Un analisi del momento dei nostri
Aspettando Liverpool un’Atalanta in campionato con la testa altrove: stanchezza? Pensiero alle coppe o presunzione evitabile?
L’unione fa la forza. Questa è stata la frase che nei primi anni 10 del 900 aveva portato l’Atalanta (bianconera) e la Bergamasca (biancazzurra) a diventare la Dea simbolo del calcio bergamasco e di tutta la città: unendo il tutto in un nerazzurro equilibrato. Ad oggi l’Atalanta, grande realtà del calcio, si è nuovamente separata: da una parte l’azzurro di gare entusiasmanti e formidabili, dall’altra il nero di cadute tanto dolorose quanto fatali, mai una via di mezzo.
Questa Dea è così: o tutto o niente, dove per la prima volta negli ultimi anni è più una questione mentale che di natura tecnica. Certo, non si può sempre vincere (ed è anche il bello del calcio) ed essere su tre competizioni è lecito che qualche energia e punto si perda per strada, ma tra la vittoria e la sconfitta c’è sempre di mezzo una cosa: la maglia sudata.
A Cagliari si è continuato il filo conduttore di ciò che si è visto a Firenze, con la differenza che l’Atalanta poteva fare molto di più: segnare dopo 13 minuti e prendere tutto con presunzione diventa un grave errore (dove solo a Torino si è fatto di peggio). In questi casi la considerazione sorge spontanea: la squadra ha testa a Liverpool perché è il punto più alto della storia della Dea.
Tralasciando che la storia può essere scritta e riscritta, una ciliegia prestigiosa non fa una torta considerando una classifica corta e con la possibilità sì di andare in Champions, ma anche di essere fuori da tutto: di cui per arrivare a certi traguardi servono i punti con le cosiddette piccole. Giusto dare delle priorità, ma al tempo stesso non scendere in campo è inaccettabile per il concetto di “grande squadra”.
Questa Atalanta è capace di tutto stravolgendo la sua situazione: fare un miracolo ad Anfield, così come c’è ancora possibilità di andare in finale di Coppa Italia e si è sempre zona Europa in campionato. Dall’altra parte è la continuità in termini di mentalità a mancare: aspetto che Gasperini, seppur stia costruendo una nuova base con spunti interessanti, al di là delle formazioni, sta facendo fatica a dare, soprattutto quando la squadra accusa non fatica, bensì mancanza di stimoli e concentrazione (ok Liverpool, ma una corsa Champions non è priva di stimoli).
Ora testa a giovedì non proprio nel miglior momento, ma l’Atalanta rimane sempre pari a Homer Simpson: causa e soluzione a tutti suoi problemi, seppur la maglia sudata debba essere una costante che rende anche il risultato negativo più comprensibile.
One football.com
L’unione fa la forza. Questa è stata la frase che nei primi anni 10 del 900 aveva portato l’Atalanta (bianconera) e la Bergamasca (biancazzurra) a diventare la Dea simbolo del calcio bergamasco e di tutta la città: unendo il tutto in un nerazzurro equilibrato. Ad oggi l’Atalanta, grande realtà del calcio, si è nuovamente separata: da una parte l’azzurro di gare entusiasmanti e formidabili, dall’altra il nero di cadute tanto dolorose quanto fatali, mai una via di mezzo.
Questa Dea è così: o tutto o niente, dove per la prima volta negli ultimi anni è più una questione mentale che di natura tecnica. Certo, non si può sempre vincere (ed è anche il bello del calcio) ed essere su tre competizioni è lecito che qualche energia e punto si perda per strada, ma tra la vittoria e la sconfitta c’è sempre di mezzo una cosa: la maglia sudata.
A Cagliari si è continuato il filo conduttore di ciò che si è visto a Firenze, con la differenza che l’Atalanta poteva fare molto di più: segnare dopo 13 minuti e prendere tutto con presunzione diventa un grave errore (dove solo a Torino si è fatto di peggio). In questi casi la considerazione sorge spontanea: la squadra ha testa a Liverpool perché è il punto più alto della storia della Dea.
Tralasciando che la storia può essere scritta e riscritta, una ciliegia prestigiosa non fa una torta considerando una classifica corta e con la possibilità sì di andare in Champions, ma anche di essere fuori da tutto: di cui per arrivare a certi traguardi servono i punti con le cosiddette piccole. Giusto dare delle priorità, ma al tempo stesso non scendere in campo è inaccettabile per il concetto di “grande squadra”.
Questa Atalanta è capace di tutto stravolgendo la sua situazione: fare un miracolo ad Anfield, così come c’è ancora possibilità di andare in finale di Coppa Italia e si è sempre zona Europa in campionato. Dall’altra parte è la continuità in termini di mentalità a mancare: aspetto che Gasperini, seppur stia costruendo una nuova base con spunti interessanti, al di là delle formazioni, sta facendo fatica a dare, soprattutto quando la squadra accusa non fatica, bensì mancanza di stimoli e concentrazione (ok Liverpool, ma una corsa Champions non è priva di stimoli).
Ora testa a giovedì non proprio nel miglior momento, ma l’Atalanta rimane sempre pari a Homer Simpson: causa e soluzione a tutti suoi problemi, seppur la maglia sudata debba essere una costante che rende anche il risultato negativo più comprensibile.
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By staff