22/07/2017 | 08.01
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Remo Freuler: «Sono già pronto per l’Europa»

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Lo svizzero in ritiro a Rovetta: mi spiace per la partenza di Grassi, Orsolini impressiona per la tecnica

Nei giorni dello svizzero che ti aspetti sempre (Roger Federer, ancora eroe di Wimbledon) ecco lo svizzero che non ti aspettavi. Remo Freuler, che con Gasperini era partito in sordina e in panchina appena un anno fa, oggi è adorato dai tifosi dell’Atalanta, che l’hanno accolto al ritiro di Rovetta con cori personalizzati. Un onore riservato agli uomini simbolo. «Mi hanno fatto molto piacere — dice Remo, sereno e riposato dopo quasi un mese di vacanza —. Ho ripreso ad allenarmi, mi sento bene. Sono in forma». Pronto insomma, per affrontare una stagione «più dura della precedente, per via dell’impegno in Europa League. Spero di fare il mio lavoro al meglio. Non sarà facile ripetere l’annata storica appena trascorsa. Ma io ci sono». Per come lo dice — così concentrato, così convinto — bisognerebbe credergli sulla fiducia. Anche perché la fiducia, Freuler già se l’è conquistata sul campo, 29 volte titolare e 5 gol (come Petagna) nello scorso campionato: «Spero di segnarne anche di più. Ma l’importante è fare bene e che l’Atalanta vinca».

Sposta poi l’attenzione sugli altri, i compagni vecchi («sono un po’ triste per la partenza del mio amico Alberto Grassi. Un grande calciatore e una grande persona. Mi auguro possa trovare più spazio») e nuovi («li conosco ancora poco. Ma ho visto allenarsi Riccardo Orsolini. Tecnicamente è fortissimo»). Tra quelli appena arrivati, un rapporto particolare lega Remo Freuler a Nicolas Haas. Entrambi svizzeri ed ex compagni di squadra al Lucerna: «È un bel giocatore, molto giovane. Quando ho lasciato il Lucerna, lui mi ha sostituito e ha fatto bene. Ha buona tecnica e corsa». Poi Freuler aggiunge: «Per Haas sarà tutto più facile. Ci sono io qui. Lo aiuterò anche con la lingua». Che Remo ha imparato, in fretta e bene: «Quando sono arrivato a Bergamo, capivo solo “come stai?”. L’italiano è difficile e la scuola che ho frequentato mi ha aiutato molto. Sono contento di conoscere più lingue».

 Serviranno al bravo studente poliglotta Remo, per un facile approccio con l’Europa (League) e con il resto del mondo. Perché non è mistero che il centrocampista classe ‘92 pensi anche al Mondiale di Russia 2018. Nella fase di qualificazione, la sua Nazionale guida il Gruppo B a punteggio pieno, davanti al Portogallo: «La Svizzera ha una grande occasione e Vladimir Petkovic è un ottimo allenatore».

La chiamata in nazionale elvetica è la diretta conseguenza della sua esplosione in nerazzurro. Entrambi i fattori, fanno di Remo Freuler un appetibile uomo mercato: «Girano tante voci. Ma io penso solo all’Atalanta. Qui mi trovo bene e sono contento di giocare l’Europa League. Rimango». A dimostrazione del suo attaccamento alla squadra, c’è anche la tinta bionda. Tributo alla conquista del quarto posto. Ora i capelli sono «tagliati corti, non si vede quasi più nulla». L’auspicio del giovane svizzero è che a fine stagione possano tornare «a essere biondi. Oppure blu». Bontà sua, Freuler è anche simpatico. Le ragazze impazziscono per i suoi occhi azzurrissimi. La pasta è quella del leader, sia in campo sia nello spogliatoio. L’investitura è arrivata niente meno che da Cristian Raimondi, che riconosce all’ex compagno doti da trascinatore. Remo contraccambia la stima: «Spiace che Cristian abbia smesso di giocare. Ma averlo nello staff tecnico sarà un bene per tutti».

Non sa e non può scegliere tra «Europa e campionato. Giocare due volte a settimana sarà difficile. Impossibile dire cosa farà l’Atalanta quest’anno. L’importante però, è ricominciare bene». Freuler ha tifato Federer, domenica davanti alla TV, nella finale di Wimbledon stravinta dal tennista campionissimo, suo connazionale: «Roger è il nostro konig. In tedesco significa capo, re, condottiero». Per Remo, Roger è un idolo. Stesse iniziali, — R. F. —. Entrambi svizzeri. Tutti e due nati per giocare sull’erba. Qualsiasi altro paragone, per il momento è azzardato. Ma le coincidenze potrebbero non finire qui.

fonte bergamo.corriere.it

By marcodalmen
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