15/05/2017 | 08.02
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L’educazione di Gasperini

Una selezione dei migliori giocatori lanciati o rilanciati dal tecnico dell'Atalanta: da Conti a Criscito, passando per Milito e Thiago Motta.

Un’estate fa Roberto Gagliardini non era nessuno. Solo un ragazzo di passaggio a Zingonia tra un prestito appena concluso e un altro molto probabile. Un’estate fa Roberto Gagliardini era destinato a lasciare l’Atalanta prima dell’inizio del campionato, magari per tornare in Serie B. L’ha lasciata, sì, ma qualche mese dopo e con un’operazione che porterà nelle casse del club bergamasco 22 milioni più bonus. Perché Gagliardini, nel frattempo, è diventato titolare inamovibile all’Inter e ha esordito in Nazionale. Cosa gli è successo tra l’estate scorsa e l’inizio di quest’anno? Un po’ tutto, o forse la svolta nella sua carriera si può spiegare con un solo semplice fatto: ha incontrato Gian Piero Gasperini. Una fortuna per molti calciatori che col tecnico di Grugliasco hanno trovato una nuova dimensione.

Roberto Gagliardini

«Va e gioca da grande, non sentirti un giovane tra i big». Quando ha salutato Roberto Gagliardini, poco prima che partisse per andare a giocare con l’Inter, Gian Piero Gasperini gli ha detto queste parole. Gagliardini ha ricevuto, e all’esordio a San Siro, contro il Chievo Verona, è stato subito tra i migliori in campo. Ora, se dovessimo chiederci cosa ha di speciale Roberto Gagliardini, la prima risposta che ci verrebbe in mente sarebbe “nulla”. Almeno all’apparenza. Eppure deve esserci qualcosa se da quando è arrivato all’Inter ha giocato 15 delle 16 partite di campionato disputate dai nerazzurri, saltandone una sola per infortunio e restando in campo per 90 minuti in 14 occasioni. Gagliardini non spicca per velocità, non è un recupera-palloni che vedi inseguire gli avversari per il campo e lanciarsi in tackle precisi e affilati, Gagliardini non ha un gran tiro, non ha verticalizzazioni particolarmente illuminanti o un controllo-passaggio fulminante. Però sa intuire le linee di passaggio meglio degli altri, e questo gli permette di non dover rincorrere quasi mai l’avversario, sa inserirsi coi tempi e negli spazi giusti, e non è un caso se ha anche cominciato a segnare, e tendenzialmente fa sempre la giocata giusta, la più economica.

Il suo pressing è un pressing di posizione e intuizione, non di strapotere atletico. Un giocatore con queste caratteristiche è, per forza di cose, destinato a camminare come un funambolo sul sottilissimo filo che separa la mediocrità dall’eccellenza. E forse sarebbe caduto sul lato della prima, se non avesse incontrato Gasperini sulla sua strada. All’Atalanta era un esubero. Veniva da tre prestiti in B in un anno e mezzo: Cesena, Spezia e Vicenza. Esperienze modeste, senza infamia né lode, 49 partite e 3 reti. L’unico che ha creduto in lui è stato Gasperini, che gli ha messo in mano il centrocampo della squadra contro il Napoli, alla settima giornata d’andata. Due mesi dopo, Inter e Juve se lo litigavano a colpi di milioni, con la prima a vincere l’asta.

Andrea Conti

Il 3-4-3 di Gasperini esalta da sempre il ruolo degli esterni. Che giochino nel tridente offensivo (basti pensare a Diego Perotti, Rodrigo Palacio, Iago Falque, Giuseppe Sculli) o nei quattro di centrocampo. È in quel contesto che Mimmo Criscito è diventato il giocatore che è oggi, nel giro della Nazionale e campione di Russia per cinque volte con lo Zenit di San Pietroburgo, ed è in quel contesto che sta maturando Andrea Conti. Se andate a cercare la sua pagina su Wikipedia, troverete la definizione di «un terzino destro dotato di ottima resistenza fisica e buona capacità di corsa è inserimento, abile nell’andare sul fondo per crossare e fornire assist ai compagni, noto anche per il suo vizio del gol». Il punto è che quel «vizio del gol» Conti non l’ha mai avuto prima. Non così spiccato, almeno.

Quest’anno ne ha fatti 8 in 33  incontri, il più prolifico dei difensori di A , nelle sue prime tre stagioni da professionista ne aveva messi insieme 2 in 61 partite. A renderlo l’impressionante macchina da gol che è diventato è il 3-4-3 di Gasperini. Conti copre tutta la fascia, ha ovviamente compiti difensivi, ma ha una capacità di corsa e una resistenza che gli permettono di essere comunque lucido sotto porta. Gran parte del suo lavoro consiste nell’attaccare il lato debole mentre il gioco si sviluppa a sinistra, lì nel territorio del regista di ogni azione offensiva dell’Atalanta, il Papu Gomez. Cinque dei 7 gol segnati quest’anno sono nati proprio da quella fascia, due su assist del Papu, due serviti da Spinazzola, uno da Petagna. Tagliare da destra verso il centro dell’area, comunque, non è l’unica specialità di un giocatore capace di prendere il fondo con grande facilità e di essere determinante anche sui calci piazzati e in mischia. Anche lui piace alle grandi, con la Juve (che ha già preso Caldara per 20 milioni) in testa.

Andrea Petagna

Tredici reti in 101 partite da professionista. Lo score di Andrea Petagna non è esattamente quello del bomber, e anche quest’anno, il suo primo da titolare con continuità in Serie A, l’andamento sembra confermare la tendenza. Ora, a qualcuno che non guarda le partite dell’Atalanta potrebbe venire da chiedersi come sia possibile che Gasperini abbia deciso di affidare il suo attacco a un centravanti che non fa gol, preferendolo a Mauricio Pinilla e Alberto Paloschi. Petagna non segna, non è particolarmente elegante nelle sue movenze, non ruba l’occhio, ma ci sono tutta una serie di cose che sa fare benissimo e, come ha detto il suo allenatore a Sky Sport all’inizio di marzo, «ha delle caratteristiche uniche, quando avrà raggiunto la sicurezza in zona gol sarà completo veramente». Per esempio è il miglior centravanti della Serie A per passaggi chiave (1,7 a partita), il secondo per assist (7) dopo Icardi, il terzo per precisione (81,3%) dietro Higuaín e Lapadula.

Petagna ha seriamente corso il rischio di infilarsi in quel limbo in cui si perdono gran parte delle giovani promesse del campionato Primavera. Troppo poco prolifico per affermarsi nel Milan, non del tutto convincente nemmeno nel giro di prestiti che l’ha portato dalla Sampdoria al Vicenza passando per Latina. Fino all’anno in B con l’Ascoli condito da 7 gol, comunque sempre rigorosamente sotto la doppia cifra, e all’ingaggio da parte dell’Atalanta. Gasperini gli ha saputo cucire addosso un ruolo da protagonista, sgravandolo di quel compito che gli riesce più difficile, chiedendogli, in sostanza, di far segnare i compagni aprendo spazi con i suoi 95 chili distribuiti in 188 centimetri. Certo, per poter giocare in una big serve un po’ più di cattiveria sotto porta, ma intanto il centravanti che non sa far gol ha esordito in Nazionale. Vedetelo come un altro capolavoro di Gasperini.

fonte rivistaundici.com

By marcodalmen
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