Non è bastata la brutta copia di Gasperini per sostituire Gasperini

Alla fine capita anche ai migliori. Era successo ad Aurelio De Laurentiis, quando inebriato dal suo primo scudetto aveva sostituito Spalletti con un non allenatore, prima Rudi Garcia e poi addirittura Mazzarri. Oppure ad Andrea Agnelli, che ha distrutto la Juventus pensando di poter fare a meno di Marotta, e sappiamo tutti com’è andata a finire dopo. Ci è cascato pure Percassi, convinto di essere lui e non Gasperini l’artefice del miracolo che abbiamo celebrato tutti per anni, e che invece, come minimo, era merito di entrambi. E così l’Atalanta, la società modello che non sbagliava mai un colpo, in campo e fuori, si ritrova all’improvviso nella parte destra della classifica e con il tecnico esonerato a novembre.
L’esperienza di Ivan Juric sulla panchina bergamasca è già arrivata al capolinea. Ora, sarebbe fin troppo semplice prendersela con lui, ricordare le agghiaccianti statistiche messe insieme tra Roma (l’anno scorso) ed Atalanta. Come sparare sulla croce rossa. Il tecnico croato è stato anche sfortunato, perché prima di sbracare in casa col Sassuolo (la disfatta che forse ha convinto la società a cambiare), la squadra a tratti aveva espresso anche un buon gioco, pareggiando tante gare che avrebbe meritato di vincere.
E magari con qualche risultato in più la storia sarebbe potuta essere diversa. Ma la verità è che non è mai un caso se un allenatore le partite le vince, e un altro no. E se alla lunga si ripresentano sempre gli stessi problemi, le stesse litigate plateali, la stessa gestione dello spogliatoio poco serena già vista altrove.
Quando finisce un ciclo, le rifondazioni sono sempre complicate, a maggior ragione per l’Atalanta, per cui l’addio del Gasp ha rappresentato davvero la fine di un’epoca: nove anni coincisi col momento più alto della storia del club, grazie a una simbiosi totale tra società e allenatore quasi impossibile da replicare.
In questo caso l’errore non è Juric in sé, ma l’idea di Juric. Pensare che per raccogliere la pesante eredità di Gasperini, potesse bastare la brutta copia di Gasperini. L’allievo che del maestro ha tutti i difetti caratteriali (e non sono pochi) ma evidentemente non gli stessi pregi tattici. È stata una scelta pigra, conservatrice, più per paura di cambiare che per convinzione. E per questo perdente. A ben vedere, non è nemmeno la prima che prende la società in questo senso.
Lo storico trionfo in Europa League fece, giustamente, parlare di capolavoro. Da allora, però, è come se la società si fosse un po’ seduta, imborghesita. Gli ultimi mercati non sono stati all’altezza dell’Atalanta e del suo modello che prevedeva di scovare talenti sconosciuti in giro per il mondo e valorizzarli in un sistema perfetto.
Bellanova, Maldini, Musah, Krstovic, Zalewski: la dirigenza (che dal 2022 ha perso Sartori, forse non è un caso) ha smesso di cercare, e si è rifugiata troppo spesso nell’usato sicuro (?) del campionato italiano. Spendendo tanti soldi e rimediando spesso delle sòle clamorose. Come una big di Serie A qualsiasi.
Così si arriva all’esonero di Juric, e al prossimo passo, l’ingaggio di Palladino. Che non sarebbe propriamente quella sterzata rivoluzionaria di cui ha bisogno l’ambiente, ma è anche vero che oggi il mercato non offre grandi alternative e andare a pescare dall’estero sarebbe un azzardo eccessivo. Il rischio che la stagione sia ormai compromessa è concreto. Senza Juric, con Palladino o chiunque altro, l’Atalanta in futuro dovrà pensare soprattutto a ritrovare il suo spirito, per ritornare sé stessa.
fonte ilfattoquotidiano.it