“Io Penzo positivo, perché son vivo, perché son vivo”. Mi perdonerà Jovanotti per questa modifica apportata al suo testo, ma citazione più azzeccata sinceramente non ho trovato nei meandri della mia mente.
La trasferta di Venezia aveva solo un risultato possibile per l’Atalanta: vincere, magari senza nemmeno convincere troppo, perché a una squadra in caduta libera non si può chiedere la luna, ma i tre punti sicuramente valgono come un caffè sorseggiato in piazza San Marco.
Ma il gondoliere Gasp fa di più: sta attento alle insidie della laguna, evita possibili rovesciamenti dell’imbarcazione e porta la Dea su sponde sicure, con ancora all’orizzonte l’Europa.
Certo, la squadra di Zanetti non poteva rappresentare un’onda insormontabile, ma quando si è da troppo tempo a galla, basta poco per essere trascinati giù, soprattutto se a farlo è una squadra da tempo rimasta ancorata al fondo della classifica che cerca di riemergere dalle acque torbide della retrocessione.
L’avversaria peggiore che si possa incontrare però è sempre quella riflessa nello specchio, quello in cui la Dea si è riflessa troppo spesso quest’anno, tra arzigogoli e leziosismi che questa volta hanno lasciato spazio all’umiltà, semplicità ed equilibrio.
Gasperini punta meno sulla qualità e più sulla tattica, riproponendo un Pasalic quasi desaparecido nelle ultime settimane al posto dei vari Boga e Koopmeiners.
Guarda caso, la squadra torna a girare, così come la coppia colombiana che si ritrova, segna e si diverte, come ai vecchi tempi insomma.
La squadra crea, produce, concretizza e torna alla vittoria, ma ricordiamoci sempre che non è tutto oro quel che luccica, perché la vittoria di Venezia dev’essere la prima di altre 5 finali che bisogna vincere per ridare senso a questo finale di stagione, con un Europa ancora da conquistare certo, ma con il giusto spirito e un po’ di fortuna l’obiettivo rimane nitido all’orizzonte.

Albo