Quella famiglia senza cognomi
Il ritmo frenetico delle giornate, non ci da tregua, ognuno coi propri impegni, le proprie esigenze, le proprie passioni che poche volte ci consentono realmente di fermarci.
Quest'anno si è messa anche l'Atalanta a complicare ancor più le cose, in casa o fuori, non si capisce più dove giochiamo, a che ora, quale competizione, quante ore di permesso devo chiedere per fare 40 km in autostrada, forse si fa prima a tornare a Zagabria (a no... c'è la dogana e li non si passa!).
Il ritmo accelera diviene incontrollato, se non avessi una certa età credo che inizierei inutili liti tra automobilisti, per passare dove non si muove nemmeno uno in bici.
Invece no, vivo la situazione con soddisfazione, sempre di corsa ma quasi con orgoglio. Guarda quanti siamo! e ti vengono in mente le trasferte in 70 o 80 e a volte meno se mancava l'entusiasmo.
Ti senti attorniato da tanti che hanno la tua stessa passione, molti che vorrebbero il tuo stesso posto (a, si è vero, ora c'è chi sa leggere il numero sul biglietto e giustamente, o meno, lo rivendica), molti che condividono oltre a quello anche una birra (o altro) pur di stare insieme.
Di questa continua contraddizione, mi sono innamorato decenni fa. Questo insieme disomogeneo del genere umano, che diviene una cosa sola trascinato dalla passione, dalla condivisione, dall'avere gli altri contro e sapere che sarà dura.
Sarà dura sul campo, dove oggi c'è quel tal giocatore, domani ce ne sarà un'altro, ma il cui nome resterà scolpito per sempre nel nostro cuore per aver guardato, come nelle antiche arene, verso il nostro settore ed alzato il pugno in segno di vittoria e tenacia. Qui non si molla, qui si fa la storia!
E' dura, si sa, si cade e ci si rialza e settimana dopo settimana c'è sempre l'occasione per rifarsi.
E' dura, come nella vita, anzi, nella vita lo è di più e le chance sono meno.
Eppure gli eroi che sono dall'altra parte, quelli sugli spalti, quelli che ti sono a fianco 52 giorni all'anno e di cui a volte non ricordi nemmeno il nome, quelli che in settimana incontri per strada, sul lavoro o ai centri commerciali e basta uno sguardo per rievocare la domenica sui gradoni. Quelli che se ti inciampi, non ti lasciano nemmeno toccare il pavimento che ti prendono al volo, quelli che saltano abbracciandoti in un folle rito tribale che ci fa tornare alla genesi.
Voglio dedicare questo pezzo a loro, che nascondono i loro problemi e drammi familiari dietro ad un sorriso, quelli che vengono allo stadio per staccare un po' la spina, per tornare bambini, per un'ora e mezza e magari all'intervallo piangono con la sciarpa avvolta sul viso, per non turbarti, facendo finta di avere il raffreddore.
Come fece anche l'amico di Pescara, che appoggiandosi al nostro muro per commentare una gara, condivise un momento critico della sua storia, una storia che ha poi avuto un lieto fine ( spero che continui sempre meglio) e qui ha trovato la solidarietà, di tutti noi che senza conoscerlo siamo diventati tutti zii della sua piccola.
Una solidarietà spontanea, normale in chiunque, quando si parla di bambini, diventata speciale per il contesto particolare in cui ha preso piede, un'affetto che oggi mi spinge a scrivere per dar forza ad un nostro caro Amico, un grande Tifoso atalantino, uno dei nostri che macina chilometri per riportarvi, senza alcun compenso, il resoconto di una conferenza stampa, o per fornirvi un sempre puntuale parere sul mondo nerazzurro. L'Amico, con la famiglia sta affrontando un delicato momento e sono sicuro che con il supporto di tutti noi, supererà questo ostacolo e tutto andrà per il meglio.
Dedico a lui ed alla sua splendida famiglia, queste poche righe e a tutti quelli che stanno vivendo momenti difficili, perché comunque noi siamo una famiglia, senza un unico cognome, ma che sul citofono abbiamo scritto "Atalanta".
FORZA NON MOLLATE!