Panzer nerazzurro
Questo articolo comparira' sulla rivista cartacea "Nerazzurro" in distribuzione domenica prossima allo stadio. Per gentile concessione dell'editore
Sul derby della Ruhr non esiste alcun dubbio: Robin preferisce la curva opposta al cosiddetto “muro giallo”,
quella biancoceleste dello Schalke 04. L’esterno sinistro, di padre olandese, è nato e vissuto a pochi chilometri da Gelsenkirchen, la città che da 115 anni ospita la squadra dei Die Knappen, i minatori.
Mezzala sinistra, esterno mancino di centrocampo fino ad indietreggiare sulla linea difensiva della stessa corsia, una trasformazione di impiego tattico che finisce per arricchire questo giocatore poliedrico perfettamente integrato nel modulo Gasperini. Un granatiere che, però, curiosamente, non si è formato in Patria, ma nella vicina ed “ostile” Olanda: la trafila nelle giovanili del Vitesse, poi nell’Heerenveen dove debutta nella massima serie ed infine nell’Heracles, società minore in un territorio dominato dal Twente. Robin, nella gelida steppa Ucraina ha siglato il terzo centro, quello della sicurezza e della gioia assoluta. Il gol che scaccia qualsiasi paura, i timori che “quelli là” ti riprendano per uno strano gioco del destino. Wotan stavolta non l’ha permesso e gli Dei germanici hanno sostenuto questo loro figlio, dalla corazza nerazzurra (made in Dalmine, però, mica Krupp), nella titanica lotta di Kharkiv.
Schalke nel cuore. “Gosens è una furia, fa dei gol, ha delle potenzialità, cade in errori di passaggio e di controllo. È un ragazzo sveglio, deve assolutamente alzare il suo range, il suo livello”. Così il buon Gasp, il quale ama e plasma i suoi lanzichenecchi, soprattutto quelli duttili che non si risparmiano e si adattano a più ruoli e/o incombenze tattiche. Ormai alla terza stagione sotto le insegne orobiche, Gosens ha firmato un contratto di quattro anni e, gioco forza, nei prossimi mesi società e procuratore, con la supervisione del Gasp, dovranno sedersi ad un tavolo per valutare il futuro. “L’Atalanta sa che il mio sogno è quello di giocare in Bundesliga. Vorrei un giorno poter andare allo Schalke 04, in modo da avvicinarmi anche alla mia famiglia - raccontava questa estate Robin - Sono cresciuto a 50 km da Gelsenkirchen e là ho ancora tanti amici. Se l’Atalanta però non vuole cedermi, io resto volentieri”.
Il richiamo delle origini è molto forte e se poi sul piatto ti arriva pure un’offerta importante (un milione di contratto, dicono i saputelli) dalla tua squadra del cuore, diventa tutto più difficile. Certo, Bergamo potrebbe rappresentare un ottimo trampolino di lancio anche verso quella nazionale tedesca che fino ad oggi ha visto solo in televisione e, grazie anche alla prestigiosa vetrina della Champions, potrebbero aprirsi nuove possibilità e chissà che Low non lo convochi per i prossimi europei. Per la cronaca, rumors di interessamenti più o meno decisi - la notizia è apparsa sul Corriere dello Sport - pare siano arrivati pure dalla Juventus… per un passaggio, addirittura, già a gennaio. Gasp permettendo…
Duttile. Il tedesco, classe 1994, è il classico terzino di spinta, intelligenza tattica e piedi discretamente buoni. L’impatto con il calcio italiano non è stato particolarmente difficile anche se, come ammette lo stesso Robin, calarsi nella nuova realtà e comunicare con i compagni ha necessitato di un po’ di tempo: “Difficoltà d’ambientamento? Abbastanza all’inizio, per la lingua e soprattutto per il modulo e un calcio che non conoscevo, davvero molto tattico quello italiano - raccontava Gossens dopo i primi mesi a Bergamo - In Olanda non avevo mai giocato con la difesa a quattro, si privilegia la tecnica ma non la parte fisica, ma nonostante ciò mi trovo bene. Inoltre in Olanda non c’è l’attenzione per la tattica che hanno gli allenatori in Italia”. Sulle corsie esterne si macinano chilometri, un dispendio di energie notevole al quale occorre sommare doti tecniche e tattiche oramai indispensabili nel calcio totale di Gasperini: “Devo lavorare soprattutto sugli inserimenti - spiega Gosens - a me piace molto andare all’attacco, però devo stare anche attento al mio avversario e quindi devo coprire bene la fascia”.
Die Knappen. Alla vigilia del suo derby personale con il Borussia nel febbraio del 2018, l’Eco di Bergamo dedicò una bella intervista a Robin, quasi a caricarlo in vista di una partita assai delicata. In quell’occasione l’amore per i “minatori” viene pubblicamente esternato: “Ho sempre tifato Schalke: per me è un derby, una partita ancora più speciale. Il Borussia? Una squadra ben organizzata. E poi quello stadio impressionante, sempre pieno con ottantamila persone”. I calciatori dello Schalke negli anni Venti furono soprannominati Die Knappen, che in tedesco antico significa “I Minatori”, proprio perché la squadra e la tifoseria erano composte in gran parte da gente che lavorava nelle miniere di carbone. Oggi da quelle parti, dopo le ripetute crisi economiche che hanno ridimensionato l’industria pesante, si è pensato bene di riconvertire le strutture in centri direzionali e servizi (energia solare in particolare). Minatori in senso stretto pochi, tifosi dello Schalke sempre moltissimi. Robin, uno di loro.