Qualcun altro
Europa League, scrivo di questo, ancora.
Perdonatemi, non piu' tardi di ieri sera mi sono rivisto per l'ennesima volta la finale. Io, che non avevo avuto il coraggio di vederla in diretta. Ma so di essere in buona compagnia...
Il tempo e' galantuomo, mette tutte le cose nel giusto ordine, nella giusta prospettiva. I momenti speciali nelle vite di ciascuno sono sempre vissuti in modo estremamente diverso mentre accadono rispetto a quando li si somatizza con il passare dei giorni.
L'Irlanda è il regno delle fate e dei folletti, è un'isola a se' estremamente particolare. Lo si capisce dall'atmosfera, dall'ambiente, dalla sua gente e dalle sue tradizioni.
The "perfect journey", la traiettoria perfetta dell'Atalanta, autrice di una finale da sogno al termine di un torneo da sogno, non poteva che concludersi in quella terra sognante che, come tifosi, non avevamo mai visitato e chissa' quando visiteremo ancora.
C'e' qualcosa di soprannaturale che si insinua nella mente quando si pensa a quanto e' successo. Qualcosa di insolito che si siede accanto a noi e che pretende di non essere considerato tale. Le vittorie schiaccianti, i colpi di fortuna, i segnali del destino.
Quei "3-0" ripetuti come un mantra a ribadire l'eccezionalita', l'anormalita', la distanza estraniante tra il momento e il rapporto tra le forze in campo. I colpi di fortuna, almeno uno a partita, che avrebbero potuto attivare sliding doors pericolose. Ricordo il palo / traversa preso a Liverpool sullo zero a zero, la clamorosa occasione di Aubameyang a Marsiglia, la "ciccata" di Wirtz (credo) in finale. E ce ne sarebbero altre.
I segnali del destino, come l'amico che scorge all'Aviva tra i tifosi presenti, uno che indossa la maglia del Parma 1999, ultima squadra italiana a vincere la coppa.
Sono convinto sia stata la nemesi di tanti anni di fatiche, sapiente organizzazione manageriale e tecnica, pazienza, buon senso, che, pero' non aveva mai portato a niente: finali perse, eliminazioni patite all'ultimo, senza citare le tante retrocessioni. la mera e pura sfortuna. Quante volte, fratelli, quante, ho perso il conto ma purtroppo non le sensazioni vissute.
No, non si e' vinto per intervento ultraterreno, i nostri eroi ed il Mister si sono guadagnati, strameritandosela, la Coppa. Ma e' stato il modo: cosi' perfetto, cosi' immacolato, cosi' netto, irreale. Appunto.
E piu' il tempo ci allontana da quel giorno, il 22 maggio 2024, piu' permane il retrogusto del sogno, dal mercoledi' della finale a quel venerdi' che rimarra' unico nella storia atalantina di Bergamo e della sua gente.
Io non so se i folletti irlandesi staranno ancora parlando della partita mentre sorseggiano il sidro seduti in circolo a minuscoli tavoli. Mi piace pensarlo. E chissa mai che tra loro non ci sia il cugino americano che compare sul logo dei Celtics, in festa anche lui.
Si, abbiamo giocato la partita perfetta contro una squadra autrice di una stagione perfetta. Dite che la perfezione non e' di questo mondo?, ma siamo proprio sicuri che, là a Dublino sotto i cieli d'Irlanda, non ce ne fosse anche un altro a tifare per noi dopo averci aspettato per 61 anni?
Perdonatemi, non piu' tardi di ieri sera mi sono rivisto per l'ennesima volta la finale. Io, che non avevo avuto il coraggio di vederla in diretta. Ma so di essere in buona compagnia...
Il tempo e' galantuomo, mette tutte le cose nel giusto ordine, nella giusta prospettiva. I momenti speciali nelle vite di ciascuno sono sempre vissuti in modo estremamente diverso mentre accadono rispetto a quando li si somatizza con il passare dei giorni.
L'Irlanda è il regno delle fate e dei folletti, è un'isola a se' estremamente particolare. Lo si capisce dall'atmosfera, dall'ambiente, dalla sua gente e dalle sue tradizioni.
The "perfect journey", la traiettoria perfetta dell'Atalanta, autrice di una finale da sogno al termine di un torneo da sogno, non poteva che concludersi in quella terra sognante che, come tifosi, non avevamo mai visitato e chissa' quando visiteremo ancora.
C'e' qualcosa di soprannaturale che si insinua nella mente quando si pensa a quanto e' successo. Qualcosa di insolito che si siede accanto a noi e che pretende di non essere considerato tale. Le vittorie schiaccianti, i colpi di fortuna, i segnali del destino.
Quei "3-0" ripetuti come un mantra a ribadire l'eccezionalita', l'anormalita', la distanza estraniante tra il momento e il rapporto tra le forze in campo. I colpi di fortuna, almeno uno a partita, che avrebbero potuto attivare sliding doors pericolose. Ricordo il palo / traversa preso a Liverpool sullo zero a zero, la clamorosa occasione di Aubameyang a Marsiglia, la "ciccata" di Wirtz (credo) in finale. E ce ne sarebbero altre.
I segnali del destino, come l'amico che scorge all'Aviva tra i tifosi presenti, uno che indossa la maglia del Parma 1999, ultima squadra italiana a vincere la coppa.
Sono convinto sia stata la nemesi di tanti anni di fatiche, sapiente organizzazione manageriale e tecnica, pazienza, buon senso, che, pero' non aveva mai portato a niente: finali perse, eliminazioni patite all'ultimo, senza citare le tante retrocessioni. la mera e pura sfortuna. Quante volte, fratelli, quante, ho perso il conto ma purtroppo non le sensazioni vissute.
No, non si e' vinto per intervento ultraterreno, i nostri eroi ed il Mister si sono guadagnati, strameritandosela, la Coppa. Ma e' stato il modo: cosi' perfetto, cosi' immacolato, cosi' netto, irreale. Appunto.
E piu' il tempo ci allontana da quel giorno, il 22 maggio 2024, piu' permane il retrogusto del sogno, dal mercoledi' della finale a quel venerdi' che rimarra' unico nella storia atalantina di Bergamo e della sua gente.
Io non so se i folletti irlandesi staranno ancora parlando della partita mentre sorseggiano il sidro seduti in circolo a minuscoli tavoli. Mi piace pensarlo. E chissa mai che tra loro non ci sia il cugino americano che compare sul logo dei Celtics, in festa anche lui.
Si, abbiamo giocato la partita perfetta contro una squadra autrice di una stagione perfetta. Dite che la perfezione non e' di questo mondo?, ma siamo proprio sicuri che, là a Dublino sotto i cieli d'Irlanda, non ce ne fosse anche un altro a tifare per noi dopo averci aspettato per 61 anni?
By Calep