24/03/2017 | 04.44
0

L’orchiDea

E’ una stagione eccezionale. Fantastica. Alcuni dicono che sia la stagione dei miracoli.
Appunto, dei miracoli.
Sono ormai passati mesi da quando la nostra Dea è salita lassù, stupendo tutto e tutti. Avversari ed addetti ai lavori. E noi stessi, tifosi.
Allora, ho provato a chiedermi quale fosse il miracolo più straordinario di questa stagione. Il record di vittorie fuori casa. O forse il record di punti. O l’aver trasformato giovani di buone promesse in campioni quasi affermati. Oppure l’aver gettato nella mischia, senza contraccolpi, così tanti ragazzi della cantera.
Non è facile individuare quale sia il miracolo più stupefacente.
Poi, però, mi sono guardato intorno. Forse il miracolo più strabiliante non è avvenuto a Zingonia, dove i risultati sono frutto di un lavoro quotidiano e certosino. Forse il miracolo più impressionante non è avvenuto dentro il campo, dove comunque le qualità dei campioncini sono state date in dote da madre natura.
Pare proprio che il miracolo sia avvenuto fuori dal campo.
Un tale di nome Paolo, nato a Tarso, stava cavalcando sulla strada che porta a Damasco.
Una luce fortissima. Un abbaglio più chiaro e più forte del sole.
Paolo casca da cavallo. Rimane accecato. Una voce lo ammonisce.
Da quel giorno, Paolo di Tarso si trasforma. Dal più accanito dei persecutori, diventa il più importante divulgatore del Cristianesimo.
Percorro le strade della città e della provincia. Vedo immensi cartelli rosa. E mi riaggancio a frasi sentite ormai decine di volte, nelle ultime settimane. “Da oggi più pagine sull’Atalanta”, oppure “Da oggi una pagina al giorno dedicata all’Atalanta.”
Quanti Paolo di Tarso. Uno dopo l’altro. Tutti folgorati da una luce Divina.
E mi viene da ridere. Non solo per la ridicola scritta in bergamasco su sfondo rosa, che per altro credo nemmeno scritta correttamente.
Se è vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, è pur vero che certi cambi di idea puzzano come una carcassa al sole.
E’ troppo facile ricordare le fotografie di Doni con le mani nei capelli, o quella con la mano sotto il mento, a corollario di qualsiasi articolo parlasse di scommesse. Non importa che fossero del filone di Bari, o di quello di Napoli, oppure che si trattasse di scommesse ippiche.
Ma passiamo oltre. Non c’importa nulla.
Credo che la nostra tifoseria stia crescendo. Dopo tutto esiste da 110 anni, e matura passando attraverso i dolori e le gioie. Solo gli altri si stanno accorgendo ora, e forse un’altra volta una trentina d’anni fa, che esiste anche l’Atalanta. Da più di un secolo.
Non mi piace ricorrere alla solita frase del carro dei vincitori. Banale. Adatta ad altre piazze, più avvezze alla vanità di mostrarsi.
Nero Wolfe.
Chi non ricorda il burbero e intelligente investigatore, nato dalla fantastica penna di Rex Stout. Oltre alla cucina, aveva un’altra passione che lo rapiva. Anima e corpo. Le orchidee.
Le teneva nella serra pensile all’ultimo piano della sua casa. Dedicava loro quattro ore al giorno. Sempre alla stessa ora. Da solo.
Si alienava per dedicarsi a quella passione. Qualunque cosa succedesse, dalle 9 alle 11 e dalle 16 alle 18, lui saliva nella serra. Sarebbe potuto anche crollare il mondo.
Nonostante i suoi clienti o altri personaggi si mostrassero appassionati alle sue piante, per interesse personale più che per passione, solo a pochissimi era dato di condividere la serra. Solo il segretario Goodwin e a volte il cuoco potevano salire.
Non lo faceva per vanità, bensì perché sapeva che non avrebbero capito nulla. La passione per le orchidee non è la stessa per una pizza o per il fenomeno del momento.
Ecco perché quei cartelli in giro per la città fanno solo sorridere. Al pari di tutti i media che cercano di superarsi nel dedicare spazi all’Atalanta. Fanno quasi tenerezza, nel cercare di convincerci che ci mettono cuore ed anima.
Ma, noi tutti sappiamo che, come disse Dino Basili, “l'opportunista segue con tenacia la direzione del vento, anche quando fiuta odore di merda”.
E buon per noi, che possiamo andare nella nostra serra a coltivare la passione per la nostra orchidea. Sia che i cartelloni e le pagine dei giornali ci siano o meno.

Rodrigo Dìaz

By staff
0 commenti