30/01/2020 | 11.30
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Il Tempo non dà resto

A vederlo camminare, da dietro, mi ricordava el Tio.

Ero fermo nel parcheggio del supermercato, aspettando che Charo terminasse il turno di lavoro.

Nella penombra di una sera invernale, fatta di nebbiolina e di profumi pirenaici, ticchettando con le dita sul volante al ritmo di una ballata di Joaquìn Sabina, mi passò fugace davanti agli occhi, persi chissà dove, l’immagine da tergo di Andrea Masiello.

Charo non sapeva che ero lì fuori ad aspettarla.

Voi per i pochi capelli rimasti disperatamente aggrappati alla nuca, vuoi per quell’incedere rurale sul rettangolo di gioco, vuoi per la maniera grezza, ma efficace, di trattare il pallone dopo averlo sradicato all’avversario, Masiello mi ricordava el Tio.

Forse Charo avrebbe tardato un po’. Forse avrebbe fatto una mezz’ora di straordinario. Per racimolare qualche soldo. Pablo e Xavi crescono. E costano. Forse stava finendo di sistemare gli scaffali.

Me lo ricordavo così el Tio, quando mio padre mi portava giù al campo a vedere quella squadra mitica, che ormai non esiste più.

Invecchiato presto, ma una volta sola. Rimasto sempre uguale. Prima un giovane vecchio, poi un vecchio giovane.

Entrate decise. Concentrazione. Passo rustico. Poco spazio all’estetica e molto, moltissimo, alla concretezza. Ed un cuore grande appiccicato sotto la maglia.

Ma anche per Masiello era venuto il momento. Quello di chiudere una porta che non avrebbe mai voluto serrare.
Charo era uscita e s’incamminava verso la fermata del bus. Suonai il clacson.

Mi venne in mente un libro di poche pretese, il cui titolo però mi s’infilò di traverso. Il tempo non dà resto.

“Mi dai un passaggio a casa?”

“No. Ti porto a cena da Antonio.”

“Ma i ragazzi?”

“Sono grandi. Si arrangeranno.”

D’improvviso, le rughe sul suo volto si fecero meno crudeli. Bastava poco per fare felice quella donna sempre in credito con la vita.

Masiello se n’era appena andato dall’Atalanta ed io me lo vedevo davanti, allontanandosi nella penombra. E mi sembrava di vedere el Tio, quando s’incamminava nel bosco con il cane Ernesto, sotto l’ombra dei Pirenei.

“Passiamo almeno da casa. Mi do una rinfrescata.”

“No.”

“Perché?”

“Perché il tempo non dà resto.”

E’ vero, il tempo non dà resto, ma lascia dietro di sé i ricordi. Intenerisce quelli belli ed esorcizza quelli brutti.
Di Masiello ci lascerà molto, così come molto mi ha lasciato di quando andavo a vedere el Tio.

Del Tio mi è rimasto il ricordo della mia gioventù. Dei sorrisi teneri di mio padre. Di un difensore di provincia, che era il mio idolo ed è diventato forse il mio unico amico.

Di Masiello ci rimarrà il ricordo di una storia fatta di rinascita dal baratro. Di una stagione epica. Di una squadra fantastica.

Antonio ci aveva riservato il solito tavolo vicino al camino. Come piaceva a Charo.

L’arroz era meraviglioso, come gli occhi di Charo.

Grandi come la sua felicità malinconica. Come la mia malcelata tristezza, per non essere capace di regalare a quella donna nulla più di quei rari scampoli di felicità.

La guardavo parlare. La sentivo parlare entusiasta dei ragazzi. Con le labbra felici, con gli occhi trasparenti.

La sentivo parlare, ma forse non la ascoltavo. Perso in un labirinto tenue ed intricato.

Poi, d’improvviso zittì.

Mi guardò negli occhi. Mi prese le mani.

Mi fissò attraverso la mia cronica malinconia.

“A cosa stai pensando?”

“Che il tempo non dà resto.”

 


Rodrigo Dìaz

By staff
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