi