14/11/2016 | 11.15
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Lunga intervista a Percassi

di Donatella Tiraboschi per bergamo.corriere.it

 

Milano, via Sant’Andrea. Non è il suo ufficio, ma quello del figlio Stefano. Alla parete un mega ritratto del giovane rampollo di casa Percassi, di lato la fotografia di un leone che sovrasta il paesaggio e, accanto alla scrivania, un’«installazione» con tre ramazze modello spazzino.

Idea originale. «Ci piacevano, le abbiamo comprate in America» attacca Antonio Percassi, rivelando con quel «ci» una complicità famigliare a tutto campo.


A proposito di America. Cosa pensa delle elezioni?

(Sorride). «Chi vince ha sempre ragione».

Verità perfetta nella politica come nel calcio. Anche l’Atalanta sta vincendo. Vuol dire che qualcuno aveva ragione.

«Diciamo che hanno fatto i bravi, finora. Speriamo che lo facciano fino alla fine».

Ci spiega questo mantra?

«Dare una mano quando le cose vanno male, perché quando vanno bene “fare i bravi” è facile».

Ma questa mano gliel’hanno data tutti?

«Beh, insomma… non direi. Una grande mano, oltre ai tifosi che abbiamo sentito vicini, ce l’ha data il nostro grande allenatore, che ha cambiato tutto quel che era possibile cambiare. C’è stato bisogno di tempo perché si ambientasse, ma il mister è stato veloce a capire».

Anche perché i tempi cominciavano a stringere…


«Anche lo scorso anno, con il filotto di risultati negativi, non ci siamo fatti prendere dal panico, rispetto a quanti ci dicevano che bisognava cambiare. Siamo andati fino in fondo ed abbiamo avuto ragione. Gasperini è sveglio, intelligente e capace».

E pure un bel po’ peperino.

«Ognuno ha il suo carattere e a me piace così. Lo conosco da poco, è uno che agisce di testa sua. Ma ha un’intelligenza che si nota anche dalle piccole cose».

Che doti apprezza di più in una persona?

«Semplicità, assenza di presunzione e serietà. La parola che noi diamo, come famiglia, vale come una firma davanti al notaio».

Siamo alla vigilia della partita con il Napoli. Il mister le rivela la rivoluzione…

«Gli ho detto: che coraggio, complimenti!».

Esattamente così, con questo sorriso?

«Sorriso mica tanto, perché la preoccupazione c’era. Ha un grande coraggio, gli ho detto, speriamo vada tutto bene. Le faccio un grande “in bocca al lupo”. Per come sono poi andate le cose, chapeau».

Alla vigilia del Crotone lei fa un sogno: nelle prossime 7 partite farete 19 punti.

«Non ci avrei mai creduto, però è stato da quella partita che si è cominciato a intravedere un vero cambiamento nel gioco. Mi ha rincuorato anche in previsione delle partite difficili che sarebbero arrivate dopo. Adesso siamo tutti felicissimi».

Altra notte agitatella, dopo il Palermo.

«E beh, quando uno perde in casa non è mai bello, ma con la squadra ero stato chiaro già due giorni prima: “Questo è il nostro allenatore”. Finita quella partita ci siamo trattenuti tutti per valutare il perché di quella sconfitta. È una cosa che facciamo con tutte le partite, ma lo stato d’animo cambia a seconda del risultato».

Dunque, il mister non è mai stato in discussione?

«Eravamo consapevoli di un certo rischio, ma eravamo convinti che Gasperini fosse la scelta giusta per mettere in campo una certa strategia di valorizzazione di giovani. È stata una scelta di fondo».

Maturata con suo figlio...

«Luca ha ereditato la passione per i colori nerazzurri. Insieme allo staff dirigenziale sta facendo un ottimo lavoro».

L’Atalanta è adesso dove lei vorrebbe fosse sempre?

«Domenica scorsa, a guardare la classifica, eravamo tutti un po’ storditi».

Lei soffre di vertigini?

«No, ma quello che conta è non cadere e farsi male. Occupiamo un posto da grande club, quasi esagerato in un campionato che è durissimo, con squadre importanti alle nostre spalle. Sarà difficile pensare che le cose possano sempre andare così bene. Ma noi lo speriamo».

Lei spera, i tifosi sognano.

«La tifoseria ha il diritto di sognare, noi abbiamo il dovere di tenere i piedi piantati per terra. Siamo abbastanza allenati ad affrontare momenti difficili, tenendoci in giusto equilibrio. Adesso è un momento di euforia, ma siamo sempre sul pezzo con tranquillità e modestia. Abbiamo la sensazione che possa essere un campionato interessante e divertente per il gioco, soprattutto quello visto nelle ultime tre partite».

Eur..

«No, non la pronunci quella parola. Porta una sfiga…».

Allora una Coppa Italia, come dire più convinta, c’è il Pescara e poi la Juve. Magari è la volta che Madama si scansa…

«Mettiamola così: speriamo di non perdere per l’ennesima volta. Sappiamo che giocare a Torino non è una passeggiata».

Il più bel complimento ricevuto?

«Alcuni sms che gli amici mi hanno scritto».

Ma che idea di campionato si è fatto?

«Quello di un campionato giocato bene. Soprattutto valorizzando i giovani. Onestamente non pensavamo che questo vento arrivasse così violento. Anche se, riconosco, piacevole. Ora abbiamo una visione realistica della squadra, ma lo ripeto per l’ennesima volta, sia come famiglia che come società: nessun estremismo e grande equilibrio».

Famiglia equivale a vicinanza societaria, il contrario di quello che succede qui a Milano...

«È un problema che non ci riguarda anche perché la nostra storia di passione famigliare parla da sola. Ed è una storia che si ripete, in particolare per quanto riguarda gli investimenti sul settore giovanile da cui stiamo attingendo anche in un’ottica internazionale. Ci vuole pazienza, ma poi i risultati arrivano».

Chi tra i ragazzi l’ha stupita di più?

«Non mi aspettavo che fossero tutti così pronti. Petagna, Gagliardini, Caldara, Kessie, grandissime sorprese, con Conti che sta crescendo di partita in partita, lo stesso Freuler che è letteralmente esploso».

Di questi chi se ne andrà a gennaio?

«Per il momento restano tutti, vediamo come saremo messi alla fine dell’anno. Non facciamo previsioni, ma teniamo sempre presente che l’Atalanta deve avere i conti a posto. Siamo stati stracriticati nel momento in cui le cose non giravano, ma siamo abituati a fare come si deve, usando il buon senso. Solo chi prende le decisioni si assume il rischio, parlare quando va tutto bene è facile».

Sportiello?

«È un grande giocatore, un ragazzo come si deve. Noi vogliamo che resti all’Atalanta. Anzi, Sportiello è dell’Atalanta, sono sicuro che gli si ripresenteranno le occasioni per giocare».

Però, intanto, è finito in panchina. Un portiere di proprietà si deprezza e se ne valorizza un altro che non è suo…

«Nessuno si svalorizza. Sportiello, nel caso, andrebbe via alle nostre condizioni».

Quali?

«Non ci sono condizioni al momento, anche perché bastano due partite perché l’orizzonte cambi. A Gagliardini ne sono bastate quattro per andare in Nazionale».

Un peccato che Gomez non vesta l’azzurro.

«Effettivamente sì, ma se non c’è la certezza…»

Ha parlato di conti. Il bilancio come chiuderà?

«Ancora con il segno meno. L’Atalanta ci è costata fin qui complessivamente, tra strutture e giocatori, 60 milioni di investimenti. I 12 milioni annui di costi correnti sono una costante per il mantenimento della categoria. Siamo al settimo anno consecutivo di Serie A».

Restarci, considerato il livello di chi sale dalla B, è più facile.

«Ogni anno è storia a sé. Nessuno immaginava che Palermo o Verona finissero in B. L’annata nera può sempre capitare, fa parte del calcio».

In questo momento magico c’è qualcosa che può essere migliorato?

«La nostra filosofia operativa è sempre quella: ogni anno si investe qualcosa».

A proposito di investimenti: lo stadio?

«Il Comune farà la gara e analizzeremo le varie condizioni. Se le riterremo corrette, in un’ottica valutativa nostra, andremo avanti. L’intenzione c’è».

In che tempi, anche secondo una visione manageriale?

«Difficile dirlo ora, perché i fattori che entrano in gioco sono tanti. Aspettiamo di vedere il bando comunale. Intanto ci abbiamo già investito 5 milioni».

La questione delle spese con l’Albinoleffe come è finita?


«Non è finita. Ci sono in ballo gli avvocati».

È uno stadio caldo nel senso più bello del termine.

«Si respira un clima incredibile, ma se il vento tornasse sfavorevole, chi non ama l’Atalanta sarebbe pronto a scatenarsi. I tifosi finora sono stati fantastici, si parla tantissimo di Atalanta».

Un valore aggiunto al brand.
«Indubbiamente, ma se si parla di Atalanta si parla anche di Bergamo e credo che i bergamaschi si sentano onorati».

Un Leicester in salsa orobica?

«Ma no, dai».

Però un tocco di internazionalità non sarebbe male, no? A Milano sta per arrivare Starbucks...

«Apriremo una cosa strepitosa in piazza Cordusio. Sono già cominciati i lavori che dureranno un annetto. E poi, subito dopo, apriremo in varie città italiane, dove abbiamo già opzionato delle location».

Anche a Bergamo?

«Certo, e non escludiamo di portare due Starbucks, uno in centro città e l’altro, in tempi successivi, nel nuovo Orio Center».

Come vede Bergamo?

«Vedo aziende che stanno andando alla grande e mi pare che il sindaco Gori si stia muovendo bene: sta affrontando una serie di operazioni che erano ferme o bloccate da anni. Sta facendo un ottimo lavoro».

Un manager da assumere.

«Sì ma lui non verrebbe mai a lavorare per me. Magari mi assume lui».

 

 

 

By staff
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