09/05/2019 | 20.15
0

Un bell'articolo del Messaggero di Roma sull'Atalanta

Fenomeno Atalanta, senza figli del vivaio: il successo di Gasperini non è figlio del caso

L’Atalanta è come il vino: diventa buono invecchiando. Così usciamo anche dal luogo comune che le squadre si formano con i giovani, possibilmente italiani. I giovani, specie quelli italiani, l’Atalanta, l’hanno arricchita, più di quanto già non lo faccia (o lo abbia fatto) il suo presidente, Antonio Percassi, non certo piccolo imprenditore di provincia, ma grande magnate dell’industria italiana e non solo. Il progetto giovani - e con pochi elementi del vivaio, quest’anno l’uomo di spicco dalla Primavera è Barrow - è ricominciato con Gian Piero Gasperini nel 2016, che è passato dal possibile esonero alla candidatura a sindaco ad honerem di Bergamo. L’Atalanta (anche) del ds Gabriele Zamagna non punta (solo) sui baby, non privilegia gli italiani, gioca bene al calcio e lotta per i posti delle big, al posto delle consolidate big. E’ una fase di splendore a Bergamo, come fu per Udine qualche anno fa. Allenatore giusto, struttura societaria di livello, osservatori bravi a prendere calciatori di ogni tipo, sì anche giovani, ma pure gente da rilanciare e i non di primissimo pelo. Spendendo sempre poco, andando poi alla cassa quando si è trattato di rivendere. E si che s’è venduto da quelle parti.

ANTICA GIOVENTÙ
Dell’Atalanta giovane del 2016 non c’è quasi più nessuno. Via Cristante, Kessie, Gagliardini, Caldara, Conti, Spinazzola, Kurtic, Petagna, tanto per fare esempi eclatanti. La forza della squadra di Gasperini è quella di rivitalizzare certi semi attempatelli, che oggi corrono più dei baby. Masiello (33), Gomez (31), Toloi (29), Ilicic (31), Zapata (28), tutta gente che nel tempo ha alzato la media, il rendimento e i risultati della Dea. Soprattutto ha conquistato il gradimento di buona parte del pubblico italiano, non solo quello bergamasco. L’Atalanta del 2016 arriva quarta con 72 punti, quella di oggi ne può fare al massimo 71, ma all’epoca la Champions era solo per le prime tre. L’anno peggiore, quello di mezzo (settimo posto in campionato), ma con la soddisfazione di dare filo da torcere al Dortmund nei sedicesimi di Europa League, che quest’anno invece ha mollato prematuramente. Quasi facendo ipotizzare a una stagione dimessa. Invece, oggi la squadra ancora corre verso la gloria, pensando al quarto posto d’oro e alla finale di Coppa Italia. L’Atalanta non è italiana, ma è assolutamente una multinazionale: di azzurro c’è poco, Mancini, Masiello, Piccoli, Gollini e Varnier. La media età è crescita negli anni, dai 25.11 del 2016 siamo arrivati ai 26.4 di quest’anno, e se consideriamo solo i titolari il dato cresce ancor di più, sfiorando i 28 anni.

OPULENZA E STADIO
A Zingonia, Gasperini ha fuso il suo staff con quello del club l’ ha integrato con Jens Bangsbo, guru della preparazione ai tempi della Juve di Lippi (all’epoca Gasp era nel settore giovanile bianconero). Il segreto, dicono, sia anche quello: l’intensità degli allenamenti e quindi l’intensità nella partita. Lì si allenano e non si rompono, qui a Roma magari si fa in modo di lavorare poco per evitare infortuni ai calciatori. La rivoluzione della logica. Antonio Percassi è il presidente, un ricco arricchito che adesso ha appena messo la prima pietra per il nuovo stadio («stiamo scrivendo una fase epocale della storia dell’Atalanta»), la Gewiss Arena e avrà un costo complessivo di 40 milioni di euro (più o meno i soldi della Champions). Ci sono soldi e arrivano soldi, insomma. Ciò che sta sperando di ottener a Roma Pallotta. Percassi è a capo di un gruppo attivo nell’immobiliare, nella cosmetica, nello sport e nell’alimentare, fattura complessivamente quasi 800 milioni di euro. La capofila del gruppo - riporta uno studio di Milano-Finanza - è la Kiko, azienda che ha superato 600 milioni nel 2016 grazie a più di mille negozi sparsi in 20 Paesi. C’è da aggiungere altro?

 

ilmessaggero.it

By staff
0 commenti