Vista del Papu a 360°. By ReMo
Ora che Gomez è uscito dalla scena nerazzurra bergamasca, ritengo giusto e doveroso ripassarne percorsi, significati ed atteggiamenti, che, difficilmente potremo dimenticare.
In effetti il giocatore nasce e cresce a Bergamo, dopo un buon passaggio a Catania, obnubilato dall’esperienza negativa ucraina, allora teatro di guerra.
Lo salva l’ingaggio atalantino, dove posteriormente ad un periodo di semi anonimato, esplode con l’arrivo di Gasperini, suo mentore e creatore.
Rammentare le sue prodezze sul campo, l’ispirazione di talune giocate e l’entusiasmo dei goals da lui messi a segno, lascerà a lungo sensazioni positive immarcescibili per tutti noi.
Il folletto argentino ha dato l’immagine di una squadra incontenibile e propositiva che ha lanciato l‘Atalanta nelle alte vette della classifica portandola, per due stagioni consecutive in Europa.
La celebrazione delle sue gesta calcistiche resta fissata, oltre alla memoria individuale, alle molte immagini fotografiche e filmate che racconteranno nel tempo, le gesta più eclatanti della squadra bergamasca e del suo leader.
Da noi il capitano è divenuto icona del calcio ed incarnazione del miracolo calcistico che ha fatto di lui il personaggio più amato dalla tifoseria, possibile bandiera perenne del nostro calcio migliore.
Ora che il drappo è stato ammainato, credo sia opportuno visualizzare l’ immagine virtuale della statua che, nei momenti di massima euforia, si era auspicato di dedicargli e collocare sul Sentierone a futura memoria. Questo non per riconfigurare un passato ormai decotto, ma per consentire piena disamina di ogni dettaglio, possibile solo visualizzandolo a trecentosessanta gradi, che deve essere esaustiva di luci ed ombre.
Perchè tutte le dichiarazioni di legame a Bergamo, ufficializzate anche dall’autorità civile e da tutto l’affetto consacrato ai propri tifosi, al termine dei campionati, sono vacillate al desiderio di potere trasferirsi in una grande squadra, peraltro identificata, che si è dissolta solo con sostanziosi ritocchi dei suoi emolumenti, da parte della presidenza.
Non solo, ma il nostro ebbe la linearità, invero pelosa, di dichiarare che il bacio alla maglia non era nelle sue linee, dato che, la fedeltà, nel corso della carriera di un calciatore, è legata a contingenze di rapporti societari con la presidenza , che minano la stabilità del rapporto.
Dichiarazione questa che, rivista col senno di poi, si apre a congetture di egoismo e di protezione della propria immagine, dilatate da un precario senso di fiducia verso gli ambiti circostanti.
L’epilogo del rapporto travalica ogni atteggiamento dei riguardi, della stima e dell’affetto di cui lo si è circondato e ci è apparso come uno sgarro immeritato: ma tant’è.
Forse è il balsamo e l’anestetico che ci consentirà, più rapidamente, di curare la ferita infertaci, con egoistica indifferenza.
Chissà che a renderci giustizia, non sia il nuovo ambiente, ove si ritroverà, quale uno dei tanti, e non più come il capitano, davvero numero uno, di una squadra, di una città e di una tifoseria, che, già da subito hanno dimostrato di potergli efficacemente sopravvivere.
Più che verosimilmente il rimpianto non sarà a senso unico.
Addio Papu e comunque, buona fortuna.
ReMo
In effetti il giocatore nasce e cresce a Bergamo, dopo un buon passaggio a Catania, obnubilato dall’esperienza negativa ucraina, allora teatro di guerra.
Lo salva l’ingaggio atalantino, dove posteriormente ad un periodo di semi anonimato, esplode con l’arrivo di Gasperini, suo mentore e creatore.
Rammentare le sue prodezze sul campo, l’ispirazione di talune giocate e l’entusiasmo dei goals da lui messi a segno, lascerà a lungo sensazioni positive immarcescibili per tutti noi.
Il folletto argentino ha dato l’immagine di una squadra incontenibile e propositiva che ha lanciato l‘Atalanta nelle alte vette della classifica portandola, per due stagioni consecutive in Europa.
La celebrazione delle sue gesta calcistiche resta fissata, oltre alla memoria individuale, alle molte immagini fotografiche e filmate che racconteranno nel tempo, le gesta più eclatanti della squadra bergamasca e del suo leader.
Da noi il capitano è divenuto icona del calcio ed incarnazione del miracolo calcistico che ha fatto di lui il personaggio più amato dalla tifoseria, possibile bandiera perenne del nostro calcio migliore.
Ora che il drappo è stato ammainato, credo sia opportuno visualizzare l’ immagine virtuale della statua che, nei momenti di massima euforia, si era auspicato di dedicargli e collocare sul Sentierone a futura memoria. Questo non per riconfigurare un passato ormai decotto, ma per consentire piena disamina di ogni dettaglio, possibile solo visualizzandolo a trecentosessanta gradi, che deve essere esaustiva di luci ed ombre.
Perchè tutte le dichiarazioni di legame a Bergamo, ufficializzate anche dall’autorità civile e da tutto l’affetto consacrato ai propri tifosi, al termine dei campionati, sono vacillate al desiderio di potere trasferirsi in una grande squadra, peraltro identificata, che si è dissolta solo con sostanziosi ritocchi dei suoi emolumenti, da parte della presidenza.
Non solo, ma il nostro ebbe la linearità, invero pelosa, di dichiarare che il bacio alla maglia non era nelle sue linee, dato che, la fedeltà, nel corso della carriera di un calciatore, è legata a contingenze di rapporti societari con la presidenza , che minano la stabilità del rapporto.
Dichiarazione questa che, rivista col senno di poi, si apre a congetture di egoismo e di protezione della propria immagine, dilatate da un precario senso di fiducia verso gli ambiti circostanti.
L’epilogo del rapporto travalica ogni atteggiamento dei riguardi, della stima e dell’affetto di cui lo si è circondato e ci è apparso come uno sgarro immeritato: ma tant’è.
Forse è il balsamo e l’anestetico che ci consentirà, più rapidamente, di curare la ferita infertaci, con egoistica indifferenza.
Chissà che a renderci giustizia, non sia il nuovo ambiente, ove si ritroverà, quale uno dei tanti, e non più come il capitano, davvero numero uno, di una squadra, di una città e di una tifoseria, che, già da subito hanno dimostrato di potergli efficacemente sopravvivere.
Più che verosimilmente il rimpianto non sarà a senso unico.
Addio Papu e comunque, buona fortuna.
ReMo
By staff