"Visto dalle Highlands" - Programmazione, comunicazione e “sviluppo sostenibile”
L’uscita di Teun Koopmeiners dal ritiro Orange, che rende pubblico di aver chiesto la cessione alla società, ha causato polemiche e contrasti in seno alla tifoseria, fra chi serenamente accetta tali dichiarazioni o addirittura le ritiene normali e chi invece le ha accolte con indignazione e fastidio.
Non nego, come risulta dai miei commenti sul sito al riguardo, di appartenere alla seconda parrocchia. Ma questo fatto, già ampiamente e forse eccessivamente discusso nella comunità atalantina, ha portato molti “forumisti” ad allargare i ragionamenti su strategie ed ambizioni della società, dandomi lo spunto per fare un’analisi più organica.
C’è infatti chi sostiene che l’Atalanta, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, è e sempre resterà un porto di passaggio, un trampolino di lancio verso lidi più prestigiosi ed ambiziosi. Al contrario una parte della tifoseria auspica un salto di qualità, spera che arrivi il momento nel quale i migliori giocatori possano essere trattenuti per puntare ad obiettivi più ambiziosi e mettere nel mirino la vittoria di qualche trofeo, che sia campionato, coppa nazionale o una coppa Europea. E si chiede a cosa sia servito l’avvento degli americani se di fatto le ambizioni della società ed il suo “modus operandi” rimangono inalterati. Direi di procedere con ordine cercando di mantenere un approccio di rigorosa onestà intellettuale.
In primis, va accettato il fatto che un giocatore sia attratto da piazze di grande tradizione calcistica e che possono offrire ingaggi che, nonostante i nostri progressi, mai potremo eguagliare. Ma anche a parità di ingaggio un giocatore forte ed appetibile sul mercato preferirà sempre uno United, un Arsenal, un Barcellona o un Bayern all’Atalanta. E, per i giocatori di italico passaporto, anche una Juve, un Inter o un Milan.
D’altro canto va anche riconosciuto ed apprezzato il fatto che Atalanta B.C., dopo l’ingresso in società di Pagliuca & C., abbia alzato il budget per gli acquisti (mai si erano spesi 30 milioni per un calciatore) e per gli ingaggi (pensare anche solo fino ad un paio d’anni fa di poter pagare un giocatore oltre 3 milioni era pura utopia). Questo ha portato ad allargare la base dei potenziali target, e si è tradotto in un allungamento dei tempi di permanenza dei giocatori chiave, il che consente di poter programmare uscite e nuovi investimenti “spalmandoli” di anno in anno, assicurando il mantenimento di un livello di competitività costante.
Una volta i giocatori con più mercato se ne andavano dopo una o al massimo due stagioni, adesso restano almeno per tre (come sarà per Koop). Questo è reso possibile da un aumento degli emolumenti, per la serie “ti aumento l’ingaggio, quest’anno resti ed il prossimo a cifre giuste ti lascio andare”. E’ probabilmente quello che è avvenuto con Koop, anche se non vi era alcun motivo per sbandierare la cosa ai quattro venti, urtando la sensibilità del tifoso.
Certamente serve più controllo sulla comunicazione, regole più chiare e ferree per i tesserati. Anche perché non va sottovalutato l’effetto deleterio che un’uscita come quella di Koop può avere sui rapporti fra società e calciatori. Perché tali dichiarazioni potrebbero d’ora in poi rappresentare un “benchmark” per altri tesserati che NON sono in scadenza contrattuale. Cosa succederebbe se Ederson dichiarasse che “la società è a conoscenza della mia volontà di giocare in Premier” o Lookman “penso sia giunto il momento per fare un salto in avanti nella mia carriera” ? Vendiamo tutti ?
Un altro evidente step che ha compiuto la società nel nuovo assetto italoamericano è quello che riguarda le trattative in uscita: mai come ora si vende alle condizioni imposte da Atalanta B.C., senza servilismi, timori reverenziali o inciuci di moggiana memoria. Si vende quando si vuole vendere ed al miglior offerente, possibilmente all’estero.
Vorrei terminare questa mia analisi con una visione ottimistica sul prossimo futuro: il “business model” di ABC mi pare infatti sia consolidato e dati alla mano garantisca ottimi risultati. Il consolidamento agli alti livelli non è facile né scontato. E l’Atalanta ormai da quasi un decennio è in lotta per le posizioni europee e si rende onore nelle competizioni Uefa. L’Udinese dei tempi migliori in Europa aveva risultati insignificanti, il Torino ha avuto un’entusiasmante campagna in EL che è rimasta un unicum, un’oasi nel deserto. Il Bologna, se andrà in Europa come sembra probabile, vedremo come si comporterà e se riuscirà a mantenere competitività su più fronti.
Continuando di questo passo sono convinto che prima o poi l’agognata vittoria in una competizione arriverà. Per avere buone chances in un prossimo futuro penso tuttavia serva aumentare ulteriormente la qualità e la ramificazione del team di scouting, per andare a rastrellare i migliori prospetti nel mondo a scapito delle solite note grazie alla nostra forte disponibilità economica.
Scozia
Non nego, come risulta dai miei commenti sul sito al riguardo, di appartenere alla seconda parrocchia. Ma questo fatto, già ampiamente e forse eccessivamente discusso nella comunità atalantina, ha portato molti “forumisti” ad allargare i ragionamenti su strategie ed ambizioni della società, dandomi lo spunto per fare un’analisi più organica.
C’è infatti chi sostiene che l’Atalanta, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, è e sempre resterà un porto di passaggio, un trampolino di lancio verso lidi più prestigiosi ed ambiziosi. Al contrario una parte della tifoseria auspica un salto di qualità, spera che arrivi il momento nel quale i migliori giocatori possano essere trattenuti per puntare ad obiettivi più ambiziosi e mettere nel mirino la vittoria di qualche trofeo, che sia campionato, coppa nazionale o una coppa Europea. E si chiede a cosa sia servito l’avvento degli americani se di fatto le ambizioni della società ed il suo “modus operandi” rimangono inalterati. Direi di procedere con ordine cercando di mantenere un approccio di rigorosa onestà intellettuale.
In primis, va accettato il fatto che un giocatore sia attratto da piazze di grande tradizione calcistica e che possono offrire ingaggi che, nonostante i nostri progressi, mai potremo eguagliare. Ma anche a parità di ingaggio un giocatore forte ed appetibile sul mercato preferirà sempre uno United, un Arsenal, un Barcellona o un Bayern all’Atalanta. E, per i giocatori di italico passaporto, anche una Juve, un Inter o un Milan.
D’altro canto va anche riconosciuto ed apprezzato il fatto che Atalanta B.C., dopo l’ingresso in società di Pagliuca & C., abbia alzato il budget per gli acquisti (mai si erano spesi 30 milioni per un calciatore) e per gli ingaggi (pensare anche solo fino ad un paio d’anni fa di poter pagare un giocatore oltre 3 milioni era pura utopia). Questo ha portato ad allargare la base dei potenziali target, e si è tradotto in un allungamento dei tempi di permanenza dei giocatori chiave, il che consente di poter programmare uscite e nuovi investimenti “spalmandoli” di anno in anno, assicurando il mantenimento di un livello di competitività costante.
Una volta i giocatori con più mercato se ne andavano dopo una o al massimo due stagioni, adesso restano almeno per tre (come sarà per Koop). Questo è reso possibile da un aumento degli emolumenti, per la serie “ti aumento l’ingaggio, quest’anno resti ed il prossimo a cifre giuste ti lascio andare”. E’ probabilmente quello che è avvenuto con Koop, anche se non vi era alcun motivo per sbandierare la cosa ai quattro venti, urtando la sensibilità del tifoso.
Certamente serve più controllo sulla comunicazione, regole più chiare e ferree per i tesserati. Anche perché non va sottovalutato l’effetto deleterio che un’uscita come quella di Koop può avere sui rapporti fra società e calciatori. Perché tali dichiarazioni potrebbero d’ora in poi rappresentare un “benchmark” per altri tesserati che NON sono in scadenza contrattuale. Cosa succederebbe se Ederson dichiarasse che “la società è a conoscenza della mia volontà di giocare in Premier” o Lookman “penso sia giunto il momento per fare un salto in avanti nella mia carriera” ? Vendiamo tutti ?
Un altro evidente step che ha compiuto la società nel nuovo assetto italoamericano è quello che riguarda le trattative in uscita: mai come ora si vende alle condizioni imposte da Atalanta B.C., senza servilismi, timori reverenziali o inciuci di moggiana memoria. Si vende quando si vuole vendere ed al miglior offerente, possibilmente all’estero.
Vorrei terminare questa mia analisi con una visione ottimistica sul prossimo futuro: il “business model” di ABC mi pare infatti sia consolidato e dati alla mano garantisca ottimi risultati. Il consolidamento agli alti livelli non è facile né scontato. E l’Atalanta ormai da quasi un decennio è in lotta per le posizioni europee e si rende onore nelle competizioni Uefa. L’Udinese dei tempi migliori in Europa aveva risultati insignificanti, il Torino ha avuto un’entusiasmante campagna in EL che è rimasta un unicum, un’oasi nel deserto. Il Bologna, se andrà in Europa come sembra probabile, vedremo come si comporterà e se riuscirà a mantenere competitività su più fronti.
Continuando di questo passo sono convinto che prima o poi l’agognata vittoria in una competizione arriverà. Per avere buone chances in un prossimo futuro penso tuttavia serva aumentare ulteriormente la qualità e la ramificazione del team di scouting, per andare a rastrellare i migliori prospetti nel mondo a scapito delle solite note grazie alla nostra forte disponibilità economica.
Scozia
By staff