Tra passato e futuro
Del passato ci si ricorda sempre, nella vita. Lascia ricordi piacevoli o meno ma sempre presenti nella nostra memoria.
L’Atalanta si appresta ad entrare nel suo 115^ anno di vita, quindi di ricordi è in grado di suscitarne a montagne.
Su quelle montagne (mi piace pensare alle nostre Alpi Orobie) ha effettuato scalate e discese, spesso vertiginose. Soprattutto le discese, nei pantani della Serie B o addirittura nell’infausta ma vincente stagione in C, le ricordano in tanti perché tutte sofferte, tutte vissute con il pathos e con sana consapevolezza.
Vedere i nostri colori in giro per l’Italia in impianti piccoli, modesti o dal passato glorioso ma scoloriti dal tempo non ha minato la passione. Poi i capitoli, sporadici, fuori dai confini nazionali. I primi timidi tentativi nella coppa dell’Europa Centrale (meglio conosciuta come Mitropa Cup), nella Coppa delle Coppe oggi relegata agli archivi ma che tanti ricordano ancora come una splendida cavalcata rappresentata plasticamente dal contropiede di Aldo Cantarutti nella notte di Lisbona.
Le salvezze sofferte, i tanti giovani lanciati, una Coppa Italia vinta quando esisteva solo il bianco e nero che ci rilascia un caldo pomeriggio di giugno del ’63, solo sfiorata nuovamente nonostante i recenti tentativi.
E poi la nostra “casa” che nel tempo si sta trasformando sotto i nostri occhi accogliendo nuove generazioni che stanno crescendo sotto il culto di una Dea bella e vincente.
E poi, il prima ed il dopo di un ciclo che ci ha portato sulle vette inesplorate dell’Europa che conta: non una ma tre volte!
Partite solo immaginate dalla piu’ fervida fantasia si sono materializzate sotto i nostri occhi permettendoci di scalare anche un ranking europeo che fino a dieci anni fa era pura utopia. Averle vissute parzialmente senza la presenza dei tifosi è stata l’ennesima sorpresa di un destino beffardo che ci ha privato di tante emozioni dal vivo.
Poi l’essenza del calcio, ovvero realizzare gol. In questi ultimi anni è diventato qualcosa di concreto e sostanzioso, nonostante non si sia mai stravolto il canovaccio della sportività, neppure con gli avversari piu’ deboli. Una sana consapevolezza di possedere un bagaglio tecnico di assoluto livello, ricordato come un mantra anche negli ultimi Campionati Europei dove molte nazionali si sono ispirate al gioco della Dea.
Il passato è ricordi, è passione, è momenti belli e momenti tristi, nella vita come per chi vede nell’Atalanta una realtà piu’ che centenaria. E' il simbolo di Bergamo, è la squadra della città di Bergamo (recita un cartellone esposto all’uscita dell’autostrada), è vanto ed orgoglio anche quando le cose non vanno bene. Poco importa che si debba vivere in mezzo ad innovazioni tecnologiche, dettami televisivi, denaro che scorre senza senso, giocatori che vanno e che vengono.
Quando salirà il profumo dell’erba del nostro stadio e le luci si accenderanno sulle nostre maglie penseremo solo al futuro. Un futuro pieno di emozioni, perché il cuore, ne sono sicuro, palpiterà. Forse l’unica nota meno bella è il desiderio, a volte fuori dal realizzabile, di vincere sempre. Io la chiamo “sindrome da lotteria di Capodanno”, ovvero di chi vince tanti milioni dopo una vita di povertà: spesso non sa adattarsi alla nuova realtà e non riesce a gustarne le opportunità che la vincita offre. Preferisco vedere il bicchiere pieno a tre quarti (come ci ha offerto la squadra in questi ultimi anni) e pensare che se si vincerà sarà festa, ma il carattere bergamasco ce lo insegna: in caso di sconfitte domani ci tiriamo su’ le maniche e si riprende piu’ forti di prima. Buon anno nuovo! Buona Atalanta!
Giuseppe De Carli
L’Atalanta si appresta ad entrare nel suo 115^ anno di vita, quindi di ricordi è in grado di suscitarne a montagne.
Su quelle montagne (mi piace pensare alle nostre Alpi Orobie) ha effettuato scalate e discese, spesso vertiginose. Soprattutto le discese, nei pantani della Serie B o addirittura nell’infausta ma vincente stagione in C, le ricordano in tanti perché tutte sofferte, tutte vissute con il pathos e con sana consapevolezza.
Vedere i nostri colori in giro per l’Italia in impianti piccoli, modesti o dal passato glorioso ma scoloriti dal tempo non ha minato la passione. Poi i capitoli, sporadici, fuori dai confini nazionali. I primi timidi tentativi nella coppa dell’Europa Centrale (meglio conosciuta come Mitropa Cup), nella Coppa delle Coppe oggi relegata agli archivi ma che tanti ricordano ancora come una splendida cavalcata rappresentata plasticamente dal contropiede di Aldo Cantarutti nella notte di Lisbona.
Le salvezze sofferte, i tanti giovani lanciati, una Coppa Italia vinta quando esisteva solo il bianco e nero che ci rilascia un caldo pomeriggio di giugno del ’63, solo sfiorata nuovamente nonostante i recenti tentativi.
E poi la nostra “casa” che nel tempo si sta trasformando sotto i nostri occhi accogliendo nuove generazioni che stanno crescendo sotto il culto di una Dea bella e vincente.
E poi, il prima ed il dopo di un ciclo che ci ha portato sulle vette inesplorate dell’Europa che conta: non una ma tre volte!
Partite solo immaginate dalla piu’ fervida fantasia si sono materializzate sotto i nostri occhi permettendoci di scalare anche un ranking europeo che fino a dieci anni fa era pura utopia. Averle vissute parzialmente senza la presenza dei tifosi è stata l’ennesima sorpresa di un destino beffardo che ci ha privato di tante emozioni dal vivo.
Poi l’essenza del calcio, ovvero realizzare gol. In questi ultimi anni è diventato qualcosa di concreto e sostanzioso, nonostante non si sia mai stravolto il canovaccio della sportività, neppure con gli avversari piu’ deboli. Una sana consapevolezza di possedere un bagaglio tecnico di assoluto livello, ricordato come un mantra anche negli ultimi Campionati Europei dove molte nazionali si sono ispirate al gioco della Dea.
Il passato è ricordi, è passione, è momenti belli e momenti tristi, nella vita come per chi vede nell’Atalanta una realtà piu’ che centenaria. E' il simbolo di Bergamo, è la squadra della città di Bergamo (recita un cartellone esposto all’uscita dell’autostrada), è vanto ed orgoglio anche quando le cose non vanno bene. Poco importa che si debba vivere in mezzo ad innovazioni tecnologiche, dettami televisivi, denaro che scorre senza senso, giocatori che vanno e che vengono.
Quando salirà il profumo dell’erba del nostro stadio e le luci si accenderanno sulle nostre maglie penseremo solo al futuro. Un futuro pieno di emozioni, perché il cuore, ne sono sicuro, palpiterà. Forse l’unica nota meno bella è il desiderio, a volte fuori dal realizzabile, di vincere sempre. Io la chiamo “sindrome da lotteria di Capodanno”, ovvero di chi vince tanti milioni dopo una vita di povertà: spesso non sa adattarsi alla nuova realtà e non riesce a gustarne le opportunità che la vincita offre. Preferisco vedere il bicchiere pieno a tre quarti (come ci ha offerto la squadra in questi ultimi anni) e pensare che se si vincerà sarà festa, ma il carattere bergamasco ce lo insegna: in caso di sconfitte domani ci tiriamo su’ le maniche e si riprende piu’ forti di prima. Buon anno nuovo! Buona Atalanta!
Giuseppe De Carli
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