12/02/2022 | 02.15
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Nel nome di Chicco, 25 anni dopo

25 anni fa ci lasciavano Chicco Pisani e Alessandra Midali. Li ricordiamo quest'anno con un pezzo stupendo che il gentilissimo Pier Carlo Capozzi ci ha concesso.

Chicco e Ale sempre con noi.

C’è un’intera generazione di giovani tifosi atalantini che ha imparato a scandire il suo nome, ma non l’ha mai visto giocare se non in qualche filmato. Sono già passati venticinque anni da quella notte crudele che si portò via Chicco Pisani e la sua fidanzata Alessandra Midali, finiti contro un pilone della Milano-Laghi, di ritorno da una festa di Carnevale a Campione d’Italia. Eccesso di velocità, si disse allora. Pisani, appena rimessosi da un infortunio, era diventato l’arma in più di Mondonico, il furetto da buttare nella mischia quando la partita non si sbloccava. Prima di allora era stato il guastatore della “Banda Prandelli”, vincendo, con Cesare in panchina, tutto quello che era possibile a livello giovanile.
Non ci sarà più la messa in suo ricordo nella parrocchia di Poggio Garfagnana, proprio di fronte a casa Pisani, dove Chicco, da piccino, veniva a stare da nonna Iliana. Fa troppo freddo e mamma Rosanna farà dire una funzione a Capannori, in ricordo del figlio e del marito. Su al Poggio Chicco passava delle estati meravigliose, quando si nuotava ancora nel Serchio, e in autunno si facevano scorpacciate di castagne da arrostire sul camino.
Le castagne gli fanno compagnia ancora adesso, penzolando dagli alberi tutt’intorno al piccolo camposanto dove riposa. La sua tomba è la più particolare, con la croce verticale in marmo azzurro avvolta da una nuvola bianca. “E’ stata una mia idea – rivela mamma Rosanna- prendendo spunto dallo striscione della curva, quello che diceva “il cielo sembrerà più piccolo con te che dribbli e corri tra le nuvole”. D’altronde anch’io, quando lo penso, me l’immagino in cielo seduto su una nuvola.” Succede sempre che arrivino visite di amici e tifosi, specialmente d’estate, quando venir su dalla Versilia è un attimo. Una volta arrivò anche Bobo Vieri, solo soletto, e restò a piangere davanti al suo amico. La piazzetta del Poggio era anche il punto d’incontro con gli amici di sempre, che l’aspettavano fino a tardi per andare poi insieme in birreria giù a Castelnuovo. “Per dire com’era fatto Federico – mi spiegò papà Enrico, che adesso è su con lui- quando comprò la macchina, quella macchina (e gli s’incrina la voce) arrivò all’appuntamento con gli amici a piedi, avendola parcheggiata 500 metri prima. Non gli piaceva esibire quello che gli amici non potevano permettersi. E non voleva essere riconosciuto. Una volta andammo a cena in una pizzeria del Ciocco e lui aveva la divisa dell’Atalanta con lo stemma sulla giacca. Prima non si tolse il cappotto, poi restò in camicia, pur di passare inosservato.”
Antonio Bongiorni, quello che lo portò all’Atalanta, da anni organizza a Margine Coperta un torneo internazionale esordienti dedicato a lui: Gagliardini, un nome a caso, è passato da lì.
Papà Enrico raccontava di Zeman che voleva Chicco a Foggia, ma il figliolo non ne volle sapere, mandando Previtali su tutte le furie. E quando, dopo Atalanta-Vicenza, Pippo Inzaghi gli regalò la maglia. Quella partita, la prima senza Federico, fu un concentrato di emozioni da farti esplodere il cuore. Dal minuto di silenzio coi compagni in preghiera, agli striscioni, ai gol con dedica.
Per la mamma “Chicco aveva un cuore generoso. Portava a casa un sacco di tute, regalo degli sponsor, non quelle marcate Atalanta, e le distribuiva ai suoi amici. Tante volte mi chiedo a cosa siano valsi tutti i nostri sacrifici, come quando si saliva a Bergamo per fargli un po’ di compagnia e, tornando indietro, io piangevo fino a casa. Io glielo raccomandavo sempre di non uscire da Bergamo la sera, sembrava me lo sentissi nel sangue.”
“Peccato però non sentirsi chiamare nonni”- confidò papà Enrico in uno dei nostri ultimi incontri.
Dimenticandosi per un attimo che tutti i ragazzi della Curva che porta il suo cognome si sentono orgogliosamente nipoti adottivi...?

By sigo
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