Un anno fa, venti anni fa
Poi ci si chiede da dove nasce il nostro spirito di appartenenza e il nostro amore così viscerale per l'Atalanta. Oggi è il primo anniversario di Dublino ma sono anche venti anni esatti dalla retrocessione tra gli applausi. Un ricordo dolce amaro che ci rimarrà sempre nel cuore
Atalanta 2004/2005: una retrocessione "epica"
«Ultimi dall’inizio alla fine, ma rispettati anche fuori dall’Italia». Questa frase, pronunciata da Claudio Galimberti (portavoce della Curva Nord) durante la Festa della Dea del 2005, riassume una stagione difficile per l’Atalanta, conclusa con la retrocessione ma accompagnata dal sostegno costante dei tifosi. Il 22 maggio 2005, la squadra, ultima in classifica per tutta la stagione, scese in Serie B tra gli applausi di uno stadio pieno: un episodio che sintetizza bene il legame tra squadra e tifoseria.
La stagione fu complicata fin dall’inizio. Il club, appena promosso, non aveva risorse sufficienti per rinforzare l’organico. Con Mandorlini in panchina, la squadra ottenne solo 7 punti in 14 partite, senza mai vincere. In parallelo, ci furono frequenti tensioni tra il presidente Ruggeri e i tifosi, fino alle sue dimissioni e al passaggio temporaneo della gestione a Randazzo.
La situazione cambiò parzialmente con l’arrivo di Delio Rossi, subentrato a Mandorlini. Nonostante la classifica compromessa, la squadra migliorò il rendimento nel girone di ritorno, conquistando 24 punti. Makinwa, autore di diversi gol, divenne uno dei protagonisti.
Le vittorie contro Sampdoria, Chievo e Palermo e il gol di Bernardini contro il Messina riaprirono le speranze. A due giornate dalla fine, l’Atalanta era a 4 punti dalla salvezza. Il 22 maggio, l’ultima partita contro la Roma si giocò a Bergamo, davanti a uno stadio pieno.
Nonostante una partita combattuta, fu la rete di Cassano a decidere l’incontro a favore della Roma. L’Atalanta retrocesse. A differenza di quanto sarebbe accaduto in altre città, a Bergamo non ci furono proteste: i tifosi rimasero sugli spalti e applaudirono squadra e allenatore.
Delio Rossi, visibilmente commosso, definì in seguito quel momento come uno dei più significativi della sua carriera.
L’episodio confermò l’identità dell’Atalanta: una squadra che lotta, anche quando il risultato non arriva, con il pieno sostegno del suo pubblico. Già allora stavamo preparando Dublino...
