05/03/2022 | 07.27
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Ottavio Bianchi, il bresciano che ha a cuore Bergamo e l’Atalanta

L'Atalanta tra storia e Napoli

Bianchi parla anche della Dea in Champions: «Ho fiducia», dice

Non è facile trovare un bresciano che abbia a cuore Bergamo e l’Atalanta. Anzi, la storica rivalità tra le due tifoserie è così radicata che scovarne uno è pressoché impossibile. Ma un’eccezione c’è e porta il nome di Ottavio Bianchi: nato il 6 ottobre del 1943 a Brescia, cresciuto nelle giovanili biancazzurre, dopo 97 presenze in prima squadra e cinque anni a Napoli, imbocca viale Giulio Cesare per indossare la maglia dell’Atalanta. Dal 1971 al 1973 gioca 55 partite e fa esultare 6 volte i bergamaschi. Si trova così bene che sceglie di tornarci 10 anni dopo nei panni di allenatore: è lui, insieme a bomber Lino Mutti, a riportare la Dea nella serie cadetta dopo l’infausto anno in C.





E se non sopporta il campanilismo tra due città confinanti Capitale della Cultura 2023 («Almeno sotto il profilo culturale, sapremo convivere da persone intelligenti, parliamo lo stesso dialetto»), gli basta spostare l’attenzione sulla prossima avversaria della Dea (sabato alle 18 all’Olimpico) per sorridere: Bianchi ha allenato la Roma tra il 1990 e il 1992, vincendo la Coppa Italia nel 1991. Chi tiferà? Non lo dice, ma ha un desiderio: «Spero di non annoiarmi».





L’Atalanta arriva al match con la Roma dopo due belle vittorie, si è ritrovata?
«L’Atalanta ha avuto una flessione abbastanza netta fino a poco tempo fa, strano perché poteva essere in lizza per vincere lo Scudetto. Purtroppo sono arrivati risultati negativi, in casa, con squadre sotto il suo livello, ma le due vittorie hanno riportato, oltre al risultato, anche la gamba, il ritmo e il gioco molto dispendioso. L’allenatore è stato bravo a usare i cinque cambi. Peccato perché è un campionato anomalo, lo potevano vincere tutti con questa pandemia. Certo è che se per una cosa o per un’altra non hai a disposizione l’organico completo, o devi giocare più partite in una settimana, paghi lo scotto. Anche in Europa nessuna squadra regge le tre gare settimanali».





La Roma invece sta vivendo una stagione al di sotto delle aspettative …
«Io nutro grande ammirazione per Mourinho perché se ci fosse stato un altro nelle sue condizioni...invece lui è rimasto intoccabile, vuol dire che è molto bravo sia sul campo che nei rapporti mediatici. Però per la Roma è un anno di grandissima difficoltà».





Al momento ballano 3 punti tra le due squadre, c’è una favorita?
«No, entrambe hanno dei problemi con giocatori importanti recuperati all’ultimo che non possono rendere al massimo. Adesso la Dea ha ripreso la sua corsa anche senza attaccanti però con tutto il rispetto ha giocato con Olympiacos e Samp, dare un giudizio troppo positivo sarebbe superficiale. Giocare a Roma non sarà facile, hanno un organico di primo livello, sono due squadre motivate, l’Atalanta deve mirare la Champions, la Roma non farsi risucchiare e andare avanti in Conference perché alla fine devono tirare i consuntivi e se già si parla di giocatori che andranno via non è un buon segno».





Quante possibilità ci sono per l’Atalanta di qualificarsi in Champions?
«Io ho estrema fiducia, con Percassi e Gasperini sono anni eccezionali, non mollano mai, gli alti e bassi ci sono ma penso che abbia tutte le carte in regola, se recupera anche Muriel prevedo un rush finale molto interessante».





Agli ottavi di finale ha pescato il Leverkusen, uno dei nemici più ostici…
«Non è il Bayern ma il Bayer, è vero che i tedeschi non mollano mai, ma io non la ritengo una cosa impossibile che la Dea passi, quando va fuori a giocare ha una sua identità chiara, per me sono più preoccupati quelli del Bayer».





E adesso che la Dea è anche americana, quale futuro si prospetta?  «Gli investitori stranieri hanno lasciato il campionato italiano per ultimo, che abbiano trattato l’Atalanta come buon investimento è positivo, reputano la squadra di prima fascia, fa parte del business internazionale. Percassi è un imprenditore oculatissimo, c’è sicuramente qualcosa di positivo».





Che ricordi ha dei suoi anni a Bergamo?





«Sono stato molto legato ad Achille Bortolotti e Miro Radici, una società già con una mentalità imprenditoriale, e mi è rimasto l’amore e la passione che la gente di Bergamo ha per la squadra, solo a Napoli ho rivisto lo stesso calore. Poi a Bergamo è nato mio figlio, vivo a Bergamo da più di cinquant’anni. Roma-Atalanta la guarderò ma dopo mezzora già capisco se mi interessa o meno, il risultato lo posso vedere anche alla fine, vedo se mi danno qualcosa, ma ultimamente tante mi annoiano».






fonte bergamo.corriere.it


 
By marcodalmen
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