Retegui più forte oggi di ieri (ma meno di domani) - By Paolo Condo'
Un bel pezzo, suggeritoci da molti, dalla prestigiosa firma di Paolo Condo' da corriere.it, sul nostro miglior centravanti
Retegui più forte oggi di ieri (ma meno di domani) - By Paolo Condo'
Una crescita continua, apparentemente senza fine
Una volta, quando Leo Messi era nella lunga fase ascendente della sua carriera, Michel Platini disse che ogni volta che lo vedeva era un po’ più forte della volta precedente. Una crescita continua, apparentemente senza fine. Un concetto che mi è venuto spesso in mente quest’anno osservando Mateo Retegui, perché anche lui sembra aggiungere qualcosa a ogni gara che passa, un movimento, un controllo, soprattutto un modo di concludere.
Il suo piede naturale è il destro, ma la divisione dei suoi 20 in gol in campionato non lo lascia intendere: ne ha segnati 8 di sinistro, 7 di destro e 5 di testa. Difendere su uno così è un problema serio, perché non c’è un lato debole verso il quale indirizzarlo. Dove si volta, ti fa male.
Stasera Retegui porta questi suoi miglioramenti a un altro esame, la prima eliminazione diretta europea della sua carriera, Bruges-Atalanta playoff d’andata di Champions League. Nelle gare del girone ha commesso un paio di errori, il rigore sbagliato con l’Arsenal e la palla-gol mancata nel finale col Real Madrid, e verrebbe da dire meno male perché altrimenti il margine di crescita si sarebbe ristretto troppo. L’Atalanta l’ha acquistato in estate nel giro di poche ore, per ovviare al grave infortunio di Scamacca. Il Genoa ha chiesto 25 milioni e i Percassi li hanno messi sul tavolo subito, tutto il contrario delle sfibranti trattative che durano mesi per ottenere o risparmiare qualche centinaio di migliaia di euro: un blitz del genere nasce ovviamente dalla capacità di spesa, che in questo periodo storico l’Atalanta possiede, e soprattutto da una visione chiara in testa. Gasperini sentiva di poter tirar fuori tanto da quel ragazzone italo-argentino. Forse non così tanto, ma ne aveva capito le potenzialità.
Nipote di due nonni italiani emigrati nella provincia di Buenos Aires, uno dalla Liguria e l’altro dalla Sicilia, Retegui è nato a San Fernando, provincia nord dell’immensa capitale argentina, sopra la San Isidoro del rugby, all’inizio della strada che porta a Rosario. Giocava nel Tigre, la squadra di quella zona, un intrico di canali dove le case di cartone si alternano alle villette, e in una di quelle hanno lasciato morire Maradona. Un po’ più sopra c’è Nordelta, una cittadella chiusa e protetta di residenze da favola dove una volta andai a intervistare Diego Simeone. L’intera geografia di Buenos Aires è un almanacco del calcio. Sono stati bravi Roberto Mancini e la sua rete di osservatori ad arrivare a Retegui nel 2023, prima che ci pensasse la federazione argentina, comprensibilmente impigrita dal fatto di poter contare su Lautaro Martinez e Julian Alvarez. Rileggendo articoli e tweet di due anni fa si ritrovano tracce dello scherno che accompagnò il ratto di Retegui da parte della nazionale azzurra: “Dopo aver mancato la qualificazione a due Mondiali, l’Italia è talmente disperata da rubarci un attaccante che peraltro l’Argentina non avrebbe mai convocato”. Molto vera la prima parte della frase, due anni fa eravamo proprio disperati nella nostra ricerca di uno straccio di centravanti. Molto falsa la seconda: oggi Retegui lo convocherebbero tutte le nazionali del mondo.
