"Vorrei raccontare...."
Tifoso viola ma particolarmente onesto ed obbiettivo, oltre che competente, ci vede da sempre con particolare riguardo. E' il giornalista Marco Bucciantini e ieri ha scritto questo sulla Gazzetta dello Sport
"Dal 2016 l'Atalanta ha intrapreso un nuovo cammino con il profeta da Grugliasco. Sotto la sua ala sono passati talenti diventati grandi giocatori, attaccanti divenuti onnipotenti. E insieme hanno conquistato traguardi prima impossibili
Vorrei raccontare uno scudetto dell’Atalanta, vorrei scrivere di quella Champions che vinse, l’Atalanta. E ricordare, ricordare a chi verrà (a chi vorrà: una storia è perduta per sempre se nessuno l’ascolta) che questa squadra lo ha fatto, ci è riuscita. E se qualcuno obietterà “no, non finì così quella favola, vinse l’Europa League, certo, dominando Liverpool e Bayer Leverkusen, si piazzò spesso in Campionato così in alto da giocare e rigiocare la Champions, ma non vinse né lo Scudetto né la Champions” potergli dire: guarda che ti sbagli.
(...) siamo adulti e lo abbiamo capito benissimo: la storia è un resoconto per i posteri preparato dai vincitori. E allora che l’Atalanta vinca per incidere senza dubbio questo nome nella memoria di tutti. Dimenticarla sarebbe un fallimento insopportabile.
In quel foglio da scrivere sarei assillato dal riuscire nell’elenco completo di chi partecipò all’impresa: bisognerebbe cominciare da Conti e Caldara, il terzino e il difensore centrale che segnarono 15 gol nel primo campionato d.G. (dall’avvento di Gasperini). Se la distinta fosse cronologica, terminerebbe con Retegui, De Ketelaere e Samardzic, l’ultimissimo iscritto, per quel gol magnifico a Berna
(...) Il lavoro che una società competente e seria e un allenatore ormai leggendario hanno compiuto sui giocatori (la scelta, la preparazione atletica, i concetti di gioco) ha permesso oggi all’Atalanta di essere una squadra conosciuta nel mondo, ormai impossibile da escludere da ogni sogno: può vincere il Campionato, può vincere la Champions. Senz’obbligo, senza delusione e senza omissione. Perché i giocatori che animano questa squadra non hanno più il passato che li ha portati a Bergamo - dev’esserci sempre qualcosa che renda possibile il loro arrivo, che li tolga dalla concorrenza inaccessibile per l’Atalanta - e non avranno mai (o quasi mai) un futuro migliore che a Bergamo: sono uomini e atleti pieni di presente. Che vivono questo momento sapendo che il meglio è tutto qui, è tutto adesso.
Ogni talento presunto è diventato reale, esplodendo di forza, scoprendo e superando i propri limiti. Ogni aggettivo insoddisfacente ha perso il prefisso: l’incostante è diventato costante, l’incompleto è diventato completo, l’indisciplinato è un soldato scelto. I centrocampisti di questa banda suonano archi o percuotono tamburi con la stessa padronanza. Gli attaccanti dovrebbero tenere la foto di Gasp sul comodino, come il volto di una persona cara, o almeno decisiva: Ilicic visse mesi da Pallone d’Oro, Muriel sommò 60 gol in tre stagioni, Zapata arrivò a 28 reti in una solo annata, e seppe poi mantenersi intorno ai 20, quote mai sfiorate altrove, Gomez era imprendibile e oltre ai gol c’era un’energia e un influsso - di tutti - che inclinava il campo verso la porta avversaria.
(...)
È un artigianato pensoso del calcio che oggi consacra Charles De Ketelaere, 192 centimetri che sembrano danzare o vibrare, a seconda del bisogno. Arrivato denso di promesse ma senza una specificità che ne agevolasse il collocamento, si era perduto nel non essere: ora è tutto. Se Retegui bastava collegarlo alla porta a De Ketelaere bisognava trovare il sangue perché pareva vittima di anemia. Irrobustirlo nelle gambe e nel carattere, trovare un punto d’origine e offrigli vasti punti d’arrivo nel gioco, coinvolgerlo nella festa perché sembrava il ragazzo timido che si mette seduto vicino all’uscio, magari dietro l’attaccapanni, per non farsi trascinare. A Berna sembrava invece il padrone di casa, sapeva dove andare e sapeva dove mettere la palla. Ballava, e si divertiva, realizzato dalla fatica, orgoglioso di mostrare la sua felicità, il suo cuore, il suo sangue: se è buono, si sa, non mente"
(grazie a chi ci ha segnalato e passato il pezzo)