27/09/2020 | 12.15
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Sessanta - by Giuseppe De Carli

Quando nella vita si raggiunge un traguardo storico ci si ferma a festeggiare, a sottolineare il momento. Da poche ore l’Atalanta ha iniziato a giocare il suo sessantesimo campionato di Serie A ma a Bergamo non c’è tempo per festeggiare, per cullarsi su pensieri che portano indietro nel tempo. Troppo lontani per un passato che è ormai tanto diverso.

Nel 1937 l’Italia dei nostri nonni era molto diversa, e successivamente è passata attraverso una guerra dilaniante, la ricostruzione, la creazione dell’Unione Europea, il boom, crisi economiche e piccole riprese fino al nuovo millennnio che ha visto l’Atalanta inserirsi stabilmente nel massimo campionato. I visi di chi ha vestito questa maglia si perdono ora sbiaditi nel bianco e nero di foto d’epoca ora nei colori sgargianti dove l’elemento dominante è quell’insieme di strisce verticali nere e azzurre.

Dire Atalanta è dire Bergamo, ormai lo sanno anche all’estero e questo è motivo di vanto per una terra che trova nel lavoro e nel sacrificio uno dei cardini del suo progresso. Anche i più tiepidi tifosi o simpatizzanti sono stati coinvolti negli ultimi anni dalle prodezze di una squadra che con il tempo si è trasformata in un gruppo coeso e determinato, pur non rinunciando ad una dose di umanità che si è vista ancora più consolidata negli ultimi mesi condivisi da tutti con un virus senza pietà.

Non c’è tempo per festeggiare, è tempo di partire per una nuova avventura i cui contorni sono solo profilati e sembrano ricordare le mura venete che imperlano una città tutta tesa a scoprire e vibrare per nuove imprese sportive. L’Atalanta è un’entità che entra nella pelle solo di chi ha visto momenti peggiori e vive il futuro con quella consapevolezza che non lascia spazio ai sogni ma ad un concreto realismo dove il sacrificio e l'entusiasmo spesso pagano.

Giuseppe De Carli

L'Atalanta 1937-38, all'esordio in serie A:

1937
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