Lunga intervista a Caldara su carriera e infortuni
Mattia Caldara ha riflettuto onestamente sul suo lungo e infruttuoso periodo professionale in un'intervista al Corriere della Sera (tramite Calciomercato.com ), ed è apparso entusiasta di iniziare una nuova fase della sua carriera in Serie B con il Modena, dove potrà finalmente giocare regolarmente e lavorare sulla sua forma fisica.
Caldara ha avuto una sfortuna terribile con gli infortuni durante la sua carriera al Milan e ha addirittura descritto l'ingresso nei Rossoneri come il più grande rimpianto della sua vita, spiegando anche la crudele cronologia dei suoi gravi infortuni.
“Il più grande rimpianto della vita. Arrivavo dalla Juventus con Higuain, in due anni all’Atalanta avevo segnato 10 gol esordendo in Nazionale. La società ci fece salire sulla terrazza di Piazza Duomo davanti ai tifosi. Che vergogna, già fare le interviste è dura per me. Durante un allenamento mi ruppi il tendine d’Achille. Il chirurgo vede che è ancora attaccato al 10%, non mi opera. Resto a casa ingessato per 50 giorni. Torno in campo, Musacchio è squalificato. Finalmente è il mio momento, mi dico. Due giorni prima della partita in uno scontro con Borini mi ruppi il crociato”, ha spiegato Caldara.
Come prevedibile, a Caldara è stato chiesto se avesse mai pensato di ritirarsi mentre era bloccato a Milanello o durante i suoi vari prestiti senza successo. Ha rivelato di non aver mai lottato troppo con la sua salute mentale grazie a chi gli era vicino.
“La metà delle volte sì, ho visto la mia carriera quasi finita. Quando tutti ti dicono che sei finito, ti convinci che è vero. Ho capito che non dovevo sforzarmi, c'erano certi livelli che non avrei mai più raggiunto. Ho dovuto lottare per tornare almeno a giocare a calcio. Alla fine ho ringraziato i dottori. Erano i primi a stare male quando non riuscivo a riprendermi. L'allenatore mi faceva pressione: 'Ma perché non sei ancora pronto?' Non ho mai sofferto di depressione. Mi hanno salvato la mia famiglia, i miei genitori e Antonio, il mental coach che mi ha aiutato durante l'anno a La Spezia”, ha detto.
La persona più importante per Caldara era sicuramente sua moglie, che secondo lui era persino più forte di lui nei momenti più bui.
“Mia moglie mi è stata molto vicina, soprattutto durante gli infortuni. Non ero più la stessa persona e lei ha sofferto per me. Ho avuto paura di perderla? Non mi sono mai posto questa domanda, non che la dia per scontata. Lei era più forte di me, mi spingeva a fare un esame di coscienza. 'Devi capire cosa non va in te, devi partire da lì'. Lei era la vera fonte di energia", ha detto.
Caldara ora gioca per il Modena in Serie B e ha spiegato come si sente di nuovo bambino e che si diverte a praticare questo sport.
“Ho riscoperto la gioia di giocare. Sono tornato bambino, apprezzo il non sentire dolore, la tensione del pre-partita, persino la fatica del ritiro che non facevo da anni. Andrea Catellani, il direttore sportivo, mi chiamava tutti i giorni. A Milano con l’amministratore delegato Matteo Rivetti ho chiarito tutti i miei dubbi. Mister Bisoli poi mi ha fatto riassaporare il gusto di giocare a calcio, ricordandomi papà”, ha spiegato Caldara.