24/11/2016 | 20.00
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Parla Donadoni

dal cartaceo odierno della Gazzetta.

C’ era un prato rasato quando sipoteva, porte adattate in qual­che modo. Era il calcio degli anni Settanta negli oratori, ma Roberto Donadoni non è tipo da lasciarsi andare alla nostalgia.

«Era diverso tut­to il mondo, era diversa la vita. Io adesso sto bene dove sto».

Partito dalla provincia berga­masca, da giocatore ha fre­quentato Stati Uniti e Arabia Saudita, non soltanto il Milan dei trionfi. Da allenatore ha la­vorato in Nazionale perdendo ai rigori con la Spagna che poi avrebbe dominato il mondo. Dopo è arrivata una lunga tra­fila di squadre di provincia, magari anche prese in corsa come il Bologna che ancora al­lena, partendo in questa sta­gione dall’inizio, con program­mi e idee.

«E’ una realtà in cre­scita, stiamo cercando la no­stra dimensione». Si parla sempre di progetti nel calcio, ma non si sa se la parola abbia un peso.

«Non molto, se perdi tre partite il progetto non esiste. Progetto è una parola infla­zionata, però con questa pro­prietà ha più senso. Sono nor­damericani e hanno anche ra­dici forti in Ita­lia».

Joey Saputo che tipo è?

«Affabile, davve­ro una persona perbene. Ri­spetta i ruoli e questo per me è un dato fondamentale». Al Parma i ruoli sono saltati con un esonero in massa.

Se lo aspettava dopo la favola costruita da lei, dai suoi collaboratori,dalla squadra e da tutto l’ambiente?

«Onestamente sono perplesso,non credevo che potesse finire così, ma da fuori faccio fatica agiudicare».

Domenica il suo Bologna incontra la sua Atalanta. Non è la prima volta che capita, ma è strano incontrare un’Atalanta così in alto in classifica.

«E’ stimolante. Qualche me­se fa sembrava che dovesse succedere la rivoluzione,invece Gasperini è rimasto giustamente al suo posto e la squadra adesso è in alto. Da bergamasco sono con­tento e da avversario sono curioso. L’Atalanta è partita più o meno alla pari con noi,sulla carta, e ora ha una classifica favolosa. Perciò voglio vedere che cosa suc­cederà domenica».

Le pesa l’etichetta di allenatore da provincia? Anche Gasperini è considerato valido soltanto incerti ambienti e a differenza di Gasperini, che ha guidato brevemente l’Inter, lei non ha mai avuto la chance di allenare un grande club.

«Non è giusto etichettare le persone così. Se Gasperini avesse fallito all’Inter,alla Roma, alla Juventus capi­rei, ma così è as­surdo. Ed è as­surdo valutare me per le chance che non ho avu­to».

Dicono che non abbia il fisico del ruolo: poco mediatico per le grandi squadre.

«Aria fritta».

Ma lei ride qualche volta?

«Certo che rido, che vi­ta sarebbe senza ride­re? Però rido quando è giusto e do confi­denza soltanto dopo aver conosciuto bene le persone».

Si parla sempre di lei e del Milan, poi l’occasione non arriva mai.

«Allenare il Milan non è un obiettivo. Sarebbe una soddi­sfazione per me, ma non esi­ste soltanto quello. E co­munque al momento l’obiettivo sarebbe più fuo­ri che dentro l’Italia, fer­mo restando il fatto che il Bologna è la priorità. Ci sono passi importanti da fare, come la costruzione di un centro sportivo: è il segnale della serietà dei piani di Saputo, il segno di grandi ambizioni. Qui si sta portando avanti davvero un progetto, parola abusata nel calcio italia­no».

E’ vero che ha rifiutato di andare all’estero per non mollare il suo staff?

«Sì e non ci vedo niente di stra­no. Un allenatore esiste anche in ragione delle persone che la­vorano con lui. Il mio staff mi dà certezze, sicurezze. Mi com­pleto con loro. Guadagnare soldi escludendo loro non mi piacerebbe, anche perché i sol­di in quanto tali non sono una mia priorità. Non vorrei appa­rire antipatico, ma non ho bi­sogno di questo e posso sce­gliere».

Una condizione fortunata. Fortunato il Bologna ad avere Destro?

«Destro sta co­minciando a ca­pire tante cose,la sua autostima sta aumentando. A volte sembra ancora che non creda di poter rag­giungere certi livel­li, ma sta cambian­do».

L’Atalanta è piena di giovani scelti anche dal c.t. Ventura per la Nazionale. Situazione invidiabile?

«Per me la Nazionale non è un rimpianto. Quando l’ho lasciata se non mi sbaglio era al secondo posto nelranking mondiale. Il resto sono chiac­chiere».

Ventura sta chiamando tanti giovani.

«E’ una scelta intelli­gente, senza giovani da far cre­scere le squadre faticano. Si migliora facendo maturare i giovani, ma troppo spesso in Nazionale e altrove ci si scon­tra con la realtà e con gente che concepisce il calcio in ma­niera egoistica».

Lei ha preso spesso squadre in corsa. Il suo segreto per risollevarle?

«Il buonsenso, che è quello che applico anche a Bologna. E la voglia di crescere sempre. Ri­peto, siamo ancora alla ricerca della nostra dimensione ma in questo momento non ci ponia­mo obiettivi particolari».

Donadoni, davvero le piace laprovincia?

«Ci sono nato e mi calo bene inquesta realtà. Anche se ai mieitempi era tutto diverso, si cre­sceva in strada e si stava a con­tatto con la gente. Eravamo meno tecnologici ma sapeva­mo comunicare. La mia genera­zione era migliore e combatte­va di più»

 

By staff
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