Spezzatino da alimentazione forzata
A chi piace lo spezzatino? Risposta: alle TV e non ai tifosi
È interessante notare come il calcio, anche nella sua forma più tradizionale, riesca ancora a creare una certa dipendenza da risultato. L'idea di vivere simultaneamente l'emozione delle partite, l'incertezza del gol improvviso, il pathos del minuto finale è affascinante, quasi romantica. Quel ritorno, seppur episodico, al calcio “minuto per minuto”, sa di nostalgia, di un tempo in cui il risultato arrivava come un lampo dentro una radiolina, condiviso in tempo reale da milioni.
Ma i numeri raccontano un’altra storia. Settimana scorsa, ultima di campionato, con le partite in contemporanea, l’audience è risultata dimezzata rispetto ai format spezzettati ormai di default per tutto il resto dell'anno. È un dato che pesa, che non si può ignorare. Il pubblico, oggi, consuma il calcio in modo diverso: cerca l’esclusiva, la narrazione individuale di ogni partita, la possibilità di scegliere quando e cosa guardare, anche piu' partite nel weekend. Il modello dello spezzatino, tanto criticato dai puristi, ha dimostrato di funzionare in termini di attenzione e ritorno economico, ovviamente se visto da chi ci vuole far soldi
Pensare di tornare indietro, all'epoca della contemporaneità assoluta, è dunque antistorico visto che chi guida il calcio non sono certo i tifosi.
Potrà esserci spazio, sì, per una o due giornate speciali l’anno, magari quelle decisive per i verdetti finali, in cui la simultaneità torni a essere evento.
Ma il resto del tempo, la direzione è tracciata: avanti con lo spezzatino, perché è lì che oggi vive – e si misura – il calcio moderno.
