06/08/2020 | 07.37
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Non avevamo dubbi!


Il giocatore più fumoso: Federico Chiesa




Il premio alla stagione più inconsistente va al numero 25 della Fiorentina

A 23 anni Roberto Baggio giocava il suo primo Mondiale con la maglia dell’Italia e contro la Cecoslovacchia segnava un gol della raffinatezza di un dipinto di Chagall; correndo tra le maglie di difensori scoordinati come tra le nuvole.


A 23 anni Francesco Totti si trasformava da bulletto romano, fenomeno del cortile, a prodigio del calcio mondiale dopo un Europeo giocato da protagonista, e che per poco non gli permetteva di vincere il Pallone d’Oro.


A 23 anni Alessandro Del Piero aveva già vinto una Champions League, giocando due finali e segnando in una con un colpo di tacco.


A 23 anni Federico Chiesa, che sembrava a un certo punto poter appartenere a questa classe di giocatori, ha vinto il premio come calciatore più fumoso della Serie A negli Ultimo Uomo Awards.


 

In un movimento che fatica a creare talenti creativi e offensivi di alto livello, Chiesa sembrava essere la nostra salvezza, sin da quando all’esordio ha quasi segnato un gol spettacolare contro la Juventus; con una deviazione fantasma in spaccata davanti a Buffon. Adesso è facile dire che chi credeva in lui si era sbagliato (noi qui invitavamo alla calma), ma all’inizio era lecito aspettarsi qualcosa di importante da Chiesa, essere elettrizzate dalle sue giocate. Non era tanto questione di numeri, di gol, di assist, ma del generale senso di vitalità che riusciva a esprimere. Un inno alla giovinezza: un giocatore tutto scatti, esultanze disperate, voglia di spaccare il mondo.


 

Chiesa non è cambiato affatto. È sempre lo stesso ragazzo melodrammatico, che dopo ogni azione si mette le mani sulla testa e si lamenta con qualcuno di qualcosa. In aperto conflitto col mondo degli adulti. Sempre la stessa ambizione che lo affligge come una malattia; sempre la stessa idea di calcio brutale: correre, dribblare, tirare alla massima velocità. Il suo gioco continua ad avere qualcosa di capriccioso e infantile. I nostri occhi, però, sono cambiati. Quello che però prima leggevamo come un segno di vitalità, ora ci pare un sintomo patologico di angoscia. Sembra una persona che non riesce a divertirsi in campo, e che pare scambiare ogni partita per un piccolo palcoscenico in cui sfogare le proprie insicurezze. Lo pensiamo perché è cambiata la nostra idea di Chiesa: in questi tre anni in cui non è riuscito a essere all’altezza delle aspettative che gli avevamo costruito attorno e abbiamo cominciato a trattarlo con asprezza, a non perdonargli più niente, a non concedergli più tempo.


 


Una delle migliori partite della carriera di Federico Chiesa. Contro difese alte i suoi strappi e i suoi istinti per gli spazi, con e senza palla, sanno essere devastanti.


 

In questo senso, è interessante leggere questo articolo di un sito di tifosi della Fiorentina, anche se non so quanto può essere rappresentativo della totalità dei tifosi viola. Il pezzo accoglie con senso di stizza la tripletta segnata all’ultima giornata con il Bologna e viene interpretata come una specie di gesto egoistico per pompare le proprie statistiche, niente di utile per la Fiorentina. I tre gol segnati nell’ultima giornata, infatti, lo hanno portato per la prima volta in doppia cifra in carriera, e se guardiamo al suo score quest’anno potremmo quasi pensare a un giocatore concreto: 10 gol e 5 assist in una stagione. In fondo non sono pochi.


 

Ma se lo avete votato è perché questi numeri non bastano a placare il senso di delusione nei suoi confronti. La Fiorentina ha avuto un’annata opaca e Chiesa non è stato fra i giocatori che si sono salvati nonostante tutto, come Ribery o Castrovilli. Anzi, è stato uno dei motivi per cui la Fiorentina è stata una delle squadre più deprimenti della stagione: decimo posto, tredicesima squadra per tiri prodotti in open-play (dietro Lecce e Samp), dodicesima per passaggi effettuati in area, quartultima per xG prodotti con ogni tiro. Una statistica su cui siamo sicuri che ci sia anche la mano di Chiesa, non di certo il giocatore più razionale nella sua selezione di tiro.


 

Da quando ha esordito in Serie A, Federico Chiesa è alla faticosa ricerca di un compromesso accettabile tra quantità e qualità. Il suo gioco si nutre di errori, disordine e caos. I suoi miglioramenti nel tempo sono insignificanti; la selezione dei suoi tiri per esempio, il rapporto tra tentativi da fuori e da dentro l’area, è rimasta identica nel tempo. I suoi dribbling, se non altro, sono diminuiti. Oggi finalmente è riuscito ad avere un saldo positivo tra tentati e realizzati. Ma in questo può aver influito il fatto che in stagione non ha giocato come esterno d’attacco ma da punta. Un ruolo in cui Iachini gli ha dato più responsabilità offensive, ma in cui al contempo poteva essere più libero di seguire i propri istinti. Chiesa, lo sappiamo, è un calciatore anarchico, a cui piace vagare su una zona abnorme di campo. Il risultato però è stato deludente, forse anche perché non ha trovato accanto a lui un riferimento offensivo che lavorava per lui, e nelle partite finali della stagione Inchini lo ha riportato sul lato, esterno a tutta fascia, dove i suoi movimenti se non altro erano limitati dalla linea laterale accanto a lui.


 

Il problema più grande di Chiesa oggi è che la squadra deve giocare per compensare il suo disordine, ma lui in cambio non riesce a fornire i gol e gli assist di cui la Fiorentina avrebbe bisogno. Potremmo quasi dire che Chiesa è un calciatore ontologicamente fumoso, e che alla fine questa stagione non è stata più negativa di altre. È solo che forse vi siete stufati di aspettarlo, e lo avete votato anche più di un fenomeno della categoria come Candreva (che quest’anno però non meritava forse neanche la candidatura – e a cui curiosamente avevamo paragonato Chiesa nel nostro primo articolo su di lui). Lo avete votato più di Justin Kluivert, un altro giovane inconcludente, ma meno ambizioso di Chiesa. Lo avete preferito a Suso, che non ha vinto forse solo perché ha giocato metà stagione. Per Chiesa forse avete notato una diversa sfumatura di “fumoso”: non solo un calciatore che in campo combina poco, ma uno di cui si continua a parlare molto – soprattutto nel calciomercato – senza però che abbia dimostrato ancora granché.



Nel terzo gol, il più bello dei tre, non guardate alla tecnica di tiro ma all’intensità mentale con cui se lo ricava. Quello è Chiesa.


 

Se però si continua a parlare di Chiesa è perché il suo talento rimane, se non eccezionale in senso assoluto, almeno molto peculiare e interessante. Una materia grezza su cui immagino molti vorrebbero mettere mano. Al suo gioco bisognerebbe lavorare per sottrazione, incanalando i suoi istinti e la sua ambizione nella forma più efficace possibile. Trasformandolo in un giocatore affilato, che non ha bisogno di toccare troppi palloni per essere decisivo. Finora alla Fiorentina non ha ancora trovato un contesto abbastanza funzionale, che lo aiuti a crescere a nascondere i suoi difetti, e questa non è certo una sua colpa.


A 23 anni, comunque, il tempo è ancora tutto dalla sua parte. Alla sua età Andrea Pirlo era appena diventato un regista nel Milan; Christian Vieri aveva segnato appena 7 gol in Serie A; suo padre Enrico era appena passato in prestito al Modena, in Serie B. Magari non diventerà forte quanto nessuno di loro, ma quando parliamo di lui rendiamoci anche conto che è troppo presto per darlo per finito. E che, soprattutto nel calcio, le cose possono cambiare in fretta.


fonte ultimouomo.com


By marcodalmen
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