Piccoli azionisti dell'Atalanta liquidati, gli americani al 62%
Nella catena societaria a monte del club orobico la cordata di investitori americani detiene il 62% dell’Atalanta e la famiglia Percassi il 38%, singolo azionista principale. Nel board anche un socio di minoranza del Psg
Un riassetto societario che ha permesso da tempo di liquidare i soci di minoranza. Una valorizzazione di circa 30 milioni. Parliamo delle famiglie Radici, del consuocero di Percassi, Angelo, e di suo fratello Maurizio, di Roberto Selini. Parliamo di Marino Lazzarini, della società omonima che si occupa della distribuzione di dolciumi e alimentari, che aveva lo 0,32%. Di Paolo Fratus (co-founder di Paolo Conti & Partners) che deteneva l’1,18%. E dei fratelli Paolo e Baldassarre Agnelli (una realtà industriale che produce pentole professionali) che detenevano lo 0,59%.
La nuova compagine sociale
Una compagine sociale che ora vede due grandi azionisti: un gruppo di investitori americani e in minoranza la famiglia Percassi. Una decisione che consente una maggiore trasparenza nel libro soci e un maggior controllo di gestione senza possibili contenziosi legali anche se i piccoli non avevano rappresentanti nel Consiglio di amministrazione e, di certo, non potevano influire.
L’acquisizione del 100% della controllante
Il riassetto è avvenuto a monte dalla catena societaria. Ha riguardato La Dea H, la controllante dell’Atalanta Calcio, la cui maggioranza dal febbraio 2022 è detenuta dal gruppo di investitori statunitensi guidati da Stephen Pagliuca grazie alle partecipate lussemburghesi 1907 Abc e 2022 Abc. La minoranza, ovvero il restante 38%, appartiene invece alla famiglia Percassi, tramite la cassaforte di famiglia Odissea. Di recente la Dea H la totalità del capitale sociale dell’Atalanta è stata acquistata tramite un secondo aumento di capitale di circa 60 milioni sottoscritto dai due azionisti.
Il prestito obbligazionario usato dagli americani
Gli americani, per completare l’acquisto della maggioranza delle quote, hanno utilizzato due anni fa anche un prestito obbligazionario da 150 milioni con scadenza nel 2027 dal fondo Carlyle. L’esito dell’operazione porta a una variazione nella Dea H: adesso gli americani detengono il 62% dell’Atalanta e la famiglia Percassi il 38%. La famiglia resta il singolo azionista principale. Ha concesso un vendor loan da 20 milioni, per colmare il gap di valutazione che avevano le due parti, cioè un finanziamento che il venditore di una partecipazione (azioni, quote), concede a favore dello stesso acquirente per trovare un accordo sul prezzo.
Nel board dell’Atalanta anche il socio di minoranza del Psg
Nel board è entrato David Justin O’Connor, managing partner di Arctos Partners. Nel Consiglio di amministrazione dell’Atalanta, figura anche Luca Bassi, partner di Bain Capital, che ha costruito l’operazione finanziaria. Il fondo Usa Arctos invece gestisce un patrimonio di 7 miliardi nell’industria sportiva ed è socio di minoranza del Paris Saint-Germain.
Già pianificato un investimento da 20 milioni, tra acquisto dei terreni e lavori, per l’espansione del centro sportivo Zingonia. Anche per realizzare un collegio per giovani calciatori, dunque per potenziare l’Academy che ha reso la squadra un modello in Europa e ancor di più dopo la vittoria in Europa League appena l’anno passato. Nella relazione del bilancio dell’Atalanta al 30 giugno 2024, i conti registrano un utile consolidato di 12 milioni.
La formula del multiclub
La volontà della cordata di investitori americani è il multiclub. Una formula ormai sdoganata in giro per l’Europa dove i punti di riferimento restano il Red Bull e City Group. Due galassie mondiali che, messe insieme, controllano più squadre dell’intera Serie A. Una sfida globale che avrà inevitabilmente come riferimento proprio questi due modelli.
Modelli Red Bull e Manchester City
«Gli investimenti di Red Bull e quelli del gruppo attorno al Manchester City hanno dimostrato i benefici di quel sistema», ha appena detto Pagliuca nel corso di un intervento virtuale al Financial Times Business of Football Summit. «Quello che non puoi è avere club in diretta competizione gli uni con gli altri, quindi dovremo guardare ad altri Paesi, ma penso che sarebbe positivo per l’Atalanta essere il vertice di un sistema di quel tipo». Dunque un passo in avanti rispetto ad altre realtà consolidate negli anni in Italia: la famiglia De Laurentiis con Napoli e Bari, i Friedkin con Everton e Roma o, in passato, Lotito con Lazio e Salernitana.
fonte corriere.it
