31/05/2017 | 09.32
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Serie A, le pagelle delle venti squadre: sorpresa Atalanta!

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Cala il sipario sul campionato di Serie A 2016-17 e, come da prassi, è tempo di bilanci e di giudizi. Non può mancare il classico appuntamento di fine anno col pagellone delle venti squadre di un torneo che ha regalato emozioni soprattutto nell’ultima giornata. Per il sesto anno di fila lo scudetto è stato cucito sul petto dei giocatori della Juventus, che ora puntano al triplete con la finale di Champions League da disputare il 3 giugno nella notte da sogno di Cardiff contro il Real Madrid.

Le attenzioni dei tifosi si sono concentrate soprattutto sulla lotta al secondo posto tra Roma e Napoli, che ha visto i giallorossi prevalere grazie a un gol al 90’ di Perotti nel giorno dell’addio al calcio di Totti. È stato l’anno degli addii eccellenti, perché, dopo 30 anni, ha abdicato anche Silvio Berlusconi, che ha venduto il suo Milan ai cinesi. E sta per uscire di scena anche il vulcanico Zamparini. L’Italia pallonara ha celebrato la splendida cavalcata dell’Atalanta di Gasperini e dei suoi ragazzi terribili, che hanno chiuso al quarto posto. Da brividi la remuntada salvezza del Crotone, da incubo l’annata dell’Inter.

IL PAGELLONE DELLE VENTI SQUADRE DI SERIE A:

ATALANTA 8,5. Una favola, quella della Dea. Su cui è impressa in calce la firma di Gasperini. Dopo un inizio di torneo da dimenticare, l’allenatore piemontese ha avuto il coraggio di far fuori i senatori per lanciare i talenti della meravigliosa cantera orobica. Sì, perché Zingonia è un vanto del made in Italy, un modello anche per i club di punta del nostro campionato. Conti, Spinazzola, Caldara, Kessie, Petagna e Gagliardini, ceduto a gennaio all’Inter in cambio di una cifra astronomica, hanno incantato il Belpaese. I ragazzi terribili del Gasp hanno avuto nel Papu Gomez uno straordinario leader dentro e fuori dal campo. Il quarto posto e l’Europa sono un premio meritato che va difeso. Percassi continui sulla strada intrapresa senza vendere tutti i suoi gioielli. Sarebbe un vero peccato, uno spreco.

BOLOGNA 4,5. Campionato anonimo. Il post Corvino ha segnato un netto ridimensionamento rispetto alle aspettative dei tifosi che speravano in un percorso di crescita graduale ma costante dopo il ritorno nella massima serie. Invece i felsinei hanno vissuto una stagione anonima e senza obiettivi. L’unica nota lieta è rappresentata da Verdi.

CAGLIARI 6,5. La salvezza non è mai stata in discussione. Merito del presidente Giulini, che ha allestito una rosa all’altezza puntando su giocatori di esperienza. Non sono mancate le imbarcate (76 gol subiti sono troppi), ma la squadra di Rastelli ha saputo anche divertire tanto. La Sardegna ha giovato al 34enne Marco Borriello, protagonista di una delle sue migliori stagioni di sempre (16 reti).

CHIEVO 6+. Una garanzia, Maran. Una certezza, il Chievo. Altro campionato senza sofferenze nonostante il mercato abbia regalato ben poche soddisfazioni all’allenatore trentino.

CROTONE 7,5. L’impossibile è diventato possibile. Con una salvezza conquistata all’ultima giornata dopo che per mesi i pitagorici erano dati per spacciati (avevano chiuso il girone d’andata con 9 punti!). Un plauso alla società per aver sempre risposto fiducia in Nicola. E un 10 all’allenatore per non aver mai mollato. Nella seconda parte di stagione Falcinelli e compagni si sono trasformati in squali riuscendo quasi ad avere un ruolino di marcia da scudetto. La salvezza della matricola calabrese ha del miracoloso. 

EMPOLI 2. In una stagione è stato rovinato quanto di buono fatto negli anni da Sarri e Giampaolo. Via tutti i migliori e squadra costruita senza né capo, né coda con giocatori over 30 stanchi e demotivati. Martusciello meglio da vice che da primo: l’Empoli ha chiuso col peggior attacco del torneo, sprecando il vantaggio che aveva accumulato (per demeriti altrui) sulle ultime tre. Il sorpasso del Crotone negli ultimi 90 minuti è uno psicodramma difficile da cancellare.

FIORENTINA 4. L’errore è stato a monte, quando si è deciso di ripartire con Paulo Sousa, che avrebbe voluto cambiare aria al termine della scorsa stagione. Il tecnico portoghese chiedeva innesti di qualità, ma Corvino, richiamato dai Della Valle, gli ha consegnato una serie di illustri sconosciuti. Fuori dall’Europa, la Viola può trovare l’unico elemento di consolazione negli exploit di Bernardeschi e Chiesa.

GENOA 3,5. Un disastro. Il campionato del Genoa è finito il 27 novembre, dopo il 3-1 alla Juventus che aveva illuso la tifoseria rossoblù. Altro che possibile qualificazione in Europa League: da lì in poi è iniziata la parabola discendente del Grifone che ha rischiato addirittura la retrocessione. L’effetto Juric è svanito troppo presto, anche a causa delle scelte di mercato di gennaio di Preziosi. Ancora peggio ha fatto il patron, quando ha affidato una squadra allo sbando a Mandorlini, poi cacciato per favorire il ritorno di Juric. C’è da scommettere che a luglio il Genoa sarà nuovamente rivoluzionato. Cercasi disperatamente continuità e identità.

INTER 4. La prima stagione targata Suning si è rivelata disastrosa, sebbene la nuova proprietà cinese abbia investito tantissimo. Non basterebbe un libro per riassumere l’annata dei nerazzurri, partita con l’addio di Mancini a pochi giorni dall’avvio del campionato. Inconcepibile la decisione di affidare la squadra a de Boer, catapultato nella realtà del calcio italiano di punto in bianco. Poi Vecchi, il normalizzatore Pioli finito per essere fagocitato dalla pazza Inter e di nuovo Vecchi. I nerazzurri hanno pagato il caos societario sull’asse Milano (Ausilio e Zanetti)-Giacarta (Thohir) e Nanchino (Suning) e scelte di mercato più che discutibili (su tutte i 30 milioni spesi per l’oggetto misterioso Gabigol e i 40 per Joao Mario), frutto dei consigli del super-agente Kia Joorabchian. L’Europa resta un miraggio e non resta che procedere all’ennesima rifondazione già avviata con l’arrivo di Sabatini. Senza chiarezza (di ruoli, soprattutto), però, non si andrà tanto lontano.

JUVENTUS 9,5. Sei scudetti di fila, impresa mai riuscita a nessuno. Terza Coppa Italia consecutiva. E una finale di Champions League da disputare che può valere il triplete e il 10 in pagella. È un dato di fatto: la Vecchia Signora non ha rivali in Italia. Anche a livello societario, come testimoniano gli acquisti di Higuain e Pjanic dalle due rivali Napoli e Roma. A Torino erigano un monumento a favore di Allegri, che, ancora una volta, ha saputo trovare la chiave tattica giusta nel momento decisivo della stagione. Dopo la sconfitta di gennaio a Firenze, il tecnico livornese ha accantonato il 3-5-2 e la BBC per passare al 4-2-3-1 dei Fab-5 (Pjanic, Cuadrado, Mandzukic, Dybala e Higuain insieme dal primo minuto) e la Juve non s’è più fermata. Quella che sembrava una follia tattica per la contemporanea presenza di troppi giocatori offensivi s’è rivelata una mossa geniale nel segno dell’equilibrio e del sacrificio (soprattutto da parte di Cuadrado e Mandzukic). Con l’HD a dettare legge lì davanti.

LAZIO 7. Sarebbe stato un 7,5 se l’aquila non avesse smesso di volare nel finale, regalando il quarto posto all’Atalanta. I meriti dell’ottimo torneo disputato dai biancocelesti, che a lungo hanno anche sperato nel terzo posto, vanno attribuiti soprattutto a Simone Inzaghi, il tecnico che era destinato alla panchina della Salernitana ed è stato riportato a casa dopo il clamoroso dietrofront di Bielsa. Inzaghino ha saputo affrontare nel migliore dei modi la questione Keita, ha rivalutato giocatori in ribasso come Felipe Anderson ed esaltato le qualità realizzative di Immobile.

MILAN 6. Per la Supercoppa Italiana e il sesto posto che vale il ritorno in Europa dalla porta secondaria. Montella ha fatto il possibile con una rosa nel complesso mediocre se paragonata a quelle di qualche tempo fa. Il Diavolo ha pagato i continui ritardi del closing che ha frenato il mercato sia la scorsa estate che nella sessione invernale. L’uscita di scena di Berlusconi dopo 30 anni rappresenta una svolta epocale per il club e il calcio italiano: toccherà ai cinesi di Mr. Li rilanciare un club da troppi anni fuori dal giro che conta.

NAPOLI 8. La stagione dei partenopei potrebbe essere definita un fallimento di successo. Sì, perché l’incantevole squadra di Sarri, che probabilmente esprime il miglior calcio d’Europa, ha battuto tutti i record della sua storia senza, però, vincere nulla. E il terzo posto, che costringerà gli azzurri ad affrontare il preliminare di Champions, sa di beffa. Come giudicare, dunque, l’annata del Napoli? Senza dubbio con un volto alto, altissimo. Perché i campani sono riusciti a metabolizzare l’addio shock di Higuain e a superare anche la sfortuna del grave infortunio di Milik grazie all’intuizione di Sarri che s’è inventato Mertens falso nueve. Altro che falso, il belga ha chiuso la stagione con 28 gol iniziando a segnare da novembre. Non solo, il tecnico è riuscito a trasformare un undici Higuain-centrico in una splendida orchestra del gol: ben quattro giocatori, infatti, sono andati in doppia cifra. Lo strepitoso girone di ritorno degli azzurri testimonia che manca poco per colmare il gap: ora la partita più importante dovrà giocarla la società sul mercato.

PALERMO 2. Zamparini ha lasciato, anzi sta lasciando (nelle prossime ore dovrebbe essere definito il closing con l’ex iena Baccaglini) dando il peggio di sé. Fin dalle prime giornate s’era capito che la rosa non sarebbe stata all’altezza della massima serie e i risultati, purtroppo per l’appassionata tifoseria rosanero, lo hanno confermato.  Inutili i ribaltoni in panchina (Ballardini, De Zerbi, Corini, Diego Lopez e Bortoluzzi): quest’anno in Sicilia sono stati ingaggiati più allenatori che giocatori. L’addio di Zamparini non può che far bene all’ambiente palermitano, purché Baccaglini abbia un futuro da offrire.

PESCARA 1. Spiace per il Delfino, per Oddo e anche per Zeman, che forse non avrebbe dovuto accettare anzitempo l’incarico. Peggio di così non si poteva fare: 18 punti, di cui tre a tavolino contro il Sassuolo, soltanto due vittorie sul campo e ben 81 gol subiti. Gli abruzzesi si sono presentati in Serie A orfani degli eroi della promozione (Lapadula e Torreira) e con una rosa che stenterebbe anche in B. La retrocessione è stata la naturale conseguenza di un disastro annunciato. Nel contesto di uno scenario così nero consentiteci di evidenziare la favola di Coulibaly, diciottenne senegalese arrivato in Italia dal barcone cui il Pescara ha concesso un’opportunità “di vita”. Per questo la società merita molto più di un 10 in pagella. Perché a nessuno andrebbe mai negata una possibilità, anche nel mondo del calcio.

ROMA 8-. Spalletti ha fallito la qualificazione alla fase a gironi di Champions League, in Europa League e in Coppa Italia (quanto brucia l’eliminazione in semifinale per mano della Lazio). In campionato i giallorossi non sono mai stati in lotta per lo scudetto se non nel finale, quando comunque la Juve aveva già in pugno il tricolore. Ciononostante, la Roma ha tenuto botta nonostante i preliminari di Champions, storicamente una iattura per le italiane. Al tecnico toscano il merito di aver fatto rinascere Dzeko, capocannoniere del torno con 27 reti dopo essere stato etichettato come bidone la scorsa annata. Il ritiro di Totti non è stato gestito benissimo dalla società (perché farlo annunciare al nuovo arrivato Monchi e non al giocatore stesso, magari in una conferenza con Pallotta?). Ma le emozioni regalate dall’Olimpico in occasione del Totti day sono impagabili. Uno spettacolo commovente che sancisce la fine di un’era per il calcio italiano. Il 3-2 di Perotti al 90’ che è valso il secondo posto ha reso perfetto il giorno del capitano.

SAMPDORIA 6. Sulle montagne russe. La squadra di Giampaolo, uno che sa come far giocare bene le sue squadre, s’è svegliata troppo tardi, quando ormai non poteva più ambire a nulla. La Samp s’è comunque dimostrata squadra organizzata e di talento. Due i talenti che si sono messi in luce su tutti gli altri: Muriel, finalmente più continuo, e soprattutto Schick, illuminante intuizione di mercato e pezzo pregiato del mercato. Ferrero già si morde le mani per la clausola rescissoria troppo bassa (25 milioni).   

SASSUOLO 5. L’avventura in Europa League, il lungo infortunio della stella Berardi e l’infermeria perennemente in overbooking hanno senza dubbio penalizzato la squadra di Di Francesco, apparso meno brillante rispetto alle scorse stagioni. Ok i giovani di prospettiva, ma ora a questa squadra serve compiere uno step successivo. Squinzi è pronto?

TORINO 5,5. Non è bastato un Belotti fantastico (26 gol) a riportare il Toro in Europa. La prima di Mihajlovic dopo l’era Ventura sembrava poter riservare soddisfazioni maggiori visti gli arrivi dei vari Hart, Ljajic e Iago Falque. Ma a un tridente esplosivo ha fatto da contraltare una difesa fin troppo ballerina, specie fuori casa.

UDINESE 6. Stagione da valutare da Delneri in poi. Il ritorno a casa del tecnico di Aquileia ha salvato un’annata che rischiava di essere molto più complicata del previsto. Certo, i Pozzo, sempre più infatuati della Premier, dovranno decidere cosa fare dell’Udinese: che spreco la Dacia Arena senza una rosa capace di scaldare gli animi dei tifosi. 

fonte ibtimes.com

 

By marcodalmen
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