04/10/2023 | 07.27
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La punizione che ha ridato Luis Muriel alla Serie A



Gasperini ha voluto tenere lui e non Duvan Zapata. Sembrava la scelta sbagliata. Contro la Juventus però il colombiano ha fatto rivedere cosa è capace di fare

Ci sono crocicchi e crocicchi. Quelli d’inizio partita si diramano multipli, apparentemente recuperabili da una rete metropolitana di parallele e perpendicolari: Eusebio di Francesco che prepara la trasferta di Roma con un inedito 3-4-3, salvo tornare presto alla difesa a quattro per via di un’infortunio (o le due occasioni euclidee per Marvin Cuni, crocicchietti dentro lo stesso match). Elogio di chi adatta il modulo a seconda dell’avversario, senza ricorrere a mere sostituzioni testuali malgrado i maledetti tre slot – da riaprire subito! – e Luca Mazzitelli che riporta il pallone a centrocampo col piglio di Obdulio Varela. I derby filosofici tra le squadre che hanno cambiato molto in estate, come Milan e Bologna, e quelle fedeli alla linea (anche quando non c’è), tipo la Juventus.

Le rotatorie di un’intera carriera sono altra cosa, quando all’apice dei gol subentra l’agognato trasferimento nella grande squadra, o invece questo sfuma all’ultimo secondo, forse per questione di documenti non preparati in tempo. Chissà quante volte è successo a Luis Muriel, che da oltre dieci anni – quando ne ha voglia – incanta gli stadi d’Italia, esclusa parentesi sivigliana: il colombiano gioca perché gli piace, perché ancora lo diverte, anche se non ha mai vinto niente. Un po’ come l’Atalanta, che ne sfrutta i servigi tardivi.

Durante le ore più calde del calciomercato, Gian Piero Gasperini ha deciso di trattenere lui a Bergamo, e non il connazionale Duván Zapata: non solo perché quest’ultimo aveva più offerte, o più redditizie rispetto al gioco al ribasso di Adriano Galliani. Ma anche perché, in cuor suo, sapeva di poter spremere ancora qualcosa dall’eterno sorriso ronaldesco di Lucho, parvenza indolente e dilezione ai piaceri: un calcio profumato di fiori commestibili e veloce come il vento tropicale, razza in via d’estinzione. Ma, in fin dei conti, un cursus inferiore al possibile, nonostante il piede sublime.

Allo stadio Azzurri d’Italia, rinominato per ragioni di sponsor (tempora, mores), è in corso l’ennesima rigenerazione da quando – correvano quindici giorni nel settembre del 2016 – il tecnico di Grugliasco rivoltò come un calzino la formazione e la rosa, introducendo fortissime dosi di gioventù assieme al cambio di modulo e alla fiducia incondizionata nel nuovo, presto corroborata dai risultati a tre punti. Da allora a Zingonia, assieme al mister, è rimasto solo Rafael Tolói, e a ogni fine di ciclo i rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato sono maggiori rispetto alle effimere soddisfazioni per aver consolidato la Dea sempre più in alto di dov’era mai stata. In perfetta sintonia, appunto, con l’ondulata gaussiana di Muriel, il late guest at the party.

fonte ilfoglio.it

 
By marcodalmen
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