Bar Sport 2025

Ormai la Rete, specie i socials, sono una cloaca di ogni malessere sociale. Ne veniamo investiti tutti e pare che rispetto, educazione e tolleranza facciano parte di quei vocaboli che giravano nei dizionari di 100 anni fa nel frattempo dismessi
Nei giorni scorsi ci e' capitato, qui sul sito, di sospendere alcune persone variamente catalogabili come trolls, flamers, haters e altri della variopinta umanita' che evidentemente non riesce a dimenticare le proprie problematiche personali prima di scrivere
Prima di convincerci di essere gli unici, in decenni di storia del calcio, ad aver capito qualcosa sulla conduzione di una societa' o sul talento tecnico nascosto in ogni giocatore, e sentirci per questo i “veri intenditori” contro il resto del mondo che non ha capito nulla, forse varrebbe la pena "studiarlo" veramente un argomento, prepararsi, leggere e fare mente locale prima di scrivere con l’atteggiamento di chi sa già tutto.
Perché sì, la domanda, il dubbio, il confronto: tutto lecito. Nessuno pretende che tutti abbiano letto il regolamento FIFA a memoria o che abbiano una cultura enciclopedica sulle tattiche e la mentalita' di ogni MIster. Ma almeno, facciamo contraddittori veri, non battute velenose camuffate da dubbi. Non partiamo già con l’idea di voler solo creare caos o flame. È un atteggiamento che non costruisce nulla, serve solo ad alimentare lo scontro fra noi.
Che siamo tutti tifosi dell'Atalanta, qua dentro. Perche' nel momento nel quale dubitiamo di qualcuno lo prendiamo da parte e gli facciamo un terzo grado di preparazione atalantina. Non si sa mai.
E nella stragrande maggioranza dei casi salta fuori che l'interlocutore atalantino lo e' davvero. Pero' magari ha problemi in casa e allora si mette al PC o scrolla il cellulare, comincia a scrivere e solleva vespai di natura varia.
Essere ultra pro-allenatore o ultra anti-squadra, voler per forza scegliere un fronte a prescindere, è sterile. Il clima sui social è già abbastanza tossico: basta scrivere “forse quel dirigente aveva ragione” o “magari il rigore non c’era” che si scatena il finimondo. Ma perché? Perché dobbiamo vivere il calcio online come un campo di battaglia personale?
Per strada, vi capita di insultare a caso chi tifa la vostra stessa squadra? Se sì, magari avete dimenticato cosa sia la buona educazione e il buon senso per non dire che avete una forte tendenza a mettere in pericolo la vostra incolumita' fisica. Se no, allora perché lo fate nei commenti su questo sito, o su Instagram o sotto un video su YouTube? Quante volte si comincia un commento con un insulto gratuito, come se fosse l’unico modo di dire la propria? Ma davvero è necessario? Ce lo prescrive il medico?
Abbassiamo un po’ tutti i toni. Il calcio è fatto di opinioni, di discussioni, di passione. Ma deve essere una passione sana. Non si parte mai – o almeno non si dovrebbe – dall’idea che “io ne capisco, tutti gli altri sono degli idioti”. Se ho un punto di vista, lo espongo. Ma devo anche essere pronto a confrontarmi, ad ascoltare un parere diverso, e magari – perché no – a cambiare idea. O a riconoscere di non saperne abbastanza.
Io, per esempio, magari su certi argomenti ne capisco un po’ più della media, ma se mi parlate di diritto sportivo o di bilanci societari, di tattiche in campo o di psicologia nello sport non ci capisco nulla. E se mi interfaccio con un esperto, non parto dall’idea che io ne sappia più di lui. Gli faccio una domanda, ascolto la risposta, poi ci ragiono. Magari non mi convince, ma almeno cerco di capire prima di aggredire.
Le questioni nel calcio, come nella vita, sono spesso più complesse di come sembrano e sono soggette a tante variabili, spesso incontrollate. Se una situazione ci pare avere una risposta semplice e immediata, forse ci stiamo perdendo qualcosa. E forse quella risposta è sbagliata.
Perche' lasciando perdere gli avversari non dimentichiamoci che chi critichiamo della nostra squadra e' un dirigente, un mister, un giocatore, un collaboratore della stessa che nella stragrande maggioranza dei casi, ha dimostrato molto piu' di noi nella vita di meritarsi quel posto, noi che scriviamo le nostre idee su questi mezzi per puro sollazzo.
Questo è il ragionamento che volevo condividere, prendendo spunto dalle solite polemiche da bar – solo che oggi il bar è diventato TikTok, Twitter o i commenti sotto un reel o in un sito. La Dea ci unisce, non dovrebbe dividerci a colpi di insulti.
E chiudo con una provocazione: ogni volta che diamo dell’analfabeta funzionale a qualcuno, forse – almeno in metà dei casi – quello fuori contesto nella discussione siamo proprio noi. Non è luogo per approfondire ora, ma se andate a leggervi qualcosa sui bias cognitivi, cioè sui meccanismi mentali che ci fanno sentire esperti anche quando non lo siamo… vi si aprirà un mondo.
Ci si "vede" alla prossima discussione perche' e' solo questione di tempo. Solo ricordiamoci di mettere meno veleno e più voglia di parlare davvero di Atalanta.
Calep
By staff
