15/04/2017 | 12.00
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Pasticcio Pasquale (sulla conferenza stampa di ieri)

Premetto che noi non eravamo presenti e che quindi non possiamo giudicare, ma nulla ci vieta di commentare una situazione inusuale.
Per carità, non è successo nulla di anomalo. Quanto accaduto venerdì all’ora di pranzo nella sala stampa di Zingonia, pur non essendo bello, ci sta e fa parte del gioco.
Se da una parte trovi un mister dal carattere un poco fumantino e dall’altra un giornalista che pare ami fare della polemica del bastincontrarismo (non so se questo termine esiste, ma penso renda l’idea) il suo marchio di fabbrica, ecco servito il pasticcio pasquale.
Chi ha sbagliato? Di chi è la colpa?
Non sta a noi, soprattutto perché non presenti ed esterni alla vicenda, dare una risposta. Ogni lettore ha già tratto le proprie conclusioni.
Però, quello che stride in questa faccenda è la repentina presa di posizione del presidente dell’Associazione Lombarda Giornalisti.
Si scaglia contro Gasperini, che a nostro avviso poteva gestire meglio la situazione, già pochi minuti dopo il fatto.
Come noi, anche lui non era presente, ma si è sentito autorizzato ad intervenire dall’alto del suo pulpito senza presumibilmente aver sentito entrambe le parti. Probabilmente nemmeno quella che lui difende a spada tratta.
Dice: “Nessuno, tanto più un personaggio pubblico come un allenatore di una squadra di calcio di Serie A, può scegliere i giornalisti degni di partecipare ad una conferenza stampa.”
Sbagliatissimo! Il giornalista NON è un intoccabile. E’ un lavoratore come qualsiasi altro.
Smettiamola di sbandierare il diritto d’informazione come un lasciapassare per qualsiasi paradiso. Questo dovrebbe essere come il voto d’obbedienza di un religioso, più che come l'Anello del Potere di Lanterna Verde.
Se un rappresentante di utensili sta antipatico al titolare di un’officina, non entra e basta. Perché invece un giornalista antipatico, a quanto pare anche recidivo, dovrebbe invece godere di sorte differente? Sono entrambi lavoratori. Hanno entrambi a che fare con il loro cliente.
Se si sono fatti voler male, forse qualche colpa la vantano. E il loro dovere è quello di risolvere la situazione. Perché il rappresentante, probabilmente, riceverà il cazziatone dal suo direttore, mentre il giornalista viene santificato dalla sua professione celestiale?
Il buon presidente in questione non mi pare sia intervenuto il 26 dicembre del 2014, quando Antonio Conte, allora allenatore della juve (scusatemi il minuscolo, ma non mi riesce di fare altrimenti) rispose come segue ad un giornalista che lo aveva più volte punzecchiato: «Lei deve fare il giornalista, non il tifoso. Mi rifiuto di parlare con lei. In curva deve andare» e poi se ne andò lasciando la conferenza stampa. Forse perché prendersela con Conte e la vecchia megera non era “salutare”?
Poi, sempre il suddetto presidente, si è messo l’aureola, la veste di Kaifa, ha impugnato il vincastro, ha riempito i polmoni ed ha sentenziato: “È il diritto all'informazione che ha la prevalenza su qualsiasi fatto, problema o antipatia personale con qualsiasi giornalista”.
Provo a suggerire a questa persona le seguenti domande.
Mai pensato, anche solo per un attimo, che questa frase avrebbe dovuto rivolgerla, se non altro, anche al suo protetto?
Non è che il primo a fregarsene del diritto d’informazione sia stato proprio il giornalista, ovvero colui che di questo diritto dovrebbe esserne paladino?
Spieghiamo perché pensiamo che il presidente dei giornalisti dovrebbe riflettere.
Se il giornalista in questione, una volta invitato ad allontanarsi, avesse per un attimo pensato al diritto d’informazione, che pare sia sacro più del diritto di pensiero, avrebbe pensato alla ventina di suoi colleghi che erano lì con lui e che, a differenza sua, non avevano avuto modo di offendere Gasperini.
Qualora se ne fosse andato, la conferenza stampa si sarebbe tenuta e il diritto d’informazione sarebbe stato garantito.
Invece no. L’egocentrismo è stato messo davanti al diritto di informazione. Ma questo si fatica ad ammetterlo, se il peccatore in questione è un giornalista.
Meglio fare il capriccioso. Sfoderare il lasciapassare divino, lo scudo di Captain America, l’anello del potere di Lanterna Verde e vedere come va a finire.
Ultima domanda al presidente dell’associazione giornalisti.
Mai pensato, anche solo per un attimo, perché un professionista navigato sia arrivato ad una decisione così drastica e rischiosa?
Mai pensato che il giornalista possa averla fatta fuori dal vaso?
O forse i giornalisti possono farla fuori dal vaso, tanto c’è “il diritto d’informazione” a ripulire tutto. Anche l’anima.
In una situazione in cui hanno perso tutti, in cui hanno torto tutti, troviamo inopportuna la presa di posizione del presidente dell’associazione dei giornalisti lombardi.
Difendere nonostante tutto è una moda tutta italiota, che rimane aggrappata ad un cameratismo fuori tempo.
E la gente è stufa.
Nonostante quello che può pensare il presidente dell’associazione dei giornalisti lombardi, la gente valuta e giudica con la propria testa. Comunque.
E, soprattutto, sa come accedere all’informazione. Selezionando le fonti e senza bisogno di paladini che la difendano.
L’informazione è proprietà di chi ne usufruisce, non di chi la elargisce.


Rodrigo Dìaz

By staff
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