13/12/2025 | 14.00
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Tra due bandiere: Palestra, l'atteso protagonista raccontato da SKY

Atalanta-Cagliari sarà la sua partita, ma il viaggio di Marco Palestra parte da lontano. Le nostre interviste a chi l’ha visto crescere

Prendeva palla, partiva e dribblava tutti“. “Era una spugna, qualsiasi cosa gli spiegassi la imparava subito“.
Chi allenava Marco Palestra da bambino già di avere davanti agli occhi un talento diverso. Perché prima di Atalanta e Cagliari – questo weekend sarà la sua partita – brillava tra Assago e Accademia Internazionale. Ed è proprio da questi due club milanesi che siamo partiti per ripercorrere le origini del “prossimo terzino della nazionale“.
Aveva una velocità diversa” – racconta Luigi Pasqualone, suo primo allenatore all’Assago – “era ambidestro già da piccolo, fuori dal campo educatissimo, rispettoso e solare con gli altri”.

Bravo ragazzo prima ancora che bravo calciatore, come conferma anche Matteo Borgese, suo allenatore all’Accademia Internazionale, prima del passaggio all’Atalanta: “Voleva sempre migliorare, uno di quelli sempre presenti. La famiglia ha fatto la differenza, vivevano il calcio come un divertimento per Marco, non come una priorità esasperata”.
Le corse in campo e i sorrisi fuori: i primi passi di Palestra
Ora sta stupendo tutti in Serie A, ma il pallone ha sempre fatto parte della sua vita. I primi passi, infatti, li ha mossi tra i 5 e i 9 anni sul campo dell’Assago, vicino a casa: “Era un bambino educatissimo, viene da un’ottima famiglia” – ricorda Pasqualone – “Aveva una voglia incredibile e imparava in fretta. Un giorno gli spiego che è ideale fare un certo tipo di finta per uscire dalla pressione dell’avversario dalla linea di fondo. Una sola spiegazione. Assorbe subito: la domenica capita la situazione perfetta e mette in pratica”. E fin dall’inizio è chiaro: “Aveva qualcosa in più degli altri. Ad esempio, una velocità pazzesca. Magari gli facevano un passaggio in profondità e dicevi ‘è lungo, non ci arriva’ invece ci arrivava sempre. L’ho incontrato pochi mesi fa qui dove è nato e non è cambiato di una virgola: umile, educato, rispettoso”.
Genuino come allora: “Quando gli facevi un complimento si gasava tantissimo. Aveva una finta praticamente impossibile per un bambino di 6 anni, una sorta di doppio passo con cui andava sempre via. Si capiva già che aveva le potenzialità per diventare un professionista”. E quindi ecco il promemoria: “Da piccolino non era ancora capace di allacciarsi le scarpe, gliele allacciavo io e gli dicevo: ‘ricordati chi te le allacciava da bambino quando sarai famoso’. E lui… si è ricordato: quando ci siamo rivisti chi abbiamo scherzato. Faccio sempre il tifo per lui: spero che arrivi presto il primo gol e, da milanista, se dovesse segnare al Milan esulterei. Sento anche mia una piccolissima parte dei suoi traguardi: ho provato a trasmettergli l’amore per questo sport. Il suo futuro? può giocare in nazionale per anni, non vedo giocatori più forti nel suo ruolo”.

Palestra (ultimo a sinistra) in una foto di squadra all’Assago
Tra Accademia e Atalanta: tanta pazienza e… un regalo speciale
Dopo l’Assago, prima dell’Atalanta, c’è stata l’Accademia Internazionale, altro club dove Palestra ha creato legami speciali: “Sono rimasto vicino al ragazzo” – racconta Matteo Borgese, suo allenatore al tempo – “ci siamo sentiti tre giorni fa. Ci punzecchiamo sui social, ma non per il calcio: ormai non posso più dirgli niente di calcio”. Ma che giocatore era il Palestra dell’Accademia? “Giocavamo a 7: lui, come oggi, amava gli uno contro uno. E per sfruttarne la falcata dovevamo dargli spazio fronte alla porta, quindi giocava in difesa o in mezzo. All’Atalanta i primi anni non faceva l’esterno ma addirittura anche il trequartista”.
Palestra (ultimo a sinistra in seconda fila) in una foto di squadra con l’Accademia Internazionale
La pazienza è stata la sua virtù: “Ricordo che l’Atalanta aveva due gruppi della sua annata e lui era sceso nel secondo gruppo perché nel primo non giocava. Non era un precoce: lo vedevi in U14 in mezzo a ragazzi molto più grossi di lui. Ma comunque reggeva il livello, perché non era tanto pronto fisicamente ma compensava con tecnica e accelerazione. E infatti poi, quando si è sviluppato, è esploso come calciatore. I suoi genitori intanto dicevano: ‘Finché si diverte lasciamolo giocare, poi ci penseremo’ e hanno spinto perché continuasse a studiare e a pensare anche a una vita fuori dal campo”.
Vedendo com’è andata, questa mentalità ha premiato. A Bergamo hanno creduto in lui, anche se l’Atalanta non era l’unica opzione: “Noi siamo centro di formazione Inter e anche l’Inter lo seguiva. Poi un pomeriggio il papà mi disse dell’Atalanta: si sono mossi con decisione, mi ha fatto piacere che un club del genere gli abbia dato questa opportunità”. Con Borgese, però, nessuna promessa e nessun promemoria: un cimelio Palestra lo aveva già lasciato in anticipo: “Io ho una passione per le calze variopinte. Marco al tempo se ne deve essere accorto e senza dirmi niente a fine anno mi ha regalato un paio di calze che conservo ancora”. Un piccolo gesto a testimoniare i valori del ragazzo, prima ancora che del calciatore. E chissà che quel regalo non possa essere presto un bellissimo ricordo dell’esterno titolare della Nazionale.

gianlucadimarzio.com

By staff
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