Tornerà mai il libero?
Negli ultimi decenni, di pari passo con l’aumento del ritmo di gioco e la riduzione delle distanze tra i reparti, il ruolo del libero è stato impiegato più raramente, fino alla sua estinzione nei primi anni 2000. Il libero è indissolubilmente associato a sistemi difensivi che prevedono la marcatura a uomo: il progressivo abbandono di quest’ultima in favore della marcatura a zona, favorita poiché consente l’applicazione sistematica del fuorigioco, ha cancellato dal calcio moderno tutti i potenziali emuli dei vari Picchi, Scirea, Beckenbauer.
La marcatura a uomo rigida, in cui ogni difensore segue il proprio uomo in lungo e in largo per tutto il rettangolo verde, è improponibile in un calcio in cui compattezza orizzontale e verticale sono ormai cardini imprescindibili della fase difensiva di ogni squadra. È uno stile che non richiede grande preparazione, se non quella di assegnare ad ogni marcatore un avversario da “curare” per tutti i 90 minuti (escluso il libero, chiamato così proprio per essere libero da marcature e quindi chiamato a chiudere su eventuali avversari rimasti smarcati), e di conseguenza in controtendenza rispetto all’elevata complessità della tattica moderna. Un sistema di questo tipo è poi ovviamente vulnerabile: i giocatori in attacco possono muoversi nel tentativo di aprire spazi o scambiarsi per creare confusione tra i propri marcatori, oppure semplicemente superare l’avversario diretto nell’uno contro uno. È emblematica a tal proposito la frase di Ernst Happel: «Se marchi a uomo, mandi in campo undici asini».
È vero che esistono ancora oggi squadre che marcano a uomo, ma nessuna impiega una marcatura a uomo propriamente detta, ma piuttosto una marcatura a uomo flessibile, che proprio per questo motivo non può prevedere l’impiego del libero. I difensori non seguono un uomo specifico per tutta la partita, ma piuttosto si occupano dell’attaccante a loro più vicino, lasciandolo a un compagno quando, ad esempio, si sposta dal centro alla fascia. Questo tipo di marcatura è più complicato da applicare: richiede una comunicazione costante ed efficace tra i difensori, ma se ben applicata permette di superare i principali problemi della marcatura a uomo rigida. Come si può capire, nemmeno in squadre con la difesa a tre come il Genoa o l’Atalanta di Gasperini, potrebbe esistere un libero, visto che così come nessun giocatore ha un avversario specifico da marcare, nessuno si può considerare “libero” da marcature.
Se quindi il ruolo del libero si può considerare estinto per quanto riguarda la fase difensiva (le sue responsabilità si sono in alcuni casi trasferite sul portiere), non si può negare che in fase offensiva sia palpabile l’eredità del libero. Il numero 6 classico era infatti anche un regista difensivo, incaricato di far ripartire l’azione portando palla fuori dalla difesa. Meccanismi come la salida lavolpiana, o l’impiego del centrale di una difesa a tre come prima fonte di gioco (si pensi a Bonucci), ripropongono in chiave riveduta e corretta i compiti offensivi del libero.
In conclusione, per rispondere alla tua domanda, mi sento di dire che non rivedremo mai un libero vero e proprio calcare i campi da calcio ad alti livelli.
fonte ultimouomo.com