Porte chiuse, rinvii e tanto altro: la sensazione è che non ci sia coerenza né strategia
Inter-Ludogorets giocata a porte chiuse giovedì 27 febbraio.
Cinque gare di Serie A rinviate tra il 29 febbraio e il 1° marzo.
Sempre nello stesso fine settimana, la Serie B che scende in campo. Anche nelle zone più a rischio, scegliendo in quattro partite le porte chiuse.
Tifosi del Bologna che quest'oggi erano presenti all'Olimpico per la sfida contro la Lazio.
Tifosi dell'Atalanta che domani dovrebbero fare lo stesso a Lecce.
Juventus-Milan, gara valida per il ritorno delle semifinali di Coppa Italia, che mercoledì dovrebbe giocarsi e anche a porte aperte per i soli residenti in Piemonte.
L'elenco potrebbe proseguire. Ma già questa sequenza di eventi può bastare per capire, o meglio non capire, quale sia la strategia che accomuna queste scelte della Lega Serie A. Detto che la priorità è e deve essere la salute pubblica, che il calcio non è il primo dei problemi, né il secondo né il 20esimo in questo momento di emergenza, è davvero difficile da capire qual è la logica che sottende decisioni tutte diverse tra loro. Prese tenendo conto più degli umori del momento, quelli che cambiano di giorno in giorno, piuttosto che una precisa strategia.
Perché se la logica fosse solo ed esclusivamente la salute pubblica non si capisce perché in Serie A alcune partite non si giocano e in Serie B, nelle stesse Regioni, si scende comunque in campo. Non si capisce perché per tutta la settimana le 'porte chiuse' sono sembrate la strada dolorosa ma necessaria da seguire, ma poi il sabato - a poche ore da Udinese-Fiorentina -, s'è deciso di fare marcia indietro. Una decisione che magari nei prossimi giorni potrebbe nuovamente cambiare (anche se la situazione non dovesse migliorare) perché che si fa? Si rinviano altre partite in un calendario che in alcuni casi potrebbe non avere più margini di manovra? In tutto questo, mercoledì torna la Coppa Italia e da Torino - al momento - arrivano indicazioni su una partita tra Juventus e Milan a porte aperte.
Il problema non è giocare o non giocare. Non può mai essere subordinare le partite di calcio a problemi di salute pubblica. E' che non si intravede alcuna continuità né logica in scelte ravvicinate e tutte diverse tra loro.
fonte tmw.com