Lettera al sito: "Cari ultras..."
Cari ultras,
partiamo dalla ragione vera, profonda, innegabile di tante contestazioni di questi giorni: tutti sono/siamo consapevoli di come il calcio senza tifosi non sia la stessa cosa; lo sanno i giocatori che si esaltano col proprio pubblico ad inneggiarli e, magari, si caricano quando vengono insultati; lo sanno i bambini che magari non sanno neppure tutte le regole ma che sorridono di gioia vedendo i colori delle curve; lo sanno i nostri nonni e padri che in tempi non di pay tv erano abituati a memorizzare la voce del commentatore della propria squadra del cuore per poi cercare di capire al classico “scusa intervengo da...” se, in base al boato del pubblico, il gol era fatto o subìto; lo sanno quelli come me che hanno fatto anni di abbonamenti e di trasferte e che sanno che la magia degli spalti rende il calcio unico e inimitabile... tutto vero, per carità, ma la base profonda è che il calcio, per bene o purtroppo, non è solo passione ma è anche con gli anni diventato un'industria. Inoltre va considerata una cosa importantissima ovvero che il punto focale non è la ripresa o meno di questo campionato ma che, causa covid-19, gli spettatori mancheranno forse anche per lunga parte del prossimo campionato. In conseguenza di ciò significherebbe che non si vuole che il calcio riparta per un anno o forse più? Anche nel calcio dei “milionari” significherebbe il fallimento di molte compagini, forse sarebbe la fine stessa del sistema pallone.
Soprattutto per questo capisco ma non condivido le parole scritte su molti striscioni di diverse tifoserie apparsi in giro per l'Italia in questi giorni. Va bene tutto, è giustissimo esprimere la propria opinione ed è un diritto di tutti noi, ma trovo sgradevole e ingiusto attaccarsi ai morti per fare valere le proprie ragioni quasi additando gli addetti ai lavori di mancanza di rispetto nei confronti di chi non c'è più; ecco, questo proprio non mi va giù perché non è giusto nei confronti di chi fa il proprio mestiere, non è giusto nei confronti di chi ci fa gioire, svagare, soffrire (sportivamente parlando) e passare del tempo; non è giusto nei confronti di chi, soprattutto per noi atalantini in questi ultimi anni, abbiamo eletto ad eroi sportivi per le proprie gesta sul campo esercitando la propria professione.
Se e quando il calcio ripartirà non spetta a noi deciderlo, forse nemmeno agli addetti ai lavori stessi, ma spetta a comitati che capiranno se sarà garantita la sicurezza; se si ripartirà presto potremmo essere favorevoli o contrari, di contro, se la ripartenza sarà molto più in la nel tempo esprimeremo comunque i nostri dissensi o favori ma sempre nel rispetto senza clamori mediatici o fare pressioni.
Che gli interessi che ruotano intorno al pallone siano molti e, a volte, sgradevoli è chiaro a tutti; nessuno è tonto o con le fette di salame sugli occhi, nemmeno chi la partita la segue in tv o dalla tribuna ma se riusciamo a scendere nelle viscere di altri interessi allora potremmo capire che per altre ragioni è forse importante che si riparta (in sicurezza, ovvio): innanzitutto anche nella serie A stessa non tutti percepiscono milioni di euro... ovvio che un calciatore professionista guadagna comunque più di un operaio ma è altrettanto ovvio che nel pallone uno ha la certezza di lavorarci fino a circa 35 anni (se il fisico lo permette); poi ci sono quelle tante persone che ruotano attorno al calcio che hanno stipendi come il nostro e che, come ogni operaio di questo paese, non faranno i salti di gioia nel prendere una cassa integrazione inferiore al normale stipendio visto che anche loro avranno da mantenere le proprie famiglie: parlo dei giardinieri, i magazzinieri, gli impiegati ecc. ecc ma anche di chi, pur non facendo parte di una società sportiva, mangia grazie al calcio: i giornalisti, i cameraman, i fotografi ad esempio.
Altro fattore da non sottovalutare è che lo stop delle competizioni sportive ha messo in crisi moltissime società sportive minori; molti sponsor salteranno, molte famiglie potrebbero avere problemi nel pagare le rette e, per l'effetto domino, molte di queste società rischieranno purtroppo di scomparire.... qui non ci giocano i campioni ma “semplicemente” i ragazzini col sogno nel cassetto di diventare calciatori; ecco, considerate che una fetta di soldi del professionismo serve ad aiutare il calcio “minore” e, di conseguenza, a fare divertire i nostri figli, a regalare loro momenti di svago e gioia, soprattutto quando anche i settori giovanili potranno ripartire alla fine di questo brutto incubo perché ce ne sarà davvero bisogno bisogno di svagarsi per tutti ma soprattutto per i più giovani.
Io stesso non vado al lavoro col sorriso di qualche mese fa; la paura c'è, per tutti, e questo periodo che sarà scritto nei libri di storia modificherà probabilmente a lungo il nostro modo di vivere, però devo mantenere i miei figli e quando il governo ha deciso per la riapertura delle fabbriche in sicurezza ne ero felice; ci sono negozianti, ristoratori, baristi che oltre al virus ora temono la fame e non vedono l'ora di ripartire in qualche modo magari col terrore ma con la consapevolezza che bisogna farlo se si vuole sfamarsi...
Quello che voglio dire, tornando all'inizio di questa lettera, è che la giustizia di avere il proprio parere e la propria opinione non deve essere un richiamo mediatico e una scusa per accusare.... ripeto, gli striscioni vanno appesi per onorare le vittime di questa guerra a mio parere e non per accusare chi dovrebbe tornare a fare il proprio mestiere (fra l'altro magari non tutti i calciatori saranno d'accordo ma lo faranno come, probabilmente, non tutti gli operai avranno ripreso volentieri).
In conclusione: purtroppo le persone mancano ogni giorno di ogni anno e di ogni epoca per 1000 motivi diversi ma ogni spettacolo di qualsivoglia forma va ed è sempre andato avanti, prosegue per chi c'è, per chi ha la testa invasa da pensieri negativi e ha bisogno di inserire in essa un po' di luce, di svago, di speranza; prosegue, diciamocelo, perché tutti noi abbiamo bisogno di dare sfogo alle nostre passioni, prosegue perché tutti noi da piccoli abbiamo sognato di rincorrere, un giorno, un pallone.
Diego S.
